Giordano Tedoldi per “Libero Quotidiano”
LATERZA
Ogni volta che la cultura alta, attraverso uno dei suoi più squisiti rappresentanti, attacca Checco Zalone, mi viene in mente una riga di Giuseppe Berto, che da sola fa tutta la prefazione del suo romanzo La cosa buffa: «Sia chiaro ch' io sono per l' ordine, e che ciò è inutile». Infatti, anch' io, d' istinto, sarei per non confondere Zalone con ciò che, prima del crollo dell' Impero austro-ungarico, si definiva con qualche aristocratica sensatezza «cultura».
Solo che poi, anche grazie all' Adelphi, che continua a pubblicare gli splendidi romanzi di Joseph Roth, di Stefan Zweig, di Rudolf Borchardt (leggete il suo L' amante indegno, è la storia di un ufficialetto seduttore simpatico e fannullone, che tenta di farsi accettare dai severi rimasugli della nobiltà spodestata e, come si dice, è «ancora attuale») ho capito che quell' ordine gerarchico, quella cultura, e non da oggi, non hanno più utilità. Sono solo feticci. Così non posso unirmi a Giuseppe Laterza, ultimo in ordine di tempo a voler depotenziare il comico pugliese.
ZALONE BRACHETTI EMILIANO
Laterza si è lamentato del fatto che Zalone fosse stato invitato al Salone del libro di Torino, per parlare del libro che il critico cinematografico Gianni Canova gli ha dedicato. Un motivo insufficiente, secondo Laterza: «Il Salone dovrebbe farsi più selettivo e puntare sul linguaggio del libro, magari con meno eventi, ma più centrati sulla specificità.
Mi piacciono i suoi film, ma non abbiamo bisogno di Checco Zalone per parlare di libri. Come se a Sanremo avessero chiamato Umberto Eco». A parte il lapsus di citare Eco, cioè il più spregiudicato fautore della confusione di ruoli tra cultura alta e di massa, e in certo senso dunque il precursore di Zalone al Salone del libro, vorremmo chiedere a Laterza:
SALONE LIBRO TORINO
ma «voi», che non avete bisogno di quegli «altri», tra cui Zalone, per parlare di libri, credete ancora veramente che il Salone del libro sia un affare vostro, uno spazio elitario, e credete ancora di poter prendere le distanze da Zalone, come il barone Luttring de L' amante indegno prende le distanze dal seduttore della sorella, l' ufficialetto Schenius?
fila per checco zalone al salone del libro
Voi che ragionate in termini di «eventi» e di affluenza di pubblico come qualunque attore o cantante, voi che al Salone avete uno stand e badate soprattutto a vendere, esattamente come gli espositori di salumi alle loro fiere, quale criterio di «selettività», a parte l' ovvia esclusione dell' indegno Zalone, avete in mente?
Voi dite di Zalone «mi piacciono i suoi film», perché non volete perdere il contatto con le idealizzate e viziate masse popolari, ma vedete, per fare gli aristocratici ci vogliono gli attributi: e un vero aristocratico della cultura, sui film di Zalone ci scatarrerebbe su. E allora, cos' è questa schizofrenia?
ECO
Di sera andate al cinema a vedere Quo Vado, vi piace (o fingete di farvelo piacere), e poi però vi innervosite per quello stesso apprezzato comico quando riempie la sala più grande del «vostro» Salone del libro (il che è logico, perché il pubblico che va al cinema è lo stesso che va al Salone, e che compra i vostri libri).
Insomma, decidetevi: cultura alta o Zalone? Tertium non datur: o gerarchia o il casino che è il Salone del libro oggi. Infatti, se gerarchia e selettività e «linguaggio del libro» deve essere, allora perché quest' anno al Salone la star è stata un cantante, Francesco De Gregori (che tra l' altro presentò un suo disco con Zalone)?
checco zalone salone del libro salone del libro samantha cristoforetti
E perché l'altra star è stata Recalcati, ennesima incarnazione dei donizettiani Dulcamara, che giravano i paesi proponendo elisir miracolosi, e per giunta, questo, in salsa lacaniana? Ma siete messi così male, «voi» nobili tremebondi della cultura alta, da spaventarvi per Zalone, e volergli chiudere le porte del palazzo avito a questo amante indegno, mentre accettate, ogni anno, plebaglia come i cantanti, i cuochi, gli ipnotizzatori, i politici, le soubrette?
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