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    L’ARTE È UNA QUESTIONE DI PELLE – ALLA TATE MODERN DI LONDRA LA MEGA INSTALLAZIONE “OPEN WOUNDS” DI MIRE LEE RIPRODUCE UNA FABBRICA IMMAGINARIA CHE PRODUCE PELLE UMANA – ANTONIO RIELLO: “UNA CATENA DI MONTAGGIO AVVOLTA DA ATMOSFERE SULFUREE CHE RICORDANO LE ‘CARCERI’ DI GIOVANNI BATTISTA PIRANESI, CERTE INCISIONI DI GUSTAVE DORE’ E ALCUNE SCENE DEL PRIMO ‘BLADE RUNNER’. CATENE, VENTOLE, RUMORI SINISTRI, MATERIALI ORGANICI CHE GOCCIOLANO…” – SEMPRE A LONDRA UNA MOSTRA SU “CASA WITTGENSTEIN”  VIDEO


     
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    Antonio Riello per Dagospia

     

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    La riva Sud del Tamigi è stata a lungo considerata dai londinesi una specie di disastrata periferia, un posto dove parcheggiare i poveri e gli ultimi arrivati in città. È stata il posto dei manicomi, delle fabbriche inquinanti, dei balordi, dei bordelli e (per un certo tempo) pure dei teatri. Oggi, da queste parti, si concentra una parte significativa della scena artistica.

     

    La Tate Modern (che appunto là si trova) ha da poco inaugurato una mega installazione, “Open Wounds” di Mire Lee, una artista nata a Seoul nel 1988 che attualmente vive ad Amsterdam. Per la serie di iniziative sostenute finanziariamente dalla Hyundai, Mire Lee opera una visionaria rivisitazione del passato dell’edificio che attualmente ospita la Tate Modern (prima era una importante centrale elettrica a carbone).

     

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    Combinando biologia e storia materiale, ritrasforma la Turbine Hull in una fabbrica immaginaria dove vengono creati dei simulacri immaginari di esseri umani. O meglio della loro pelle. Sì, una catena di montaggio di pelle umana avvolta da atmosfere sulfuree che ricordano da una parte le “Carceri” di Giovanni Battista Piranesi e dall’altra certe incisioni di Gustave Dore’ (quelle che mostravano gli slums londinesi raccontati da Dickens). Ma forse, almeno vagamente, anche alcune scene del primo Blade Runner.

     

    Macchinari indefinibili, pulegge in movimento, catene, ventole, rumori sinistri, materiali organici che gocciolano in continuazione, ingranaggi, depositi di liquami. Il riferimento diretto è ai fantasmi dei tantissimi operai che hanno faticato in questi luoghi e alla loro identità personale che è svanita nel nulla (almeno per chi visita oggi questi spazi). Una imponente visione temporale che rimette in gioco le paure e le speranze della Rivoluzione Industriale, ma che ovviamente non manca di attivare con forza anche le ansie del nostro tempo.

     

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    Una esperienza decisamente notevole per lo spettatore, anche se a volte le vociferanti schiere dei visitatori tolgono un po’ della sacralita’ laica che emana dal progetto: finiscono insomma per banalizzarlo un po’.

     

    Sempre a Sud, spostandosi ad ovest (vicino all’Imperial War Museum), c’è la Danielle Arnaud Gallery che offre al proprio pubblico una mostra decisamente particolare (anche questa concentrata sul passato): “Haus Wittgenstein”. Ludwig Wittgenstein (1929-1951) è stato uno dei filosofi più significativi del ’900 (basterebbe citare solo il “Tractatus Logico-Philosophicus pubblicato nel 1921).

     

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    Nato in una importante famiglia viennese, ha in seguito passato molti anni nel Regno Unito dove ha insegnato all’Università di Cambridge. Ad un certo punto (1926) decide di progettare da solo una nuova casa per la sorella Margarethe (non era certo un architetto, benché potesse vantare tra le sue conoscenze il fior fiore degli architetti del tempo tra cui Adolf Loos).

     

    Casa Stonborough-Wittgenstein, in deciso stile modernista, diventa un oggetto di culto nel contesto culturale viennese dell’epoca ed è frequentata dal meglio dell’intelligentsia europea.

     

    Dopo la Seconda Guerra Mondiale viene abbandonata e inizia a decadere. In seguito la municipalità vorrebbe addirittura abbatterla. Molti architetti si ribellano e cercano di salvarla. Alla fine se la compra l’Ambasciata della Bulgaria e ne fa un centro culturale (è ancora così). Due artisti londinesi hanno deciso di dedicarsi a questa curiosa creatura figlia del genio (architettonico) di Wittgenstein.

     

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    Ergin Cavusoglu (di origine turco-bulgara) ha immaginato e realizzato due installazioni interattive legate a due precisi oggetti originariamente presenti della casa in questione (un letto e un pianoforte). Un accurato (e ovviamente piatto) disegno sul pavimento - grazie ad una precisa tecnica prospettica, un complesso software e uno schermo - diventa uno straniante spazio tridimensionale quando qualcuno si avvicina: affascinante tecnologia umanistica con effetto sorpresa. Cavusoglu espone anche alcune sculture sospese al soffitto, sempre ispirate da Wittgenstein.

     

    L’altro artista, Jon Bird (britannico DoC), ha invece realizzato una bella serie di disegni e di piccoli dipinti che ritraggono angoli e ambienti dell’edificio: spicca tra tutti il formidabile ritratto di un radiatore. Bird (che è anche un curatore di vaglia, ed è stato uno dei fondatori del glorioso ArtAngel) ha realizzato anche una maquette in ceramica per la mostra. Questo progetto a quattro mani, nella primavera del 2025, sarà a Vienna, proprio tra le pareti del celebrato “luogo del delitto”: l’attuale Centro Culturale Bulgaro.

     

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    Mire Lee: OPEN WOUNDS 

    MODERN TATE

    Bankside, Londra SE1 9TG

    Fino al 16 Marzo 2025

     

    Haus Wittgenstein

    Ergin Çavusoglu: The View from Above

    Jon Bird: Wittgenstein's Ladder

    DANIELLE ARNAUD GALLERY

    123 Kennington Road, Londra SE11 6SF

    Fino al 9 Novembre 2024

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