Francesco Malfetano per “il Messaggero”
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«Immuni è stata scaricata 4 milioni di volte». A sostenerlo ieri, nel corso di un'intervista, è stata la ministra dell'Innovazione Paola Pisano che ha anche sottolineato come l'app «tecnologicamente e tecnicamente sta funzionando». A non funzionare infatti, sembra essere tutto il resto. Ad oggi, vale a dire a due settimane dall'inizio dell'attività ufficiale in tutta la Penisola del sistema di tracciamento dei contatti, mancano ancora una campagna di comunicazione incisiva, una strategia sanitaria efficace ed un'unità di intenti a livello regionale.
Non c'è quindi da stupirsi se la fiducia dei cittadini italiani, mai stati davvero ben disposti nei confronti di Immuni nonostante l'app sia sicura in termini di privacy, stia via via scemando. Così stando ai sondaggi di Emg Acqua condotti per conto di Public Affairs Advisors, solo il 39% del campione intervistato si dichiara disponibile a scaricare e utilizzare l'app. Eppure alla fine di maggio, poco prima dell'avvio della sperimentazione in Liguria, Abruzzo, Marche e Puglia, i favorevoli all'utilizzo di Immuni erano il 44%.
immuni app la donna bada al figlio, l'uomo lavora
Intenzioni degli italiani a parte, a parlare sono i numeri. I 4 milioni di download annunciati dalla ministra infatti, escludendo la popolazione tra i 0 e i 14 anni perché non autorizzati all'uso dell'app, rappresentano circa l'8 per cento degli abitanti del Paese. Una cifra molto distante dall'ormai nota soglia del 60 per cento ritenuta dai ricercatori dell'Università di Oxford quella spartiacque per determinare il successo o l'insuccesso di questo tipo di applicazioni.
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Allo stesso modo Immuni è ben lontana anche da quel 20 per cento che è stata indicata come seconda soglia minima dagli stessi studiosi dell'ateneo inglese non appena si sono resi conto dell'impossibilità di raggiungere certe cifre. In pratica, al momento, se non si trova un modo per convincere gli utenti italiani ad installare Immuni sul proprio smartphone gli sforzi fatti per svilupparla rischiano di essere del tutto inutili.
IL SOFTWARE
A sostenerlo è anche Luca Ferrari, amministratore delegato di Bending Spoons, la società scelta dal ministero dell'Innovazione per lo sviluppo del software. «È cruciale che il maggior numero di persone la scarichi» ha detto ieri a SkyTg24, subito dopo l'intervento della ministra Pisano, sottolineando come «4 milioni di download sono pochi rispetto a quello che potrebbero servire».
Paola Pisano
Determinante sarà quindi la campagna di comunicazione che, come dichiarato dalla stessa Pisano pochi giorni fa, «deve ancora entrare nel vivo». Alcuni brevi spot televisivi hanno iniziato ad affacciarsi nelle case degli italiani ma senza riuscire a far capire la reale utilità dell'app che anzi è finita di nuovo al centro delle polemiche. Sotto accusa questa volta c'è il limbo della quarantena volontaria a cui si espone chi riceve una notifica da Immuni.
Non c'è infatti una strategia che permette l'immediato intervento del Sistema Sanitario per verificare lo stato di salute dell'utente. Il risultato è che il buon cittadino che ha scaricato Immuni rischia di restare bloccato senza motivo. Sembra quindi evidente manchi qualcosa e, in questo caso, la responsabilità sembrerebbe essere del ministero della Salute: «Noi abbiamo costruito la macchina e la macchina funziona bene - ha spiegato ieri Pisano - Ora tocca al pilota» che, nel caso di Immuni, è proprio il dicastero guidato da Roberto Speranza. Non solo.
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A rendere ancora più tortuoso il percorso già difficile dell'applicazione sono le fughe in avanti di alcuni territori. Diverse regioni hanno infatti sviluppato dei propri software che rischiano di confondere e sviare i cittadini anche se solo nel caso della Sardegna l'app ha anche una funzione di tracciamento. Negli altri casi serve per analisi statistiche ed epidemiologiche (Lombardia), per assistenza medica (Lazio e Veneto) e per i turisti in vacanza (Sicilia). In pratica ora in Italia c'è una app per tutto, eccetto una che funzioni davvero in ottica anti-contagio.