Antonio Riello per Dagospia
william kentridge
William Kentridge è un nome che probabilmente i romani e i napoletani ricordano bene. I primi per i magnifici interventi che ha fatto nel Lungotevere tra Ponte Sisto e Ponte Mazzini nel 2016. I secondi per il mosaico nella stazione Toledo della metropolitana, inaugurato nel 2012.
L'artista Sudafricano, con alle spalle circa quarant'anni di carriera (è nato nel 1955 a Johannesburg), viene degnamente celebrato dalla Royal Academy of Arts di Londra con una super-mostra.
In breve, due sono le sue caratteristiche principali. Una curiosità professionale inesauribile che lo ha indotto a lavorare con innumerevoli tecniche e in ambiti molto diversi (incisione, musica, animazione, cinema). E un radicato impegno concreto contro le ingiustizie (ereditato dai genitori) che lo ha portato ad essere prima un fiero oppositore dell'Apartheid Sudafricana e poi un attivista contro il razzismo su vasta scala.
william kentridge black box
Nel 2016 ha fondato a Johannesburg "The Centre for the Less Good Idea". Il titolo viene direttamente da un proverbio africano "Se il Bravo Dottore non può curarti, allora prova con un Meno-Bravo Dottore" (visto da una prospettiva Italiana potrebbero accidentalmente apparire delle intriganti affinità con la attuale situazione politica...).
Si tratta di una scuola dove viene insegnato come diventare un artista anche e soprattutto attraverso errori e ripensamenti. Non è uno scherzo. E' una faccenda personale: Kentridge ebbe un inizio di carriera piuttosto difficile e pieno di (fertili, potremmo aggiungere oggi) fallimenti. Alcune coloratissime performance degli allievi di questo centro si possono ammirare a Londra al Barbican Theatre dal 6 al 9 Ottobre.
william kentridge royal academy of arts
Alla RA ci sono naturalmente i suoi disegni a carboncino e pastello su carta (tipici della sua produzione, soprattutto negli anni 80). Tante scene di vita Sudafricana, a volte piccoli schizzi altre volte grandi dittici. Animali (non molto docili) ed esseri umani condividono la scena, la tensione drammatica è evidente. "Casspirs Full of Love" (1989) è lo schizzo fatto per una sua celebre incisione. I suoi disegni evolvono rapidamente in disegni animati: la sua frequentazione giovanile di studi televisivi e cinematografici ha lasciato segni profondi. In particolare una versione molto personale della tecnica di animazione, frutto di una accortissima semplicità (quasi finto-artigianale), finisce per diventare la cifra stilistica che darà a Kentridge una immediata ed universale riconoscibilità.
william kentridge portrait
Ci sono parecchi video. Si inizia con un'opera cinematografica della durata di 8 minuti, "Ubu Tells the Truth" (1997). Ispirata indirettamente dal lavoro di Alfred Jarry (Ubu Roi del 1896) e più direttamente dall'opera teatrale di Jane Taylor "Ubu and the Truth Commission" (1997), ci mostra i brutali orrori della repressione di stato ai tempi dell'Apartheid. La denuncia è tanto più efficace (come accade appunto con Kentridge) quanto più viene mostrata l'assurdità della situazione. Non esiste il "carisma del male": i carnefici non sono solo dei malvagi ma anche soggetti ridicoli ed inetti. La proiezione è accompagnata da una serie di bellissimi disegni fatti a carboncino sulle pareti. A seguire altri film, il più recente è "City Deep" (2020). Tutti sono legati ad un personaggio fittizio, Soho Eckstein, che rappresenta, in qualche modo, una specie di affascinante e contraddittorio alter-ego dell'artista.
L'eclettico Kentridge si cimenta anche con la tecnica dell'arazzo, con la collaborazione dello Stephens Tapestry Studio di Johannesburg che usa solo lana di Angora che proviene da capre del Lesotho (la tintura della lana avviene secondo metodi tradizionali Africani). L'arazzo di grandi dimensioni "Carte Hypsométrique de l'Empire Russe" (2020) tra l'altro incorpora anche alcune forme legate all'intervento murario "Triumph and Laments" (2016) realizzato lungo il Tevere.
william kentridge drawing
La Storia è sempre al centro della ricerca di Kentridge che utilizza come punto di partenza una serie di mappe coloniali britanniche del 1891 per alcuni lavori definiti nel loro insieme come "Landscapes". Sono molto belli ma forse meno avvincenti di altre opere già viste in mostra. Più affascinanti sono gli studi (disegni a carboncino e inchiostro, acquerelli, schizzi, incisioni) delle sale successive. Soprattutto le serie "Flowers" e "Trees". La sua capacità di illustrare la seduttiva natura esotica senza mai cadere in troppo facili folklori naturalistici è esemplare: deliberatamente parla di un mondo sfolgorante di colori con un rigoroso bianco e nero.
La stanza numero 8 della RA mostra il film "Notes Towards a Modern Opera" (2015) che pone l'attenzione sulle nuove forme di colonizzazione: la forte penetrazione della Repubblica Popolare Cinese nell' Africa di oggi (in genere non propriamente disinteressata). Estremamente interessante ed attuale.
william kentridge parents
La grande stanza centrale invece contiene "Black Box/Chambre Noire" (2005), una specie di fantastico mini teatro (la rappresentazione dura circa 22 minuti e si ripete ogni ora). Il tema è ancora l'oppressione coloniale Europea sul Continente Africano, stavolta con un focus speciale sullo sterminio delle popolazioni Herrero e Nama perpetrato in Namibia dai militari dell'Impero Germanico nel 1908 (qualche storico considera questo genocidio come una quasi-dimenticata "prova generale" dell'Olocausto).
Nella Lecture Room si trova infine le immagini di un progetto (in collaborazione con Greta Goiris) per un'opera musicale, "Waiting for the Sibyl" (2019). Si tratta in realtà di una commissione dal Teatro dell'Opera di Roma. La suggestione è ovviamente la Sibilla Cumana che qui si trasforma in qualcosa di ultra-moderno: in pratica i vaticini della Sibilla non sono altro che una serie di algoritmi. Geniale. L'opera è stata in cartellone al Barbican Theatre nell'Aprile di quest'anno.
william kentridge in his studio
In mostra anche diverse sculture in bronzo, materializzazioni in 3D dei suoi schizzi. Senz'altro curiose e piacevoli, ma forse leggermente meno forti dei disegni da cui derivano.
Tirando le somme l'artista è un versatile e abilissimo "Cantastorie Post-Coloniale" capace di raccontare la agro-dolce-amara suggestione delle terre Africane. In questi tempi, dove solo gli chi appartiene con evidenza ad una certa minoranza sembra essere autorizzato a metterla al centro della propria espressione artistica, Kentridge rappresenta anche una straordinaria eccezione: da bianco è diventato (meritatamente) una delle icone mondiali contro la discriminazione razziale.
Royal Academy of Arts
Burlington House, Piccadilly, Londra W1J 0BD
dal 24 Settembre all'11 Dicembre 2022
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