Luca Telese per “Libero Quotidiano”
COLLEZIONE DI VINI GADGET FASCISTI EMILIA ROMAGNA
Cari consiglieri regionali dell' Emilia Romagna, un modesto consiglio: abbandonate la lotta al fascio-gadget. Non è appassionante, non è coraggiosa, non è intelligente, non ha il senso della storia. È semplicemente una pirlata.
L' idea che i princìpi democratici, o le identità, si difendano combattendo i vini nostalgici, i ciondolini del ventennio, i ninnoli, gli accendini Dux, la paccottiglia avanguardista tarocca e i portachiavi para-mussoliniani è a dir poco ridicola. Non è un provvedimento che rinverdisce le grandi battaglie antifasciste. È solo malinconia crepuscolare.
emanuele fiano
Eppure la notizia è questa: in queste ore è stata votata una risoluzione del consiglio regionale dell' Emilia Romagna che chiede di considerare «un reato di apologia» la vendita dei cimeli ispirati al ventennio. La destra si è dichiarata contraria, i grillini si sono (saggiamente) astenuti.
L' onorevole Emanuele Fiano, deputato del Pd, (incredibilmente, visto che è una persona seria) si è spinto oltre e ha detto addirittura che serve un provvedimento esemplare: «Ci vuole il carcere per i trasgressori».
GADGET FASCISTI 3
Ma già nella risoluzione questa idea era presente, se è vero che nel testo votato si chiedeva alla giunta regionale «di intervenire nelle sedi opportune affinché il reato di apologia del fascismo sia esteso anche alla vendita e diffusione di gadget e oggetti con immagini del regime fascista e nazista e venga inserito nel codice penale, consentendo così la repressione dei reati legati alla riproduzione di atti, linguaggi e simboli del nazifascismo».
UN' INDUSTRIA KITSCH Leggendo il dispositivo dei consiglieri emiliano-romagnoli mi sono fatto una semplice idea: quando si ha la sensazione e la paura di perdere una identità, si fa di tutto per negare la crisi, riaffermare giuramenti un tempo sacri, confortarsi con propositi che diano l' illusoria sensazione di essere eroici. Ma chiunque conosca Predappio, la storia italiana e la vera cultura antifascista, quando legge di questa battaglia non può fare a meno di sorridere.
PREDAPPIO GADGET FASCISTI 2
I gadget di Predappio sono una industria fiorente - se posso permettermi decisamente kitsch - che esiste e prospera da mezzo secolo, e che a nessuno dei sindaci-partigiani che avevano fatto la Resistenza era venuto in mente di conculcare. Fra l' altro a Predappio vinceva il Pci (e poi il Pds) non certo il Movimento sociale, e in quelle terre in cui nel 1945 si sparava, da anni si è stabilito un rapporto sereno con la Storia, che ha messo pragmaticamente la parola fine alla cultura del "nemico".
Il gadget etilico non è un reperto eversivo, ma piuttosto la spia di una normalizzazione che ha trasformato il ventennio in un filone folkloristico, fino a banalizzarlo. I più preoccupati del fascismo da bancarella sono gli eredi di Mussolini, non quelli di Togliatti.
Ciononostante, visto che i consiglieri regionali emiliano-romagnoli si sono presi terribilmente sul serio, partiamo dalla cosa più seria, ovvero dalla Costituzione. I padri costituenti che avevano combattuto il fascismo con il mitra in pugno (non i loro eredi all' acqua di rose) avevano considerato le norme di persecuzione e inibizione dai pubblici uffici degli eredi del Ventennio come «transitorie».
Non è un caso che mentre il divieto di fare politica per i Savoia e i loro eredi era (ed è) definitivo (e la scelta della Repubblica irreversibile), l' interdizione per gli ex gerarchi e per gli esponenti della repubblica di Saló era affidata alla XII disposizione transitoria. Ad un provvedimento, cioè, limitato nel tempo. Forse non tutti sanno che se fosse sopravvissuto alla cattura, persino lo stesso Benito Mussolini, avrebbe potuto - secondo la Carta - ricandidarsi già dal 1950 (!).
MUSSOLINI
Lo stesso diritto era riconosciuto ai suoi gerarchi, e lo stesso divieto di ricostituzione del partito era visto come un veto temporaneo. Giorgio Almirante ebbe la possibilità di candidarsi, pur essendo stato un dirigente della Rsi, e quando (negli anni Settanta) il procuratore Luigi Bianchi D' Espinosa lo inquisì per il reato di ricostituzione del partito fascista una delle voci di condanna più veementi fu quella del comunista Gianfranco Pajetta, secondo cui: «Non si possono mettere fuori legge gli elettori».
Ovviamente Almirante continuò a fare politica e - come è noto - il Msi non fu messo fuori legge. La sagoma trapeizoidale da cui fuoriusciva la fiamma missina era, simbolicamente, quella del Duce.
I DIRITTI DEI NOSTALGICI Questo perché (giustamente, secondo me) la Repubblica e i suoi padri non si immaginavano vendicativi, e credevano davvero all' idea di una democrazia e di una Repubblica cosi forti da avere la capacità di includere al loro interno anche chi le aveva combattute.
È per questo che Casapound ha diritto a difendere la nostra Carta malgrado le ciarle ilari di Maria Elena Boschi, ed è per questo stesso motivo che i vinificatori nostalgici hanno diritto di imbottigliare il loro Cabernet (di media qualità) corredando la bottiglia con la volitiva mascella del Duce. Cari consiglieri regionali, capisco la crisi, capisco le difficoltà a governare con Verdini, capisco tutto: ma in questo paese in cui abbiamo visto giovani morire per delle idee, l' idea che si possa finire in carcere per un ciondolo-Dux può sembrare soltanto una burla.
Il merchandising nostalgico non è una pericolosa apologia. E il divieto di vendita del vino mussoliniano - semmai - sarebbe una grazia per Mussolini e un danno per gli antifascisti. Tutto avrebbe potuto sperare, il Duce, tranne di diventare un vino: meglio un giorno da leone che cento anni da pecora. E due secoli da imbottigliato.
MUSSOLINI CRIPTA PREDAPPIO