Raffaella De Santis per “la Repubblica”
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Il fenomeno è già esploso: dopo i blog, Facebook, Instagram, ora è la volta delle newsletter, uno strumento che sembrava sorpassato e che risorge a nuova vita. Più sicura, più diretta rispetto ai social, la newsletter permette di parlare a una community selezionata ed è uno spazio protetto da troll e disturbatori. Il caso del blog di Maria Popova, che nel giro di qualche anno è arrivato a contare sette milioni di iscritti, è la conferma che un tweet o un post da soli non bastano.
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Dieci anni fa la scrittrice e blogger di origine bulgara ha creato Brain Pickings, blog lanciato da una newsletter settimanale inviata a sette amici e che oggi ha tra i suoi lettori William Gibson e Mia Farrow. Per far parte del club basta una donazione dai 3 ai 25 dollari al mese. Non c’è argomento che non sia ospitato nel blog: filosofia, scienza, politica, letteratura, arte. Con illustrazioni che fanno invidia ai migliori magazine patinati.
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Non è il solo caso. La newsletter di Lena Dunham,creatrice della serie televisiva Girls. Prima c’è stata The Skimm, creata quattro anni fa da Danielle Weisberg e Carly Zakin, ex giornaliste del network tv Cbs News (sono entrambe gratuite). Tra le iscritte che ogni mattina ricevono cinque notizie approfondite ci sono Hillary Clinton, Michelle Obama e Oprah Winfrey. Si legge su Wired che in tre anni le fondatrici hanno raccolto un capitale di 6,25 milioni di dollari e 1 milione e 500 mila iscritti.
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C’è da scommettere però che nel giro di breve tempo la Lenny Letter (questo il nome della newsletter di Lena Dunham) realizzerà il sorpasso: viene inviata per posta elettronica due volte a settimana e conta già 400 mila iscritti, con un tasso di apertura altissimo del 65%. Le lettrici — in prevalenza donne — hanno tra i 18 e i 34 anni.
Lo sconfinamento del web può confondere.
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Alberto Mattiacci, professore di economia e gestione delle imprese alla Sapienza, giudica così il fenomeno: «La sovrabbondanza dell’offerta sta generando un riflusso. C’è di nuovo bisogno di un editore che selezioni dal calderone delle notizie. La newsletter è chiara e focalizzata su un tema ». Lena Dunham ne ha spiegato così il trionfo: «È un format intimo, un break dal rumore dei social media». Anche l’ultima polemica “femminista” di Lena contro i ritocchi con photoshop è stata approfondita via newsletter.
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El País aveva pubblicato una sua foto in cui appariva filiforme e lei si è ribellata: «È meraviglioso, ma non è il mio corpo».
Molti giornalisti free lance oggi preferiscono le newsletter. La maggior parte sono aperte usando Tinyletter, ossia la versione semplificata e gratuita di Mailchimp. Quella di Ann Friedman ha 24 mila iscritti e spazia tra temi di gender, media e tecnologia. Vengono linkati pezzi presi dal web, molti parlano di donne. Anche Girls Lost in the City della blogger inglese Emma Gannon è un aggregatore che pesca notizie in Rete e le rilancia.
Il successo delle newsletter è tale che le testate editoriali iniziano a puntarci. Per gli appassionati di politica americana è irrinunciabile Politico Playbook: gratuita, è il “giornale” che sveglia la Casa Bianca. Quartz Daily Brief è legata alla rivista economica online Quartz, è nata tre anni e mezzo fa, ha 150 mila iscritti e un tasso di apertura tra il 40-50%. The Brief, la newsletter del Times, nel 2014 dichiarava 650 mila iscritti.
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Lelio Simi, fondatore di Data Media Hub, terrà in aprile un workshop al festival di giornalismo di Perugia sulle newsletter: «Funzionano perché stabiliscono un rapporto più diretto con i lettori. Tra le più all’avanguardia c’è First FT, la newsletter del Financial Times che propone link anche di altre testate, eStratechery, per chi è interessato alla tecnologia». Stratechery, ideata da Ben Thompson, ha migliaia di iscritti che per riceverla pagano dieci dollari al mese. Simi ha da poco lanciato Wolf,newsletter italiana che ha debuttato grazie a una campagna di crowdfunding e alla raccolta di più di 5 mila euro, realizzata da Data Media Hub e Slow News.
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Arriva tre volte alla settimana, costa dieci euro al mese e propone argomenti di editoria e tecnologia. «La newsletter permette di uscire dalle logiche algoritmiche di Google e Facebook e costruirti tuo pubblico di riferimento », spiega Andrea Coccia, tra i fondatori di Slow News. Gli esperimenti italiani sono iniziati da poco (La Stampa, ad esempio, ha lanciato una serie di newsletter nel 2015, tra cui “La cucina della Stampa” che è firmata dal direttore): tra questi c’è Good Morning Italia, fondata da Beniamino Pagliaro tre anni fa insieme a una squadra di giovani colleghi, ogni giorno seleziona notizie di argomenti vari, dall’economia alla tecnologia e nel week end cultura.
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Tutto deve stare entro le mille parole, da leggere in tre minuti. Gli utenti registrati lo scorso anno sono stati oltre 20 mila, di cui 3 mila abbonati paganti: «Offriamo una selezione di qualità. In un’epoca in cui c’è una saturazione informativa, aiutiamo ad avere un quadro di quello che sta accadendo, siamo una bussola», dice Pagliaro (l’abbonamento costa 1,99 euro al mese, il tasso di apertura è del 61%).
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Pochi giorni fa è morto Roy Tomlinson, l’inventore della mail. Nel 2015 gli utenti con un account email erano 2,6 miliardi. È lui, il programmatore americano che per primo ha utilizzato il simbolo della chiocciola @, il vero trionfatore.