nino benvenuti
Paola Sorge per il Venerdi-la Repubblica
Quando, sei anni fa, lo incrociai per la prima volta nella stradina privata di Roma dove abito, pensai che il nuovo vicino di casa somigliava vagamente a Nino Benvenuti, ma non poteva assolutamente essere lui: il signore alto, magro, dritto come un fuso, folta capigliatura, che girava con un cagnolino, non dimostrava più di sessant’anni ben portati, non l’aveva l’aria da ex pugile e tanto meno da leggenda vivente.
Era cortese, modesto, addirittura si scusò con me per aver ingombrato per qualche attimo lo stretto marciapiede con il cane al guinzaglio.
«Anvedi che fortuna che c’avete in questa stradina, c’è chi vi guarda le spalle!» esclamò qualche giorno dopo un operaio con gli occhi sbarrati indicandomi il signore che s’allontanava accompagnato questa volta non solo dal cane ma anche da una bella signora bionda. Penso che sia vittima di un abbaglio. Quando un passante gli ha chiesto un autografo mi sono dovuta convincere che il mio vicino è davvero lui, il campione del mondo.
nino benvenuti
Quest’anno Giovanni Benvenuti, uno dei più grandi pugili di tutti i tempi, compie 80 anni, il 26 aprile. Questa è la prima cosa che mi ha detto quando gli ho chiesto un’intervista. Sta di fronte a me, seduto sul mio divano, paziente. Non si vanta, non si dilunga a ricordare il passato e le sue glorie, il fatto, ad esempio, che milioni di italiani la notte del 17 aprile 1967 restarono attaccati alla radio per seguire in diretta l’incontro Benvenuti-Griffith che Nino vinse contro ogni pronostico diventando campione mondiale dei pesi medi. La mia prima domanda (come fa a mantenersi in forma splendida?) se l’aspettava. D’altronde è decisamente un bell’uomo, atletico, sorriso accattivante, si mantiene così da vent’anni. Mi aspetto di sentire una lunga lista di beveroni energetici, di consigli alimentari, di esercizi sfiancanti.
«Mi sono scelto i genitori giusti» risponde invece sorridendo. «È un fatto genetico, mia madre e mio padre erano straordinariamente belli, alti, forti, sempre in forma. Papà aveva un viso da autentico guerriero; aveva la passione per il pugilato, lo fece per un po’, ma nonno Francesco non era d’accordo e lui dovette smettere».
nino benvenuti gemma
Lei segue un preciso regime alimentare?
«Sono un gran mangiatore. Mangio tutto quello che mi piace mangiare. Il mio io interiore quantifica e giustifica, nel senso che sceglie cosa e quanto mi fa bene e ammette pure qualche strappo, magari un bicchierino di grappa, che assaporo con piacere. L’unica regola che mi sono dato è quella di non eccedere».
Il suo piatto preferito?
«Il brodetto di pesce come faceva mio nonno che era pescatore. La mia famiglia non mi ha fatto mancare nulla, anche psicologicamente. Era una famiglia patriarcale, ho conosciuto i miei nonni e i miei bisnonni, abitavamo tutti in una casa ottocentesca a tre piani. Loro coltivavano la terra: Isola d’Istria, il paese dove sono nato e che sono stato costretto ad abbandonare a 16 anni, è circondata da una terra fertile, benedetta da Dio, la sua uva ha dato il Refosco, un vino rosso spumante naturale. Oggi fa parte della Slovenia».
nino benvenuti
Fa ancora sport?
«Cammino molto con mia moglie Nadine e con Briciola, un border-terrier con il quale sono in perfetta sintonia: lui mi dà quello che desidero avere. Difficilmente veniamo meno ai reciproci desideri».
Nel suo libro, II mondo in pugno (Sperling & Kupfer), uscito 17 anni fa, ripercorre la sua vita e la sua carriera a dir poco favolosa: in centinaia di incontri è stato battuto solo sette volte, oggi è considerato un mito del pugilato. Come le è venuta l’idea di scrivere un’autobiografia?
«L’ho fatto d’impulso. A un certo punto della mia vita ho trovato il tempo per scrivere: quello è un tempo particolare dello spirito, interiore, non esteriore, che mi ha consentito di esprimere i miei pensieri e di condividerli con gli altri».
La sua famiglia l’ha incoraggiata nella sua passione per la boxe?
nino benvenuti
«Mio padre mi ha aiutato in tutti i modi, mi permise di frequentare la palestra a Trieste, dove lui aveva un negozio di pescheria, sin da quando avevo 13 anni. L’ho fatto felice quando ho preso la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Roma del 1960. Quando salii sul gradino più alto del podio, mi sentii più forte e importante di tutti gli imperatori della
storia».
Le è mai mancato il coraggio mentre affrontava un avversario?
«Il coraggio s’impara dal modo di vivere e dallo sport che si pratica. Io sono stato un pugilatore, come i lottatori dell’antica Grecia, e sono orgoglioso di aver fatto uno sport non per caso ma per scelta. Il coraggio faceva parte del temperamento di mio padre, l’ho ereditato. Ho acquistato un mio equilibrio interiore, non ho mai avuto un attimo di paura. Quando ci sono tecnica e ragionamento, il coraggio non viene meno».
Mi racconti di sua moglie, degli amici che ha frequentato.
BENVENUTI MONZON
«Nadine, la mia seconda moglie, è straordinaria: dolce, riservata, essenziale, è il mio ideale di donna. Ci siamo sposati nel 1998 e siamo ancora innamorati. Ho avuto gli amici giusti. Incontravo spesso in Francia Alain Delon e Jean-Paul Belmondo, miei grandi fan; ogni anno organizzavano una cena in onore dei campioni di pugilato.
Ho conosciuto Giuliano Gemma da ragazzo: abbiamo fatto insieme il servizio militare nei vigili del fuoco, l’ho spinto a venire in palestra a fare un po’ di boxe; nel 1969 ho partecipato con lui a uno spaghetti-western scritto da Ennio Flaiano e diretto da Duccio Tessari, Vivi o preferibilmente morti. Era adorabile, generoso, sempre rispettoso degli altri. Giuliano era anche un bravo scultore: di lui conservo cavallini in bronzo e nudi maschili e femminili stupendi. Girare un film con lui è stata un’esperienza nuova per me: all’inizio mi sembrò divertente, poi sempre più impegnativa... mi faceva perdere la concentrazione necessaria per restare campione del mondo, mi toglieva l’abitudine al sacrificio, ai miei allenamenti quotidiani».
BENVENUTI MONZON
Gli offro un tè che lui accetta di buon grado. Arrivo con due tazze di porcellana che più dorate non si può. «Sono un po’ kitsch», dico in tono di scusa «ma mettono allegria».
«Non mi piace il termine kitsch, lo sa? Esprime un concetto denigratorio che difficilmente corrisponde alla realtà o a quel che si pensa veramente», osserva inaspettatamente. Benvenuti, vivaddio, va controcorrente, evita i luoghi comuni,
non ama concetti scontati.
Nino Benvenuti, che cosa non sopporta del mondo di oggi ?
nino benvenuti gemma
«Non tollero la maleducazione o l’ineducazione. Per me il pugilato è stato una grande lezione: è uno sport formativo più dal punto di vista mentale che fisico, per questo lo consiglio ai giovani. Vanno seguite certe regole. Il che significa, per
esempio, che spesso bisogna rinunciare a una reazione immediata perché porterebbe a commettere un grave errore».
Quale?
«Quello di picchiare all’impazzata».
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