Rodolfo Parietti per “il Giornale”
martin guzman 1
Un po' di respiro per non soffocare. Per adesso, perché il futuro resta quantomeno incerto. Stretta tra l'incudine di una recessione aggravata dal Covid-19 e il martello di un'inflazione al 50% che prosciuga il potere d'acquisto dei cittadini, l'Argentina sembra essere riuscita a sfuggire dall'ennesimo default, quello che sarebbe stato il nono bollino nero della propria tormentata storia di bancarotte.
alberto fernandez
Ci sono volute settimane di negoziati con i creditori per ottenere la ristrutturazione di debiti per 66 miliardi di dollari, snodo vitale anche per evitare di ripresentarsi alla corte del Fondo monetario internazionale in una posizione di assoluta debolezza. Ora, invece, potrebbero esserci le condizioni non solo per finalizzare il pagamento del prestito da 44 miliardi ottenuto dall'Fmi nel 2018, ma per estendere questo piano di aiuti e poi varare un robusto piano economico di ripresa. In assenza del quale il Paese governato dal peronista Alberto Fernández non avrebbe scampo.
«Assolto un debito impossibile, a questo punto abbiamo un orizzonte chiaro di dove vogliamo andare», ha detto l'inquilino della Casa Rosada. Anche se la Borsa di Buenos Aires, schizzata del 6% in apertura, ha subito fiutato l'opportunità offerta dalla tregua, i problemi restano. Quelli economici, aggravati da una picchiata del Pil che potrebbe toccare a fine anno il 12%, e soprattutto quelli finanziari.
CRISI ECONOMICA IN ARGENTINA
L'intesa, per altro ancora da formalizzare, raggiunta con tre grandi gruppi di investitori detentori del 51% delle obbligazioni in circolazione, non è del tutto indolore. In sostituzione dei bond emessi nel 2005 e 2010 e a partire dal 2016, l'Argentina ha ottenuto l'accettazione di nuovi bond con scadenze nel 2029, 2030 e 2038, ma in cambio ha dovuto alzare il prezzo medio dei titoli dai 53 dollari per ogni 100 di valore nominale che costituivano la sua proposta fino a circa 54,5 dollari.
ARGENTINA E CRISI ECONOMICA
L'obbiettivo di ottenere dai creditori un risparmio di oltre 41 miliardi, reso di pubblico dominio nell'aprile scorso con la prima offerta di scambio, non è quindi stato centrato. Buenos Aires è riuscita ad alleggerire il carico sul debito piegando in parte i creditori che pretendevano 55,7 dollari per ogni bond, ma la partita è tutt' altro che terminata: la scorsa settimana il Senato ha infatti approvato un progetto che punta ad avviare nuove trattative tra il Paese e i detentori di 41,7 miliardi di debito. Non a caso, gli analisti sono concordi nel ritenere inevitabile un'ulteriore assistenza da parte dell'Fmi, che per statuto non avrebbe potuto soccorrere un'Argentina in bancarotta, e sottolineano che, senza un piano economico credibile, Buenos Aires finirà presto sul binario morto del default.
ARGENTINA E CRISI ECONOMICA