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    "FORSE OGGI ESSERE UN ATTORE GAY SAREBBE PIU' FACILE MA IL CINEMA E' MORTO" - L’ATTORE INGLESE RUPERT EVERETT, 65 ANNI, SI RACCONTA DAL COMING OUT (“LA MIA FAMIGLIA COME REAGÌ? NON LI HO VISTI PER MOLTI ANNI, NON MI IMPORTAVA”) ALLA PAURA DELL’AIDS: “MOLTI AMICI SI SONO AMMALATI, NON C’ERANO I TEST, NON SAPEVI SE LO AVEVI O NO. QUEST’ANSIA E LA FAMA IMPROVVISA SONO STATI UNA COMBINAZIONE FATALE. MI HANNO RESO AGGRESSIVO” – E POI ORNELLA MUTI E VOLONTE’, DYLAN DOG E L’ANNIVERSARIO DEL FILM “DELLAMORTE DELLAMORE”


     
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    Arianna Finos per “la Repubblica” - Estratti

     

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    Dietro l’eleganza blasé di Rupert Everett s’intuisce un filo di inquietudine che il tempo non ha sopito. L’occasione dell’incontro, in uno storico hotel di piazza del Popolo, è l’anniversario di Dellamorte Dellamore, il film culto di Michele Soavi amato da Martin Scorsese che torna in sala oggi in 4K.

     

    L’attore inglese, 65 anni, incarna Francesco Dellamorte, personaggio creato da Tiziano Sclavi, custode del cimitero di Buffalora dove ogni notte deve spaccare le teste ai “tornanti”, che escono dalle tombe per cibarsi dei vivi. Il 2024 coincide anche coi 40 anni di Another country di Marek Kanievska, storia di un amore omosessuale al college, che lanciò la sua carriera. Aveva 25 anni. Chi era?

    «Una persona nervosa, angosciata, spaventata. Era l’inizio della pandemia dell’Aids. Molti amici allora si sono ammalati, non c’erano i test, non sapevi se lo avevi o no.

     

    Quest’ansia e la fama improvvisa sono stati una combinazione fatale.

    Mi hanno reso aggressivo. Al tempo stesso ero giovane e mi sono divertito tantissimo, era un buon momento, nel Regno Unito, più che negli Usa».

     

    Sul set fece amicizia con Colin Firth?

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    «No, lo siamo diventati 25 anni dopo.Una grande amicizia e grazie al suo nome hanno finanziato il mio Il principe felice . Ma a quel tempo non ci piacevamo».

     

    Era un film sul primo amore. Il suo?

    «Il mio primo amore era con me stesso».

     

     

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    Tre film diversissimi, meravigliosi per me. A volte come attore crei un legame con un pubblico, a me è successo con quello italiano. E dura ancora. Ho girato La versione di Giuda con Giulio Base in Basilicata, sono Caifa.

    Tornando a quel tempo, fu allora che Tiziano Sclavi pensò a me per Dylan Dog. Mi fermavano in tanti per quel personaggio… ho tutti i fumetti».

     

    Quali ricordi ha di “Cronaca di una morte annunciata”?

    «Rosi è stato un regista incredibile, con sua figlia Caterina siamo amici.

    In Colombia vivevamo nelle casette di un piccolo villaggio sulle rive del fiume Magdalena. Ornella Muti era adorabile, Gian Maria Volonté un attore mitologico, come Irene Papas. Ma mi sentivo sopraffatto dalla loro grandezza ed ero del tutto sbagliato nel ruolo».

    rupert everett julia roberts rupert everett julia roberts

     

    Avventure?

    «Molte. Lavoravamo tra motoscafi e barche antiche sul fiume e nelle lagune intorno. Una volta abbiamo avuto un incidente, la barca è affondata e siamo tornati a riva a nuoto. All’inizio era stato divertente, ma il povero truccatore ha avuto un infarto ed è morto. E ricordo il cuoco francese, le serate, Ornella Muti con le sue figlie. A Cannes il film fu accolto malissimo, la gente pensava, a torto, che Rosi fosse diventato troppo lirico: si era semplicemente confrontato con la magia della Colombia».

     

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    E poi “Dellamorte Dellamore”.

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    «Meraviglioso, scritto benissimo da Gianni Romoli, con effetti speciali artigianali di Sergio Stivaletti che oggi al cinema non esistono più. Un adattamento perfetto dal romanzo, specie al confronto con l’orribile Dick Tracy con Warren Beatty».

     

    Perché scelse di fare coming out?

    «Non avevo alternative. Mi piaceva uscire, andare in discoteca, lo stile di vita dell’essere gay. Non volevo stare in casa e fingere di essere altro».

     

    La sua famiglia come reagì?

    «Non gliel’ho chiesto, non li ho visti per molti anni, non mi importava».

     

    Oggi al cinema ci sono più inclusione e diversità?

    «Le cose sono cambiate, sono contento. Ma il mondo del cinema e della tv non lo capisco più. Forse oggi essere un attore gay sarebbe più facile ma al tempo stesso il cinema che mi piaceva davvero è morto a fine anni Novanta. Non sento il bisogno di racconti storici con il taglio moderno. E non vedo maestri di riferimento».

     

    Raccontarsi nei libri è stato liberatorio?

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    «È grandioso restituire la vita delle scene che hai vissuto. Ma non avevo bisogno di catarsi, ho trovato me stesso molto prima».

     

    Quanto conta il sense of humour?

    «Molto. Tutti dovrebbero averne, specie i politici. Non voterei mai per qualcuno che non ne abbia e al momento nessuno sembra averne».

     

    È soddisfatto della sua carriera?

    «Non ci penso, guardo al futuro».

     

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