Vittorio da Rold per https://it.businessinsider.com/
La nomina di Pier Carlo Padoan, ex ministro dell’Economia prima nel governo Renzi e poi nel governo Gentiloni, a nuovo presidente di Unicredit mette fine a un periodo di incertezza iniziato dopo la scomparsa improvvisa di Fabrizio Saccomanni nell’estate del 2019.
padoan, ministro dell'economia (d), con il presidente della bce mario draghi
Padoan, ex vice segretario Ocse ed eletto deputato eletto nella circoscrizione di Siena (ma si dimetterà per incompatibilità con la carica di presidente di Unicredit), è reduce da un pesante insuccesso internazionale in quanto ha perso la corsa per la presidenza della Ebrd, la banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, con sede a Londra, dove è stato superato sul filo di lana dalla francese Odile Renaud-Basso.
Da ambienti diplomatici italiani fanno notare una certa insofferenza per il risultato alla Ebrd perché tre dei sei presidenti della banca europea che opera nei territori dell’Europa centrale ed orientale e dell’Asia centrale (dove opera appunto con successo da anni Unicredit) sono stati tutti francesi. Quindi Renaud-Basso sarebbe il 4o presidente su sette complessivi. La Francia inoltre ha dato anche quattro degli ultimi sette presidenti del Fondo monetario internazionale e gli accordi con gli americani parlano di rappresentante europeo, non transalpino. Inoltre metà dei governatori della Bce sono stati francesi (Trichet e Lagarde).
PIER CARLO PADOAN CANDIDATO PD
Padoan dunque giunge in Unicredit “scottato” da una classica manovra diplomatica dei “cugini” francesi tesa a non perdere punti importanti negli organismi finanziari internazionali da cui si controlla l’andamento dei mercati in vista di una maggiore unione nel settore bancario europeo.
Di sicuro il mercato della Borsa di Milano si aspetta che Padoan riprenda il dossier della cessione di Mps a Unicredit, magari con dote mentre resta più complessa da decifrare la posizione che il nuovo presidente avrà sulla proposta di scissione degli asset stranieri.
Ma andiamo con ordine. I primi commenti ai rumors sulla scissione degli asset stranieri di Unicredit parlano di un Jean Pierre Mustier stanco di una logorante guerra di posizione e un tentativo di uscire dall’angolo rilanciando il piano di divisione in due di UniCredit con scissione delle attività estere, piano che non avrebbe ancora il consenso unanime del board della banca di Piazza Gae Aulenti.
RENZI MERKEL PADOAN SCHAEUBLE
L’ultimo schema dell’operazione, secondo Il Sole 24 Ore del 13/10/20, prevederebbe lo scorporo dalla holding italiana quotata a Milano delle attività estere del gruppo e la successiva quotazione della subholding paneuropea – tramite un’Ipo che potrebbe riguardare fino al 50% del capitale – alla Borsa di Francoforte. Quanto può valere l’operazione rispetto alla capitalizzazione di Borsa attuale di UniCredit che viaggia a quota 16,6 miliardi di euro? Nessuno lo sa ma le conseguenze sarebbero di vedersi sfuggire un’altra parte dell’impero faticosamente conquistato dall’ex ceo Alessandro Profumo e dall’ex direttore generale Roberto Nicastro.
O come dicono a Mediobanca Securities il fatto di creare una sub holding sarebbe utile sotto il profilo merger and acquisition, con la possibilità di una fusione tra Unicredit (16,6 miliardi di capitalizzazione di mercato) con Bnp Paribas (41,9 miliardi capitalizzazione), quest’ultima guidata da Jean-Laurent Bonnafé che in Italia controlla già Bnl.
Fantabanca?
Forse ma intanto il cda di Unicredit vorrà capire da Mustier cosa vuole davvero fare con la scissione sebbene l’ad abbia sempre sostenuto la linea di una semplice riorganizzazione interna al fine di utilizzare i più bassi tassi tedeschi e austriaci. In verità secondo alcuni analisti l’operazione sarebbe in linea con la politica del passato che si può riassumere così: “comprato nulla, venduto di tutto”. Mediobanca, Polonia, Turchia, leasing Cee, Baltici. Unicredit conta ora dopo la cura dimagrante 83,6 mila dipendenti contro i 125 mila pre Mustier (fine 2015). E fa ricavi (anno fiscale 2019) per 18,8 miliardi mentre ne faceva 22,4 nel 2015.
pier carlo padoan – ritiro del pd all'abbazia di contigliano 23
Non solo. Il lending (prestiti) è ora a quota 430 miliardi contro i 473 del 2015. Quindi la banca si è rimpicciolita molto. Certo nel frattempo Mustier ha fatto una ricapitalizzazione da 13 miliardi di euro, la maggiore d’Europa, ha rinunciato a parte del suo stipendio ma ha ceduto come dicevamo nel risparmio gestito Pioneer ad Amundi, la seconda banca polacca, il gioiellino Bank Pekao a Varsavia, Yapi Kredi in Turchia, quote in Mediobanca e in Fineco, e molti fanno notare che in sostanza quando si parla di Ipo della nuova sub-holding di assets stranieri significa vendere al mercato. Ma per fare cosa? Gli azionisti, i dipendenti e i fornitori, gli stakeholders insomma non ne dovrebbero essere informati?
Ma c’è di più. Nel piano di scissione la parte italiana resterebbe in capo a Milano e intanto la banca si rimpicciolirebbe sempre di più diventando una preda piccola con un tesoretto in pancia, che vuol dire rischiare di fare la fine della Parmalat del 2012 risanata dal commissario straordinario Enrico Bondi e poi acquisita dai francesi di Lactalis con in pancia un tesoretto (quasi 1,4 miliardi) raccolto da Bondi grazie alla cause legali vinte contro banche, revisori e manager seguite alla bancarotta dell’azienda di Parma.
pier carlo padoan antonio patuelli ignazio visco
La famiglia francese Besnier, alla fine, riuscì a mettere le mani sul tesoretto della Parmalat non attraverso la via maestra del dividendo straordinario (del quale tra l’altro avrebbero beneficiato anche gli azionisti di minoranza) ma vendendo a Collecchio per 905 milioni di dollari Lactalis Usa, le sue attività casearie negli Stati Uniti. Storie finanziarie passate nel dimenticatoio di un Paese senza memoria? Forse.
Intanto Unicredit è stata distanziata nel mercato domestico da Intesa Sanpaolo, che ha acquisito Ubi e fa fa profitti e si muove, secondo una fonte interna, come una “falange macedone” senza guerre intestine che la distraggono dagli obiettivi.
Mentre UniCredit dopo la cessione di Finecobank ha messo in cassa altri 2 miliardi di euro, portando il totale delle entrate, tra aumento di capitale e cessioni, a superare i 20 miliardi. Oggi, in Borsa, Unicredit vale «solo» 16,6 miliardi. La domanda resta sempre la stessa: altre cessioni all’orizzonte ma per fare cosa?
Mustier
Buyback di azioni proprie e distribuzione di dividendi agli azionisti quando la Bce passato l’uragano Covid 19 lo permetterà come ripete Jean Pierre Mustier o c’è dell’altro? E la scissione delle attività estere in questo quadro è il jolly dell’ultima mano di poker o semplicemente l’ennesima tappa di un lungo tour di cessione di attività? L’arrivo di Padoan al vertice di Unicredit, abile tessitore e uomo di grandi rapporti internazionali, aiuterà a dare un chiaro indirizzo alla seconda banca del paese ma soprattutto e, spesso ci si dimentica, unica G-SIB (global systemically important bank) italiana.
Per Mustier l’era dell’uomo solo al comando appare comunque finita e si apre un momento di intensa dialettica interna o di moral suasion così come avveniva con il compianto Fabrizio Saccomanni.