Barry Eichengreen
Eugenio Occorsio per “la Repubblica - Affari & Finanza”
"Il destino della globalizzazione dipende ormai da questioni di sicurezza, a loro volta collegate con precise scelte di politica estera. È questa la vera svolta».
E l'economia? «Viene dopo. Se le scelte militari andranno in un certo senso, sarà inevitabile la contrapposizione di due grandi blocchi. È tutto nelle mani del leader cinese, Xi Jinping».
Barry Eichengreen, classe 1952, economista di Berkeley fra i più ascoltati, ha sempre concentrato i suoi studi sulle lezioni della storia, e da quando la globalizzazione è andata in crisi cerca di intuire quale potrà essere l'ordine economico prossimo venturo. Per questo studia gli errori del passato come spiega nel suo libro "Global Imbalances and the Lessons of Bretton Woods".
Barry Eichengreen - Global Imbalances and the Lessons of Bretton Woods
La guerra ha sconvolto tutte le sue valutazioni e costretto a rifare i conti: «Ora due dinamiche saranno al lavoro, una diretta e chiara da comprendere, l'altra meno certa».
Cominciamo dalla prima, professore. Dove si andrà a parare?
«In una decisa riduzione dell'importanza e della forza propulsiva della globalizzazione. Le aziende continueranno sempre più a diversificare le loro forniture, dal nickel al gas a qualsiasi cosa. Le cercheranno, dove possibile, più vicine a casa.
È una tendenza emersa per necessità, viste le distruzioni nelle supply-chain, durante la pandemia. Ora, con la guerra e con l'emergere di tante vulnerabilità, il movimento sta diventando massiccio e irreversibile, a costo di intraprendere un decoupling tecnologico complesso e costoso per entrambe le parti».
E la seconda, quella meno sicura?
XI JINPING VLADIMIR PUTIN - VIGNETTA DI GIANNELLI
«È qui che entra in gioco il leader cinese. L'incertezza sta nella creazione o meno di due blocchi, come due globalizzazioni: quella dell'Occidente e quella imperniata sulla Cina.
La biforcazione diventerà netta, e anche abbastanza ostile, se alla Cina si aggregherà la Russia.
E questo potrebbe avvenire se Pechino, finora equidistante, prendesse posizione netta a favore di Mosca, o gli fornisse consistenti aiuti in termini di forniture civili o addirittura militari. In quest' ultimo caso la cesura con l'Occidente sarebbe totale. A partire dalle temute "sanzioni secondarie" che scatterebbero contro la Cina, isolandola finanziariamente dall'Occidente».
Ma stiamo andando in questa direzione?
il massacro di bucha 5
«Solo Xi Jinping lo sa. Se continuerà con questo "studiato equilibrio" e la guerra si risolverà in altri modi, la biforcazione mondiale sarà meno devastante. Ci sarà sempre la regionalizzazione ma in un regime di abbastanza sereno scambio fra i due blocchi».
Le sanzioni funzioneranno?
«Se vogliamo dire che infliggono un danno economico alla Russia, e portano almeno qualche scontento interno verso Putin, allora stanno già funzionando. Ma che abbiano una reale valenza sul tavolo negoziale mi sembra improbabile. Però se dureranno un anno o due, allora qualche conseguenza cominceremo sicuramente a vederla».
vladimir putin 2
Proviamo ad astrarci dalla guerra "calda" di Putin per restare su quella "fredda" fra Pechino e Washington: i tentativi di Pechino di creare un'area valutaria centrata sul renmimbi non bastano da soli a decretare la fine della globalizzazione?
«Lei vuol dire se i tentativi della Cina di incoraggiare l'utilizzo della sua valuta nelle transazioni internazionali infliggono un danno ulteriore all'ordine mondiale integrato? La risposta è no.
Non c'è nessuna ragione perché i Paesi non possano continuare a fare affari l'uno con l'altro con una varietà di differenti monete. Oggi dollaro ed euro contano fra il 30 e il 40% ciascuno di tutte le transazioni realizzate attraverso lo Swift.
putin gas
Non c'è motivo perché il renmimbi non debba aggiungersi a questa lista di valute. Se scattassero le sanzioni secondarie verso la Cina, quello sarebbe un problema. Così come lo sarebbe l'adozione da parte degli Usa di politiche commerciali restrittive come quelle degli anni di Trump».
E i tentativi della Russia di inserire il rublo in questo gotha di monete, per esempio pretendendo che i pagamenti delle forniture energetiche siano saldati in rubli?
«Sarebbe quello che noi chiamiamo un "baby step", un passo insignificante. Quello che è sicuro, è che, visto il comune interesse a contrastare l'ordine internazionale attuale, fra tre anni l'unico acquirente di gas russo sarà la Cina.
Barry Eichengreen.
Tre anni è il tempo che servirà per completare le necessarie pipeline. A quel punto la Russia dovrebbe non aver problemi a essere pagata in renmimbi, specie se questa intanto sarà diventata una valuta internazionale, e poi per acquistare dalla Cina ogni genere di bene non energetico».
Ma le ambizioni di grandezza del rublo, oggi usato solo in Russia e tutt' al più in Transnistria, Crimea, Lugansk e Donetsk?
«Guardi, se Mosca vuole importare beni e servizi da qualche posto diverso dai Paesi affiliati, deve pagare in dollari, euro o renmimbi. Tutte le chiacchiere su un sistema di pagamenti russo, si era detto addirittura alternativo a Swift, restano, appunto, chiacchiere».
URSULA VON DER LEYEN OLAF SCHOLZ MARIO DRAGHI
L'Europa sembra un vaso di coccio.
«È l'area che corre i rischi peggiori. Se la situazione non si risolve e i prezzi dell'energia restano alti, stretta anche dai rialzi dei tassi Usa, le possibilità che prima di fine anno finisca in recessione sono concrete.
Non voglio neanche pensare ai danni che deriverebbero dal blocco all'import di gas, sul modello americano. Se su questa si innescherà anche una crisi finanziaria, resta però da vedere: le autorità europee dicono che le banche e gli stessi mercati finanziari sono molto più forti che nel 2008. E io voglio crederlo».
LA VIA DIPLOMATICA - VIGNETTA DI ALTAN
Xi Jinping e Vladimir Putin xi jinping vladimir putin XI JINPING E VLADIMIR PUTIN putin xi jinping PUTIN globalizzazione1