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    E BASTA CON I FILM SOPORIFERI: PURE A CANNES C'E' VOGLIA DI SCOPARE! – L’EROTISMO TORNA SULLA CROISETTE CON IL DOCUMENTARIO SU BRIGITTE BARDOT, LA REGINA DELL’EROS VISTA DALL’OCCHIO DEL REGISTA ALAIN BERLINER – DA CANNES PRENDE IL VIA IL PROGETTO CENTRATO SUL FILM SIMBOLO DEL SOFT-CORE ANNI '70, IL REMAKE DI EMMANUELLE (MA RISCHIA DI DIVENTARE UN INDIGERIBILE MAPPAZZONE A SFONDO FEMMINISTA) – ATMOSFERE DA “NOVE SETTIMANE E ½”, NEL FILM “99 MOONS, UNA STORIA DI PASSIONE FATTA DI AMPLESSI INCANDESCENTI E… - VIDEO


     
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    Fulvia Caprara per “la Stampa”

     

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    Silenziato da due anni di Covid e dalle tragedie che affliggono il mondo, il brivido erotico torna di scena nella vetrina del Festival di Cannes, con film, progetti e documentari che hanno subito risvegliato l'attenzione di pubblico e addetti ai lavori, soprattutto quelli che affollano il formicaio del «Marché» dove basta un nome per attirare l'interesse di produttori e distributori. Il profilo dorato su sfondo azzurro della regina dell'eros Brigitte Bardot ha già scatenato, dopo essere apparso sulla copertina del magazine «Le film français», attesa, curiosità, voglia di rivedere la stella nell'epoca del suo massimo fulgore: «L'icona Brigitte Bardot - spiega Alain Berliner, regista del documentario Bardot - è tuttora un mistero. Oggi potrebbe essere considerata una femminista e un'anticonformista».

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    Eppure, nell'epoca in cui è esploso il suo mito, fu vista come «una ribelle in contraddizione con tutte le regole che allora definivano quello che una donna doveva essere, insomma un'incompresa. Brigitte ha sempre cercato la sua libertà, e, anche ora, è una lottatrice che si batte per le cause in cui crede». Autore del documentario vincitore del Golden Globe Ma vie en rose, Berliner ci tiene a far sapere che l'attrice ha già dichiarato la sua totale disponibilità, e questo perché l'opera si occuperà anche di temi a lei cari, il benessere degli animali, la condizione femminile, le conseguenze della deforestazione e del riscaldamento globale. Spezzoni dei film celebri, foto d'archivio, musiche d'epoca saranno il filo conduttore di un racconto che non vuole chiudersi nei limiti di un omaggio nostalgico.

     

    Una cosa è certa, le prese di posizione di Bardot, anche le più recenti, su MeToo e politica, non sono mai formali né prevedibili, e bisognerà vedere se il ritratto di Berliner riuscirà a cogliere lo spirito, sempre controcorrente, della diva che ha incarnato, nel cuore dei turbinosi Sessanta, il senso più vitale e rivoluzionario della liberazione sessuale.

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    Dalla Croisette prende il via anche un altro progetto centrato sul film simbolo del soft-core Anni '70, il remake di Emmanuelle, la pellicola tratta dal racconto erotico di Emannuelle Arsan, pubblicato sotto pseudonimo nel '59. Al «Marché» la notizia ha fatto sensazione, anche perché il terzetto impegnato nell'impresa è composto da nomi importanti, in prima linea sul fronte del cinema femminista francese. La regista sarà Audrey Diwan, Leone d'oro all'ultima Mostra di Venezia per La scelta di Anne -L'evenement, la protagonista Lea Seydoux, ricercatissima da registi del mondo, basti sapere che al Festival è presente con il film (in concorso) Crimes of the future di David Cronenberg e con Un beau matin di Mia Hansen Love, in cartellone alla Quinzaine des realisateurs.

     

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    La sceneggiatura è firmata dalla regista e da Rebecca Zlotowski, punta di diamante della squadra sempre più vasta di autrici d'oltralpe. Insomma, la nuova Emmanuelle sarà descritta con gusto neo-femminista, forse con un'attenzione maggiore a quelle implicazioni intellettuali che, nel prototipo con Sylvia Kristel, erano poco valorizzate. I risultati, comunque, furono trionfali, il patinato Emmanuelle è riuscito a totalizzare 500 milioni di spettatori nel mondo, sugli Champs Elysées, nella sale dell'Ugc Triomphe, il film era stato proiettato per 13 anni.

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    Un successo infinito visto che, oltre il remake appena annunciato, sono già in preparazione due biopic in formato seriale dedicati alla breve vita (l'attrice è morta a 60 anni di cancro) del sex- symbol Sylvia Kristel. Sussulti passionali, in stile Nove settimane e 1/2 echegiano anche in 99 Moons di Jan Gassmann, proiettato al Festival in prima mondiale nella sezione «Acid». La storia è centrata sull'incontro tra la scienziata ventottenne Bigna, decisa, imperativa, abituata ad avere sempre tutto sotto controllo, compresi i desideri sessuali, e il trentenne Frank, perso in un dedalo di tossicodipendenze.

     

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    L'attrazione tra i due è subito potente, fatta di fascinazione e repulsione, rotture e ritorni, liti e amplessi incandescenti. La parentesi amorosa e carnale tra la madre single (Sandrine Kiberlain) e l'uomo sposato Vincent Macaigne è al centro di Chronique d'une liaison passagere, regia di Emmanuel Moret (in vetrina a Cannes Premiere), mentre in The vagabonds la regista bulgara Dorotea Droumeva segue i percorsi accidentati di una donna di mezz' età che cerca relazioni con uomini ventenni scontrandosi con ostacoli fatti di pregiudizi e mascolinità tossica.

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