Antonio Riello per Dagospia
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Nei campi di battaglia Ucraini stanno spuntando, da entrambe le parti, delle trovate tattiche che, involontariamente, assomigliano a delle creazioni di Arte Contemporanea. Naturalmente non sono opere d'Arte, ma espedienti improvvisati per ingannare il nemico in una guerra tanto tragica quanto assurda (ammesso che ne esistano di non assurde).
Nelle lingue slave c’è un termine che genericamente definisce questo tipo di attività di disinformazione militare: “Maskirovka”. Si vedono immagini di pseudo-spaventapasseri vestiti di tutto punto da combattenti - giubbotto antiproiettile incluso - che sembrano impugnare minacciosi lanciamissili Stinger Americani o Strela Russi (vengono subito alla memoria le installazioni di Yinka Shonibare).
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Altrove compaiono delle normalissime e acciaccatissime automobili sulla cui carrozzeria sono sommariamente legate delle cassette di legno verde militare (in guisa di corazzatura) e sul tettuccio invece sono saldate delle sbarre metalliche: dovrebbero confondere gli occhiuti droni e suggerire alla ricognizione nemica la presenza di potenti mezzi corazzati lanciarazzi (per l’appassionato museofilo il richiamo immediato è: un po’ Pino Pascali e un po’ Tom Sachs). A qualcuno potrebbero tornare a mente perfino i concettuali finti vegetali plasticosi di Piero Gilardi.
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Ma nascondere, mascherare, ingannare è un problema comune a tutti i conflitti moderni, soprattutto a partire dalla Grande Guerra. E di fronte alla stringente necessità bellica anche il talento artistico può essere molto utile.
In fondo, a dispetto della rituale "irrinunciabile ricerca della Verità", mostrare una cosa facendola passare per un'altra è uno dei classici trucchi del mestiere del pittore... Fu la Francia, nel 1914, la prima nazione che arruolò gli artisti nel loro ruolo di "creativi" e non solo come semplici combattenti.
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L’artista Lucien-Victor Guirand De Scévola e lo scenografo Louis Guingot furono i responsabili della “Section de Camouflage de l’Armée” che gestiva vari atelier, a Parigi e nella zona del fronte. Lo scultore Henri Bouchard diede il suo contributo così come il disegnatore Georges d’Espagnat (che progetterà la prima tuta mimetica della Storia).
Il nome di maggior rilievo è comunque Ferdinand Léger. Ma sono i pittori cubisti, soprattutto André Mare, Jacques Villon (fratello di Marcel Duchamp), Roger de La Fresnaye, quelli che apportano i maggiori contributi alla causa. La poetica cubista, che disarticola otticamente prima la forma e poi lo sfondo, è infatti la più funzionale agli scopi del mimetismo militare.
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Lo stesso Picasso è tirato in ballo, Jean Cocteau scrive che in una conversazione privata l’artista spagnolo disse “per rendere invisibile un esercito bisogna vestirlo da Arlecchino” (ovvero frammentare in qualche modo la riconoscibile sagoma anatomica; non a caso il sinonimo inglese per camouflage è proprio “Distruptive Pattern”).
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Alla fine un vero e proprio arsenale di inganni vede la luce: finti alberi in metallo dove nascondersi per spiare il nemico, manichini in gesso e cartapesta per ingannare la ricognizione, armi fasulle in legno e ogni genere di telone capace di far sparire dalla vista accampamenti e cannoni di grosso calibro. Non mancano naturalmente soluzioni ingenue e strampalate (come del resto accade canonicamente nell'Arte).
roland penrose sketches
Gli inglesi impiegano gli artisti principalmente per cercare di rendere le loro navi un bersaglio meno facile per i siluri dei sottomarini tedeschi. L’illustratore Norman Wilkinson inventa nel 1915 un sistema di linee che spezza la forma visibile (e facilmente riconoscibile) tipica di ogni naviglio militare. Capirne da lontano la forma e calcolarne la velocità diventa così un difficile rebus.
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Il risultato è qualcosa che assomiglia allo schema (un po più ingarbugliato) delle righe della zebra e che verrà comunemente chiamato “Razzle-Dazzle”. Solomon Joseph Solomon, un pittore di Londra, apre addirittura una “scuola di camouflage” in Hyde Park.
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Ma anche l’Impero Germanico non sta fermo. Ingaggia Franz Marc, uno dei fondatori del Blaue Reiter e a ragione considerato il padre nobile dell’Espressionismo Tedesco. L’impegno si concentra particolarmente nel colorare gli aeroplani, con delle efficaci rese cromatiche effettivamente di sapore molto artistico. Marc riesce a lavorare per poco tempo perchè nel 1916, a Verdun, lo scoppio di una granata lo uccide.
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Qualcosa di simile accade anche durante la seconda guerra mondiale. I più attivi su questo fronte sono comunque i Britannici che mettono in piedi un’unità di scenografi, prestigiatori, registi, ingegneri e artisti, che ottiene molti rimarchevoli successi dal Nord Africa alla Normandia. Le figure più significative sono quelle dell’artista Roland Penrose (esponente di punta del Surrealismo Britannico), del designer Oliver Messel e del regista Geoffrey de Gruchy Barkas.
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Fanno diventare i carri armati degli innocui camion e viceversa, inventano armate inesistenti fatte di sagome pneumatiche, nascondono interi aeroporti, celano fabbriche e inventano falsi bersagli per i bombardieri nemici (in stile David Copperfield, l'illusionista). Insomma simulano e trasformano davvero di tutto, come se stessero facendo delle (ingannevoli e geniali) installazioni per qualche esigente museo all’aperto.
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Tornando alle guerre di adesso, l'idea che abbiamo è che gli artisti le osteggino drasticamente e non abbiano nessuna intenzione di mettere la propria arte al servizio dell'una o dell'altra parte. Così almeno sembrerebbe.
Ma in quel complicato sottobosco creativo (che è stato a lungo solo contiguo all'Arte Contemporanea ma che comunque ne diventa sempre più parte integrante, complice l'Arte NFT) fatto di hackers, smanettoni, animatori, graphic designers, mataversonauti le cose potrebbero essere facilmente molto diverse.
In questi territori digitali mettere a frutto le proprie capacità per produrre "contro-informazione" - soprattutto nel 2022 - è l'equivalente di disegnare schemi mimetici durante la Prima Guerra Mondiale.
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Da quanto vediamo quotidianamente, l'interpretazione (e la manipolazione) delle vicende belliche sui social è ormai un fronte primario, non meno importante di quello terrestre. Gli audio-video sulla guerra in Ucraina, che con orrore incontriamo di continuo sui nostri telefonini, hanno quasi per certo l'abile zampino di più di qualche patriottico "giovane creativo".
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