Francesco Semprini per “la Stampa”
Asad Ahmed Durrani
«Sapevamo che i taleban sarebbero entrati velocemente a Kabul, da parte del Pakistan non vi sarà nessun ostruzionismo. Le masse saranno felici con i taleban alla guida dell'Afghanistan. A preoccuparsi sono per lo più i corrotti e le classi privilegiate che saranno private del loro bottino e della loro influenza per sfruttare i poveri». A parlare è il generale Asad Ahmed Durrani già direttore dell'Inter-Services Intelligence (Isi) i servizi segreti pachistani, ed ex direttore dell'intelligence militare dell'esercito di Islamabad.
talebani afghanistan
Cosa pensa della situazione in Afghanistan?
«Ci aspettavamo che accadesse e anche in tempi rapidi. Il progetto Afghanistan così come era stato concepito dagli americani e dalla Nato era fallito da molti anni. Quello che è accaduto può essere considerato una lezione che rimarrà scritta nei libri di storia. L'unica cosa che può sorprendere è il modo in cui i taleban sono riusciti a ottenere il controllo del Paese, ovvero minimizzando gli sforzi».
Lo ritiene un successo?
talebani con armi usa 9
«Bisogna apprezzare l'azione militare, anche contando che i taleban non hanno aviazione, così come l'azione diplomatica intesa come capacità di coinvolgimento della popolazione che ha permesso una penetrazione più agile in molte aree».
È contento della nascita del nuovo Emirato islamico?
«Le masse saranno felici con i taleban alla guida dell'Afghanistan. A preoccuparsi sono per lo più i corrotti e le classi privilegiate che saranno private del loro bottino e della loro influenza per sfruttare i poveri».
Asad Ahmed Durrani
Non teme che vi siano ricadute in Pakistan?
«I taleban non intendono influenzare la politica o l'ideologia in Pakistan. Ma dipende interamente da noi se vogliamo mutuare aspetti del loro modello vincente».
Quindi da parte del Pakistan massima disponibilità?
«Non ci sarà nessun atteggiamento ostile, nessuna azione di ostruzionismo a meno che non diventino complici di azioni ostili commesse da qualcun altro. In questo senso è ovvio che il Pakistan prenderà le distanze come è successo dopo l'11 settembre. Motivo per il quale siamo diventati un bersaglio dei taleban stessi anche all'interno del Paese con quel movimento di protesta che è poi sfociati qualche anno dopo nel Tehrik-i-Taliban Pakistan (Ttp). Detto questo da parte del Pakistan non può esserci contrasto per un movimento che ha l'appoggio della popolazione e che ha messo fine all'invasione di truppe straniere».
talebani con armi usa 8
Molti riferiscono che sul terreno c'erano anche combattenti pachistani, c'è stato un appoggio nell'offensiva?
«Può essere accaduto anche se non ne sono a conoscenza ma il fatto che ci siano volontari da altri Paesi che combattono una guerra non è una novità. Volontari pachistani sono andati a combattere in diverse guerre, è accaduto in Cecenia, in Bosnia, e ultimo in ordine di tempo in Azerbaijan. Non ritengo che ci sia stato di più, se fossi un taleban non vorrei prendere comandi da un pachistano per combattere una guerra in un territorio che conoscono bene».
Si parla di legami tra ambienti dell'Isi e i taleban, può confermarlo?
AFGHANISTAN - TALEBANI
«Qualche volta gli interessi possono coincidere, ad esempio quando c'è stata l'invasione sovietica. Il lavoro dell'intelligence è tenere i contatti aperti con tutti, anche col diavolo. Ancora di più con un movimento che era chiaro avrebbe prevalso».
Cosa pensa delle promesse di fermare il traffico della droga e di non ospitare formazioni terroristiche e di amnistiare gli avversari politici?
«Penso che sia il messaggio giusto, anche Nelson Mandela da presidente ha impedito ogni ritorsioni nei confronti dei suoi stessi nemici. Ed è la strada che i taleban devono percorrere per dimostrare di essere diversi rispetto a quelli di venti anni fa, e per dimostrare di essere una leadership capace di governare tutto il Paese e che è in grado fare business con il resto del mondo». -
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