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    L’ARTE BESTIALE DI FRANCIS BACON! ALLA ROYAL ACADEMY DI LONDRA UNA MOSTRA ("MAN AND BEAST") ILLUSTRA I 60 ANNI DI CARRIERA DELL’ARTISTA E L'INFLUENZA DEL MONDO ANIMALE SUL SUO LAVORO – RIELLO: “BACON ERA CRESCIUTO IN UNA CASA DI CAMPAGNA DOVE GLI ANIMALI ERANO UNA VISTA MOLTO FAMILIARE. ALTERNAVA FASI VIOLENTE A TENDENZE MASOCHISTE, SOFFRIVA DI UNA FORMA DI DIPENDENZA DALL'ALCOOL, ERA OMOSESSUALE. SÌ, QUALCHE VOLTA ERA INTIMAMENTE "INCAZZATO COME UNA BESTIA"


     
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    Antonio Riello per Dagospia

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    La Royal Academy con 45 quadri provenienti da tutto il mondo (parecchi da collezioni private e mai esposti prima al pubblico) illustra i sessant'anni di carriera di Francis Bacon (1909-1992).

     

    Bisogna subito dire che, malgrado Bacon sia un artista notissimo e una vera e propria gloria nazionale, da un bel po’ di anni la NG non gli dedicava la giusta attenzione. Forse perché aveva sempre rifiutato di far parte di questa istituzione. Forse - più probabile -  perché in genere nel Regno Unito lo si considera una presenza quasi "ovvia" e dunque scontata.

     

    I curatori della mostra Francis Bacon, Man and Beast (Michael Peppiatt, Stephen Eisenman, Catherine Howe, Anna Testar e Isabella Boorman) hanno trovato una prospettiva davvero astuta e vincente per inquadrare la sua ricerca: è un tema universale, politically correct e, in almeno questo caso, anche molto appropriato.

     

    Bacon era cresciuto in una casa di campagna irlandese dove gli animali erano certo una vista molto familiare. Comunque non disegnò mai cavalli, dei quali il padre (che non gli perdonò mai la sua "diversità") era un notissimo allevatore. Le macellerie e la carne tagliata ed esposta erano una immagine che finiva per agitarsi di frequente nella sua opera.

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    Ma soprattutto Bacon dipingeva secondo un suo personalissimo genere "figurativo emozionale" quando il mondo dell'arte era massicciamente orientato sull'astrattismo e l'arte concettuale. Una direzione controcorrente certo non scevra di delusioni e umiliazioni. Aveva inoltre una vita privata molto turbolenta, alternava fasi violente a tendenze masochiste, soffriva di una forma di dipendenza dall'alcool, era omosessuale (quando in Gran Bretagna esserlo era ancora un reato punibile con la prigione!). Sì, qualche volta Francis Bacon era intimamente "incazzato come una bestia" e questa energia entropica e disgregante finiva dritta dritta nei suoi quadri.

     

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    L'opera "Head 1" (1948) apre in solitudine la mostra: una chimera congelata di pessimismo, sofferenza e paura, un capolavoro che da solo sa raccontare tutto il dramma di un artista (e in qualche modo anche di una generazione).

     

    "Study for Chimpanzee" (1957) con il suo fondo cremisi e un tormentato primate che sembra sospeso nel vuoto non manca certo di empatiche suggestioni sulla condizione umana. Sono diversi i dipinti che hanno come soggetto  scimmie, cani e civette. Sensazionale la forza di "Dog" (1952) dipinto durante un soggiorno a Montecarlo (gli piaceva giocare alla Roulette). Con una semplicità di mezzi incredibile - la tela è quasi tutta lasciata grezza - sa suggerire emozioni ambigue e complesse. Le macchinine dipinte sullo sfondo (forse quelle che vedeva passare dalla finestra) sono forse uno struggente souvenir d'infanzia.

     

    "Fragment of a Crucifixion" (1950) è una specie di ritratto "dell'orrore che si può incontrare nella vita". Riprende il discorso sulla metamorfosi uomo-animale. Un tema, quello della proto-bioingegneria, caro alla cultura britannica, basta pensare a "L'isola del dottor Moreau" di H. G. Wells o al "Frankenstein, il moderno Prometeo" di Mary Shelley.

     

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    La serie di ritratti di papi e cardinali ispirati all'opera di Velasquez (autore adorato  con il quale cercava disperatamente di misurarsi) rappresenta la parte più conosciuta della sua produzione. Alcuni di questi ritratti mostrano con crudezza il conflitto uomo-bestia:  l'uomo è una feroce fiera, l'apparato culturale, lo status e gli abiti paludati tentano (senza successo) di nascondere questa tremenda realtà. "Study from Portrait of Pope Innocent X" (1965) e "Pope and Chimpanzee" (1960) ne sono un magnifico esempio.

     

    Anche "Study for a Portrait" (1953) con il suo inquietante ghigno non lascia certo indifferente lo spettatore.

     

    Gli studi fotografici di E. Muybridge, di cui Bacon possedeva parecchi esemplari, sono il punto di partenza verso una lettura antropica del movimento animale. Indimenticabile la veduta di un interno dove un ragazzo disabile si muove a quattro zampe su uno sfondo verde smeraldo " "Paralytic Child Walking on All Fours" (1961). Forte e privata confessione è "Two figures in the Grass" (1954) dove due corpi umani sull'erba si avvinghiano in qualcosa che potrebbe far rammentare un grande pitone viscido e la sua preda.

     

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    Le tauromachie (argomento che affascinò moltissimo tanto Picasso che Hemingway) ossessionavano l'artista. Il suo celebre commento: "la corrida è come il pugilato, un meraviglioso aperitivo che prepara al sesso" la dicono tutta sulle sensazioni di Bacon in proposito. In "Study for Bullfight 1" (e nelle le versioni successive, 1969) si intuisce il combattimento nell'arena con il toro come un'occasione di primordiale eccitazione e sottomesso voyeurismo. In questi quadri un'invenzione pittorica potente riesce a far immaginare la massa degli spettatori come se fosse della stessa natura di quella che affollava le adunate naziste di Norimberga. La cupa "Study of a Bull (1991) è, probabilmente non a caso, l'ultima opera dipinta da Bacon in vita.

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    Pure la stagione dei grandi trittici possiede il suo lato "bestiale". "Second Version of a Tryptych" (1988, custodito alla Tate) con i suoi disarticolati mostriciattoli ne è un esempio eclatante, enigmatico, disperato. "Three Figures in a Room" (1964) mostra invece lo stesso modello ripreso in tre momenti diversi: il cambiamento è solo apparente, l'immobile tragedia della vità è sempre incombente, in perenne agguato come un avvoltoio. Provare a scappare è un futile tentativo.

     

    La pittura di Bacon non solo è stata un elemento fondamentale per l'Arte Contemporanea del secondo dopoguerra ma anche ha influenzato trasversalmente l'immaginario collettivo del nostro tempo. "Fury" (1944) con le creature mostruose che lo abitano potrebbe aver dato diretta ispirazione, nel 1979, a H. R. Geiger il creatore dell'interprete-mostro del film "Alien".

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    Ultima nota (ma non meno importante): si respira in un certo senso un'aria di iconica profezia in questa mostra. Il rapporto tra gli umani e le altre specie viventi è uno dei temi più controversi ed appassionanti di questi nostri giorni. Francis Bacon sembra averlo discusso, in appassionata solitudine, già molto tempo fa.

    ANTONIO RIELLO - TO BE OR NOT TO BE ANTONIO RIELLO - TO BE OR NOT TO BE

     

    FRANCIS BACON   Man and Beast

    Royal Academy od Arts, Burlington House, Piccadilly, Londra W1J 0BD

    fino al 17 Aprile 2022

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