FRANCESCO BONAMI L ARTE NEL CESSO
Il prossimo martedì esce L' arte nel cesso (Mondadori, pp 138, 18) , di Francesco Bonami, che riprende il discorso avviato dieci anni fa in Lo potevo fare anch' io e ammette che, in fondo, tante opere alla cui vista restiamo sgomenti forse avremmo potute farle anche noi, e comunque, anche se le ha fatte qualcun altro prima questo non significa affatto che si tratti di arte.
La conclusione è che forse l' arte contemporanea - che ha avuto inizio nel 1917 con l' orinale di Duchamp - oggi è giunta alla fine, e deve lasciare il posto a un nuova fase. Con che cosa si è conclusa? Con America , il cesso d' oro di Cattelan esposto nell' autunno 2016 al Guggenheim di New York, dove lo si può ammirare e persino usare.
IN CENT' ANNI L' ARTE È FINITA NEL CESSO
Estratti del nuovo libro di Francesco Bonami pubblicati da ''La Stampa''
La grande arte è sempre stata di rottura, creando una frattura con quello che veniva prima e aprendo squarci sul futuro sia dell' arte stessa che dell' umanità. Gli impressionisti rompevano con l' arte accademica che li precedeva, il cubismo si allontanava per sempre dagli impressionisti, la Pop Art rompeva con l' Espressionismo Astratto e così via.
francesco bonami
In Italia, a rompere con il passato - e poi a rompere le scatole al futuro - c' è stato il movimento dell' Arte Povera, che con i suoi tredici cavalieri dell' apocalisse, dal 1967 al 1972, cambiava definitivamente il panorama dell' arte italiana fino a quel tempo che, anche se rivoluzionaria come nel caso di artisti come Manzoni, Burri e Fontana, era tuttavia ancora molto formalista e legata allo spazio simbolico della tela.
Molti artisti dell' Arte Povera con il passare degli anni hanno perso il loro potere dirompente, chi più e chi meno. D' altronde l' unico a essere rimasto un rivoluzionario fino alla fine è stato Fidel Castro, altri non mi vengono in mente nella storia dell' umanità, figuriamoci nella storia dell' arte.
fontana di duchamp
Forse il Castro dell' arte è stato il solito Picasso, ma altri veramente non ce ne sono.
Bisogna dire però che fra gli artisti dell' Arte Povera uno che forse più degli altri ha perso proprio la brocca trasformando un linguaggio di rottura in una vera bruttura è stato Michelangelo Pistoletto. Monumento a questa irreversibile trasformazione del genio in gnomo è La Mela Reintegrata che oggi fa paura alla certo non timida facciata della Stazione Centrale di Milano.
L' oggetto è una mela bianca tipo quella della Apple su cui l' artista ha ricucito il morso primordiale - non si sa se il riferimento è a Adamo ed Eva o a Steve Jobs. Fatto sta che adesso con il morso ricucito il peccato mortale è diventato letale, nel senso che nemmeno benedicendo l' Oceano Pacifico e facendosi un battesimo dentro si può sanare questa terribile trovata di un artista che un tempo destava meraviglia. [...]
il cesso di cattelan al guggenheim
Come al solito, a chi critica la mela che assomiglia a un' enorme palla da baseball viene intimato di tacere. Davanti alla mela tutti si fanno un selfie e il selfie, si sa, è un marchio che vuol dire qualità. Nessuno si sognerebbe di farsi un selfie davanti a una cosa brutta.
Non solo, d' estate alcuni poveri cristi si mettono a dormire all' ombra della mela, e quindi, oltre a confermare di essere una bella opera d' arte, se ne sottolinea anche la funzione civica e sociale. Insomma tutto quadra, il brutto selfizzato e sfruttato diventa automaticamente bello e, di conseguenza, Pistoletto compie un ulteriore passo verso la beatificazione. [...] Tornando alla Mela Reintegrata bianca come un marmo di Carrara, la domanda che sorge è alla fine una sola. È Pistoletto che si crede Michelangelo o è Michelangelo che è diventato un Pistoletto?
Dalla Rottura a Bottura
michelangelo pistoletto mela rigenerata
L 'arte di rottura oggi è stata sostituita dalla culinaria, o l' arte del mangiare, o la gastronomia, dagli chef stellati, dai maestri del tiramisù rivisitato e decostruito. I veri sperimentatori del gusto umano non sono più gli artisti nei loro studi, ma i cuochi nelle loro cucine. Molti cuochi s' ispirano pure all' arte contemporanea, altri con i denari fatti trasformando un' oliva in una bistecca alla fiorentina l' arte contemporanea la collezionano. [...]
L' avversario più feroce dell' arte oggi è il cibo. I canali televisivi vogliono solo quello e la gente forse giustamente si sente più a proprio agio osservando la metamorfosi di uno spaghetto, che si sa bene cos' è, in un chicco di riso, ingrediente altrettanto famoso, che ascoltare qualche oscuro critico spiegare la validità di un chiodo piantato in un pezzo di legno e mostrato in un museo.
i piatti di massimo bottura
Il Damien Hirst del profumo di fagiolo che il suo papà mangiava con le dita alle cinque del pomeriggio sotto il viadotto di Modena e oggi riproposto sotto forma di nuvola all' interno della quale c' è un pezzo di mozzarella grigia che cita il cemento armato del suddetto viadotto è Massimo Bottura e il suo Moma è l' Osteria Francescana.
Se un tempo davanti a un' opera d' arte concettuale era vietato dire «Non la capisco», oggi davanti a un piatto di Bottura è tassativamente vietato dire «Non mi piace», al massimo è concesso dire «Sono allergico» o meglio «Non ricordo», come insegnava Andreotti.
i piatti di massimo bottura
Il cibo è l' avanguardia di oggi, l' arte concettuale, il suprematismo e così via. Al cibo, come all' arte un tempo, si applica l' ideologia. Non si mangia più ciò che piace ma ciò che è interessante. Non si mangia per godere, ma per capire. Non si mangia per fare due chiacchiere, ma per discutere dei massimi sistemi del caciocavallo stagionato sotto una ruota di un camion.
NOMA PIATTI
Lo stomaco ha sostituito l' anima. Il reflusso esofageo le crisi esistenziali. Van Gogh, se fosse vivo, non si taglierebbe un orecchio ma si spaccherebbe un dente mangiando un cantuccio di Prato invecchiato in un barattolo di ghisa arrugginito nell' aceto. Davanti alla legge del palato, l' arte contemporanea ha meno da dire. In più, per quanto salato possa essere un conto di uno di questi ristoranti, è sempre di gran lunga più economico del prezzo di una tela con i pallini di Hirst.
NOMA
René Redzepi, chef pluristellato del ristorante danese Noma, è considerato alla stregua di Marcel Duchamp. Il corrispettivo dell' orinatoio duchampiano è per lui un piatto di formiche in salsa verde, dove il verde sono bruchi spappolati, oppure un cocktail di cavallette come antipasto, dove la salsa rosa sono zanzare lasciate a macerare nel sangue che hanno succhiato la sera prima ai bambini di una colonia estiva vicino a Copenaghen.
Marcel Duchamp
Chi pensava che l' arte fosse l' unico territorio dove le provocazioni potevano essere estreme, davanti a questo nuovo movimento creativo è costretto a ricredersi. Mangiare e masticare sono diventati termini reazionari e conservativi, oggi si deglutisce e si rumina se si vuole essere al passo con i tempi.
Se una volta il gesto più radicale era appendere in una galleria una semplice tela bianca, oggi la provocazione più grande sarà la mela stanca, ovvero una mela lasciata su un piatto per così tanto tempo che finisce per sbucciarsi da sola.
CATTELAN WC D ORO