1.I CONSIGLI DI ECO SULLA POSTERITÀ
Paolo Di Stefano per il “Corriere della Sera”
umberto eco
Si vive di rimpianti e di occasioni mancate. Prendete la letteratura: alla morte di Umberto Eco, Bernard Pivot (in una bella intervista di Stefano Montefiori sul Corriere) ha detto che lo scrittore-semiologo avrebbe meritato il premio Nobel ma per l’Accademia di Stoccolma era troppo noto, come Philip Roth, e agli accademici non piace la popolarità: ma allora Günter Grass, Saramago, Vargas Llosa?
Certo, è difficile nutrire rimpianti a proposito di Eco che, Nobel a parte, in vita ha ottenuto tutto: successi di vendita e (un po’ meno) di lettori, riconoscimenti, traduzioni ovunque, una quarantina di lauree ad honorem, medaglie e decorazioni, persino diverse accuse di plagio. Che cosa si può pretendere di più? E in un giorno il suo libro postumo, Pape Satàn Aleppe , pubblicato dalla neo Nave di Teseo, ha venduto 75 mila copie.
UMBERTO ECO
Ora, come accade per i grandi che ci lasciano, si comincia a sentirne la mancanza. Che si traduce in pensieri molto profondi e malinconici tipo: «Chissà cosa direbbe Eco dell’aggettivo “petaloso”…». Già, chissà cosa direbbe. Intanto, rinunciando al condizionale, possiamo contare su quel che ha detto. Per esempio, in una Bustina di Minerva del 1990 Eco parlava della posterità: «Il postero, si sa, è vorace e di bocca buona».
UMBERTO ECO FA LA COMPARSA NEL FILM LA NOTTE DI MICHELANGELO ANTONIONI
E invitava gli scrittori (e dunque, si presume, anche se stesso) a diffidare dell’uso del caro estinto da parte del postero. Suggerendo qualche accorgimento: 1. Evitare di lasciare appunti inediti «dai quali emerga che eravate perfetti idioti», oppure disseminarli, nasconderli con tanto di mappa (impenetrabile) per un impossibile ritrovamento.
2.Lasciare tra gli ultimi desideri il divieto di fare congressi immediati (sempre superficiali, inutili e autopromozionali), chiedendo, in nome dell’Umanità, che per ogni convegno organizzato entro dieci anni dalla morte i promotori versino un tot di milioni di euro all’Unicef.
3. Per le lettere d’amore o confidenziali, Eco consiglia varie strategie depistanti: tra queste, insinuare il post-dubbio, annotando in un diario fittizio osservazioni costernate su quanto le amiche di un tempo fossero burlone e inclini alla bugia e su quanti falsi emergano post mortem. Insomma, prepararsi adeguatamente il terreno. Se funziona, lo vedremo presto.
2.GLI AMICI DI ECO
Filippo Facci per “Libero Quotidiano”
nave di teseo casa editrice elisabetta sgarbi umberto eco buttafuoco
Dicono che presto o tardi dobbiamo morire tutti (allegria) e solo due scritti, in vita mia, mi sono suonati genialmente consolatori. Uno lo tralascio. L' altro è una rubrica di Umberto Eco su «L' Espresso» del 12 giugno 1997, e siccome Eco ora è morto, beh, la riassumo con parole mie. Testuale: «L' unico modo di prepararsi alla morte è convincersi che tutti gli altri siano dei coglioni».
Cioè: il pensiero di accomiatarsi da un mondo ridondante persone meravigliose suona insopportabile: dunque l' idea di abbandonare questa valle di coglioni - politici sparaballe, scienziati che se la contano, giovinastri che s' ammassano, scrittorelli che sporcano pagine, gentaglia che distrugge il Pianeta - è l' unica consolazione purché giunga al momento giusto.
tullio pericoli umberto eco
Da giovani bisogna pensare che tutti siano migliori di noi, dalla mezz' età bisogna avere i primi dubbi, del crepuscolo dev'essere la progressiva certezza che niente da fare: sono proprio tutti dei coglioni, e corrono nella ruota della vita come dei criceti. Capirlo con tempismo è un' arte sottile, richiede studio e fatica, bisogna abbracciare lo scibile universale, selezionare pochi eletti sino a riconoscere, al momento giusto, che erano dei coglioni anche loro.
Non prima: altrimenti perché varrebbe la pena di vivere? Ora: io lo trovo geniale, ma se fossi negli amici di Eco, quelli che ultimamente lui stimava e frequentava, gli amici che ora dicono che Eco sia morto soddisfatto, come dire, mi porrei qualche domanda.