Mario Baudino per “La Stampa”
UMBERTO ECO
Oggi Umberto Eco avrebbe compiuto 90 anni e, se pure in assenza di convegni, come da suo mandato testamentario, è un giorno speciale, di ricordo collettivo: non senza un sorriso, come gli sarebbe piaciuto. Per esempio con le filastrocche che lo scrittore-filosofo scriveva ispirandosi al Corriere dei Piccoli e al signor Bonaventura.
Giovane laureato, in quel momento programmista Rai, nelle pause di un importante congresso veneziano le declamava nei caffè di piazza San Marco davanti ai più autorevoli pensatori italiani e stranieri. Finì che Nicola Abbagnano gli propose di pubblicarle e nacque così, nel 1958, un libro in 500 copie numerate, per le piccole edizioni Taylor (facevano capo alla moglie del cattedratico) col titolo Filosofi in libertà e una serie di vignette sul tema, schizzate durante le conferenze.
UMBERTO ECO 2 COVER
L'identità dell'autore restò un piccolo segreto - segreto si fa per dire - tra lui e il suo mentore; si firmò Dedalus, amatissimo personaggio joyciano, anche per evitare di compromettere una possibile carriera universitaria - l'umorismo, Abbagnano a parte, non era considerato un gran titolo accademico, soprattutto allora. Ci sono state successive piccole ristampe, ma quel titolo è, sul mercato antiquario, di gran lunga il più ricercato e anche il più caro fra quelli del grande Umberto: lo si trova intorno ai 400 euro.
La casa editrice da lui voluta e fondata con Elisabetta Sgarbi, la Nave di Teseo, sta per ripubblicare il volumetto (sarà in libreria da venerdì 7) con lo stesso titolo e alcune ghiotte integrazioni, provenienti insieme ai testi «canonici» da un altro libro altrettanto scomparso e in attesa di tornare sugli scaffali, il Secondo diario minimo, uscito nel '92 per Bompiani.
C'è anche una prefazione di allora, dove Eco ne illustra la genesi, non senza la sua abituale ironia: «So di persone che hanno persino usato questo libretto per preparare l'esame di maturità (il che, se non va a lode dell'opera, va almeno a disdoro di questa istituzione inquisitoriale)». Le filastrocche vanno dai presocratici agli analisti del linguaggio, da Tommaso d'Aquino a Cartesio, da Hegel a Benedetto Croce (in tutto sono 14). Ci sono poi, non presenti nella mitica prima edizione, 6 scrittori.
UMBERTO ECO VIGNETTE
Oltre a Proust, non mancano Joyce (in gloria di Giambattista Vico: «Poi pensate che Joyce,/ nell'opera matura,/ la concezion del tempo/ tutta quanta struttura/ sui ricorsi dell'ottimo/ Giovan Battista Vico/ (controllate nel Finnegans/ s' è vero quel che dico») o Thomas Mann («sono triste eppur felice./ Detto in modo un po' sintetico/ mi rovina il male estetico»); infine una sorta di ballata «per una fanciulla tentata di morire» (Piccola metafisica portatile) dove si mette in guardia la destinataria «da quel babbione del Sein und Zeit» - ovvero Martin Heidegger -, e un compendio di Chansons à boire per congressi scientifici, da cantare sull'aria di celebri motivi. Che Umberto Eco fosse spiritosissimo non lo scopriamo ora. Ma le filastrocche - e i disegni - sono l'esempio più evidente di come riusciva a divertirsi (e divertire) studiando.
A scanso di equivoci lo spiega egli stesso nel '92: «E tanto sia di monito per le generazioni a venire: scherzare, sì, ma seriamente». In quel momento era - ormai dal '75 - seguitissimo e carismatico professore al Dams di Bologna. Ma era passata molta acqua sotto i ponti dal (relativamente) rischioso libretto giovanile, Eco era ormai il grande intellettuale di riferimento. Filosofi in libertà fu però in parte responsabile di questo ritardo, anche se non nel senso che si immaginerebbe: perché segnò l'inizio di una nuova e diversa avventura, quella di editore. Tra i primi lettori ci fu Valentino Bompiani, che volle conoscere il giovane studioso. Dopodiché lo arruolò seduta stante nella sua casa editrice; dove Eco rimase per quasi 20 anni, protagonista e innovatore.
UMBERTO ECO COVER
CHE PERICOLO GIOCARE CON GLI ATOMI E IL FUOCO
Testo de “I Presocratici”, una delle filastrocche che compongono il saggio Filosofi in libertà, di Umberto Eco (La Nave di Teseo), pubblicato da “La Stampa”
Nei dì che gli Argivi
vivevan beati
correndo giulivi
per boschi e per prati,
alcuni messeri
con tono profondo
si chiesero seri:
“Di che è fatto il mondo?”
Un tal di Mileto
chiamato Talete
con tono faceto:
“Se non lo sapete
vi mostrerò tosto
- si mise a affermare -
che il mondo è composto
umberto eco
con l’acqua del mare!”
Al che Anassimandro
mandavagli a dire:
“Ma con lo scafandro
si vada a vestire.
Perbacco, al postutto
mi par più compito
a base del tutto
pensar l’Infinito!”
Al che Anassimene
per farla più varia
con subdole mene
pensò pure all’aria.
Ma Empedocle allora,
passando, per gioco,
gridò: “Alla buon’ora!”
e aggiunse anche il fuoco.
In questo pasticcio
Pitagora stava
e acuendo il bisticcio
i numeri dava:
poiché trasmigrare
con l’alma soleva
infine girare
le sfere faceva.
umberto eco 7
A questi sapienti
così scalmanati
si uniron frementi
persin gli Eleati;
e tanto che visse
con aria sincera
Parmenide disse
che il mondo è una sfera,
e in questo complesso
concorrer dell’ente
l’uom vive depresso:
non muove mai niente.
In tal situazione
neppure fai breccia
- lo dice Zenone -
se lanci una freccia,
ed una tra mille
testuggini a caso
ti lascia l’Achille
con tanto di naso.
Ma, assai divertito,
“Che scemo che sei!
- gli disse Eraclito -
umberto eco sul set de il nome della rosa
perché panta rei!
Chi fa un pediluvio
nel mezzo al torrente
ha sempre un profluvio
di acqua corrente!”
Ma debbo avvertire:
la storia più nera
si mise ad ordire
un tizio di Abdera,
Democrito, il quale
- non è un fatto comico -
con tratto fatale
fondò il pool atomico;
e s’oggi la guerra
ha un tono antipatico,
lo deve, la Terra,
a quel presocratico.
Insomma, col vento,
DAMS - Umberto Eco
con gli atomi e il fuoco,
gridavan per cento,
costoro, a dir poco.
E i Greci seccati
da tutti quei vezzi,
infine adirati
li fecero a pezzi.
E ciò è confermato
da prove evidenti:
ne abbiamo trovato
soltanto i frammenti...
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