Mirella Serri per “la Stampa”
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A Napoli in via Chiaia i passanti non credono ai loro occhi. Un bel giovane magrissimo, con il volto scavato ma con l'aria sorridente, passeggia tenendo al guinzaglio un gallo. Nel 1936 l'Italia in camicia nera è fiera del "gallismo", ovvero del virilismo dei suoi uomini. Curzio Malaparte nei suoi versi allude a un parallelismo tra la vivacità sessuale del pennuto e quella del dittatore: «Spunta il sole / canta il gallo / O Mussolini monta a cavallo». Il trentaduenne gentiluomo scarmigliato con il suo comportamento fa dell'ironia sul mito del latin lover.
L'attrito della vita. Indagine su Renato Caccioppoli matematico napoletano
È il celebre matematico Renato Caccioppoli. A Napoli ben lo conoscono nei Quartieri Spagnoli dove si inoltra senza timore: per sfuggire alla monotonia e anche alla violenza del fascismo adotta lo stile provocatorio dei futuristi. Il mix di genio e sregolatezza è la sua cifra. Adesso a ricostruire la sua tragica e fascinosa storia è Lorenza Foschini nel bel racconto biografico L'attrito della vita. Indagine su Renato Caccioppoli matematico napoletano (La nave di Teseo, 270 pp., 20 euro). La scrittrice, ex volto noto del Tg2 e autrice di recenti ricerche su Proust, attinge anche da memorie di prima mano: sua madre Isabella aveva legami di parentela con lo scienziato, i cui studi più importanti, su un totale di circa ottanta pubblicazioni, riguardano l'analisi funzionale e il calcolo delle variazioni.
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A soli 27 anni Renato vinse la cattedra di Analisi algebrica all'Università di Padova, nel 1934 tornò a Napoli per dedicarsi all'insegnamento accademico di Teoria dei gruppi, poi passò ad Analisi superiore e, dal 1943, fu ad Analisi matematica. Cosa tormentava lo straordinario ricercatore che fin da giovane si lasciò andare al piacere della bottiglia ma che era pure pieno di slanci vitali e passionali per le donne (forse anche per gli amori omosessuali), per la poesia e per la musica?
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Già, la musica: conoscenti e amici sono increduli quando ascoltano Cacciopoli al pianoforte. Esegue divinamente brani di Brahms e Debussy, si cimenta con il terzo atto di Tristano e Isotta di Wagner, cantando e suonando. A parole, nota per nota, sa descrivere con una precisione sbalorditiva il poema sinfonico di Strauss Morte e trasfigurazione. E poi disquisisce di Proust, di Rimbaud e di Blaise Pascal. Conosce i capolavori del cinema e apprezza i film dei grandi maestri, Duvivier, Renoir, Carné, Chaplin, Ejzentejn e Rossellini.
Lo scienziato antifascista e anticonformista è un cultore dello sberleffo: nel maggio del 1938 pronuncia in un'osteria un discorso contro Hitler, in occasione della visita del dittatore nazista a Napoli, e paga un'orchestrina per far eseguire la Marsigliese in presenza di agenti dell'Ovra. Incarcerato, viene rinchiuso in un ospedale psichiatrico. Con il passare degli anni, Caccioppoli, a cui Mario Martone ha dedicato uno splendido film, vede crescere la sua dipendenza dall'alcol mentre si spegne la sua verve matematica. Nel 1939 convola a nozze con la giovanissima Sara Mancuso, che lo abbandonerà per Mario Alicata, intellettuale comunista e stalinista.
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Lorenza Foschini ricostruisce anche le storie dei tanti compagni di partito che nel Dopoguerra parteciparono al dramma di Caccioppoli senza riuscire a salvarlo dal suo cupio dissolvi. Molto ben delineato è il ritratto di Francesca Spada, convivente di Enzo Lapiccirella, uno degli organizzatori della Resistenza romana: nata a Tripoli, è un'elegante e raffinata pianista con cui Renato esegue Haydn. Nonostante la loro liaison, entrambi non riescono a superare le difficoltà esistenziali che li connotano. Renato porrà fine alla sua vita nel 1959 con il suicidio e Francesca compirà lo stesso gesto due anni dopo.
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Questa biografia rivela risvolti segreti della vita di uno dei più grandi matematici del Novecento. Ma fa anche capire come, terminato il fascismo, Caccioppoli si trovi a vivere in grande solitudine: non ha intorno a sé una società pronta ad accoglierlo, ad aiutarlo e a curarlo nel partito comunista a cui ha aderito. La sua esistenza è la testimonianza vivente del degrado di Napoli denunciato da Anna Maria Ortese quando parlava di «silenzio della ragione» e di pietrificazione della speranza che spingeva molti giovani a lasciare l'urbe partenopea «grande sentinella dell'Occidente sull'intero Mediterraneo». Renato così isolato è anche il simbolo della disperazione di una città.
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