Fausto Carioti per “Libero Quotidiano”
CONTE DI MAIO SALVINI
La gestione spericolata delle finanze pubbliche che Luigi Di Maio ha imposto a Giovanni Tria e Giuseppe Conte poteva spingere la Commissione europea su due strade diverse. L' ipotesi migliore per noi sarebbe stata quella di un approccio "politico". Bastonare il governo italiano prima delle elezioni europee significa regalare ulteriori argomenti al leader dei Cinque Stelle e al suo alleato leghista, già forti del 60% dei consensi. Meglio allora alzare la voce il minimo indispensabile, senza umiliare nessuno, trattare e fare un po' di ammuina, in modo che a grattare la rogna provvedano il successore di Jean-Claude Juncker e i commissari che lo affiancheranno.
MOSCOVICI E DOMBROVSKIS BOCCIANO LA MANOVRA ITALIANA
Si è scelta invece la strada della tolleranza zero: un cordone sanitario è stato steso attorno al governo Conte per evitare che l'"ideologia del buco" contagi gli altri movimenti anti-europeisti del continente. L' Italia viene trattata, anzi maltrattata in pubblico, come lo scolaro ripetente e indisciplinato.
Il commissario francese Pierre Moscovici dice che siamo dinanzi a un caso «senza precedenti»; il vicepresidente della Commissione, il lettone Valdis Dombrovskis, definisce la manovra un «danno» per tutti gli Stati membri e avverte che è pronta la procedura d' infrazione per deficit eccessivo. Si tratta di un percorso inedito, da sperimentare la prima volta sulla cavia italiana, al termine del quale potrebbero esserci una multa tra i 3,4 e gli 8,6 miliardi di euro, la sospensione dell' erogazione dei fondi europei e altre sanzioni.
SALVINI DI MAIO ALLA FINESTRA DI PALAZZO CHIGI
I PRESUNTI AMICI
Che sarebbe andata malissimo lo si era capito nei giorni scorsi, quando i leader che secondo una lettura molto naïf avrebbero dovuto darci una mano, tipo il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, hanno chiesto a Juncker di usare il pugno di ferro con l' Italia.
Ad indurire gli interlocutori aveva provveduto l' atteggiamento ondivago del governo Conte, che in luglio, al consiglio dei ministri della Ue, aveva votato la raccomandazione con cui si chiede all' Italia di ridurre il deficit di 10 miliardi di euro l' anno, e arrivato al dunque ha deciso di fare l' esatto contrario.
EUROPE THE FINAL COUNTDOWN
Così adesso Juncker e i suoi ci danno tre settimane per rifare il compitino. È chiaro, però, che non sarà a causa loro che verrà riscritta la manovra. La linea dura è infatti una buona notizia per Di Maio e Matteo Salvini. Probabilmente è vero, come loro stessi ripetono, che questo non è il tentativo di farci collidere con Bruxelles per provocare l' uscita dell' Italia dall' euro.
Ma lo scontro con le istituzioni europee e il trattamento particolare riservato al nostro Paese fanno gioco ai due leader, i quali si trovano già confezionata la campagna elettorale per il voto di maggio.
I veri alleati di Salvini, oggi, non sono Kurz e il primo ministro ungherese Viktor Orbán, bensì Juncker e Moscovici, che non a caso appaiono in ogni discorso del ministro dell' Interno.
TRIA E MOSCOVICI
I MERCATI
Gli unici che possono imporre modifiche sono i fondi d' investimento. Ieri Di Maio ha detto una cosa vera: «I mercati vogliono molto più bene all' Italia di quanto gliene vogliano i commissari europei».
La differenza di rendimento tra i Btp e i Bund tedeschi resta infatti attorno a quota 315 e alle aste dei titoli di Stato non si è vista la Caporetto che alcuni prevedevano. Però sbaglia il leader grillino a rivendersi questo come un voto di fiducia per la sua politica fatta di debito e spesa pubblica.
giuseppe conte sebastian kurz 8
Perché a vegliare su di noi c' è ancora la manona di Mario Draghi, che continua a comprare Btp sostenendone le quotazioni, e nonostante ciò il costo pagato dai contribuenti è già molto alto: mantenere lo spread ai livelli attuali significherebbe regalare agli investitori 6,6 miliardi di euro in più nel 2019 e 11,5 miliardi nel 2020. E poi perché l' abisso è comunque lì, a pochi passi.
DI MAIO E LA MANINA
Il leghista Giancarlo Giorgetti è tra i pochi che ne sembrano consapevoli. Ieri ha avvisato che se lo spread toccherà quota 400 si deprezzerà il patrimonio che le banche italiane detengono sotto forma di titoli del Tesoro e servirà quindi una dolorosa ricapitalizzazione: «Dovremo intervenire senza indugio, perdere tempo provoca solo ulteriori danni». E chissà in quali tasche Giggino e compagni andranno a prendere i soldi per salvare gli istituti di credito (suggerimento: a pagare saranno gli stessi che hanno staccato l' assegno per Alitalia).
draghi merkel DRAGHI TRIA