Enrico Sisti per la Repubblica
quagliarella
L' arte di essere Quagliarella comincia quando il poeta del tacco compone il suo carme rapsodico in sintonia con il raffinato musicista della girata al volo, il quale per istinto strizza l' occhio al furbo lanciere del tiro da cinquanta metri che a sua volta non può esimersi dal condividere emozioni con lo scultore della rovesciata pensata solo nel momento in cui viene eseguita (e come tale non arginabile).
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Scultore che si fregia di essere fratello di sangue dell' intagliatore dello scavetto e sincero amico tanto del rivoluzionario fisico che trova spazi (realizzativi) che non esistono in natura, di cui è un fulgido esempio la rete realizzata contro il Napoli nel 2014 (allora Fabio era al Torino), quanto del visionario che scambia l' incrocio dei pali, lontano trenta metri e piccolo da morire, per l' entrata di un garage, come testimonia l' impossibile, maledetta traiettoria del pallone da lui scagliato verso la porta dell' Atalanta nel 2010 quand' era al Napoli.
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Forse neppure Quagliarella esiste in natura. È una tale somma di recondite e assortite bellezze, incluso l' ultimo tacco contro il Napoli che ha ricordato a molti un' analoga manifestazione di talento offerta da Amantino Mancini durante un Roma-Lazio, che verrebbe da pensare: e se fosse un cyborg, un umanoide programmato per l' assurdo?
L' unicità di questo ragazzino di 35 anni, nomade a volte per scelta e a volte nomade per scontrosità («difficile andare sempre d' accordo con padroni di casa»), sta in questi suoi gesti che appaiono nel cielo del calcio come luminose comete. Quando si avvicinano, non vediamo più niente. Ma se siamo ancora qui, malgrado tutto, pronti a sgranare gli occhi davanti all' arte del pallone, quando si mostra tanto sublime, lo dobbiamo proprio a queste luci improvvise, ai bagliori di mastro Fabio che tanto ci ricordano i bagliori di mastro Checco e mastro Totò (Totti e Di Natale). Il sale della vita di chi vive la vita con un pallone fra i piedi o negli occhi è la rete che non ti spieghi, è la rete che va oltre. Totti e Di Natale hanno esposto i propri capolavori per anni.
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E adesso pure loro guardano ammirati, forse con qualche rimpianto perché di solito chi pratica quell' arte non torna più indietro. Con Quagliarella, sono i calciatori italiani che negli ultimi quindici anni hanno avuto in dono qualcosa che non si compra, non si vende e soprattutto non ha prezzo: vedono o vedevano la porta anche bendati. Molto più del semplice fiuto del gol. Non è il caso di attribuir loro il merito di saper alzare la testa prima degli altri.
Chi "sente" la porta come loro non deve nemmeno alzarla, la testa.
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Ecco la differenza. Visto com' è, Fabio fa temere che il mondo non l' abbia capito o compreso appieno. C' è qualcosa che stride tra la sua eccellenza fatta di istinti primordiali, di coordinazioni animalesche, ossia perfette, e il passo tenuto dai successi personali e dalla sua popolarità. Se 15 dei gol impossibili segnati da Fabio li avesse realizzati un "campione", sarebbero usciti film, libri, serie tv, sarebbe arrivato un Puskas Award e forse sarebbe caduto qualche governo. Li segna Quagliarella, bello, grande, fine.
Fabio è puro "understatement".
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Poco in Nazionale, tante squadre (9), forse troppe (simile il destino di un altro talento come Enrico Chiesa) e per questo è condannato a non festeggiare quasi mai le sue prodezze perché tutti più o meno sono stati suoi ex-tifosi. Succede a chi vaga. Ma cosa c' è dietro la sua grandezza intermittente? A questa irrequietezza? È forte perché non trova pace, Fabio, o non trova pace perché è più forte di quanto si creda? Il tacco dell' altro giorno lo ha dedicato a Genova mentre colpiva la sua Napoli (è uno "stabiese"). E allora immaginiamo che i capolavori di Reggina-Sampdoria del 2006, Sampdoria-Livorno del 2006, Chievo-Sampdoria del 2007 e del 2009, Napoli-Udinese del 2009, Atalanta-Juve del 2010, Udinese-Juventus del 2010, Italia-Slovacchia del 2010, Pescara-Juve del 2012, Juventus-Inter del 2013, oltre quelli citati e quelli che dimentichiamo, siano dedicati a questo suo e nostro folle cuore, che batte solo per te, o pallone.
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