Alessandro Fullon per www.corriere.it
IGOR VACLAVIC
Romagnolo, 38 anni, una bimba e una compagna. Schietto, l’aria da ribaldo (che lo rende piuttosto simpatico) nato e cresciuto da queste parti, tra piadine, sangiovese, risse, coltelli e burrasche, nelle vicinanze di Lugo. Un inciampo con la legge che lo ha portato in carcere per rapina. Cinque anni e tre mesi. Poi la convinzione - che sembra davvero una certezza - di essersi finalmente incamminato lungo una via più retta. Del suo passato Mirko (non è il suo vero nome) si limita dire: «Ho accompagnato uno a fare quel colpo. Poi hanno acchiappato me».
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E ancora: dentro «non me la sono cantata, non ho fatto il nome di nessuno», rivendica orgoglioso nel corso di una chiacchierata al telefono. Nel carcere di Ferrara Mirko ha condiviso la cella - «esattamente per quattro anni e tre mesi» - con Igor Vaclavic il russo, alias Norbert Ezechiele Feher, il killer ricercato per gli omicidi del barista Davide Fabbri, ammazzato la sera del 1° aprile a Riccardina di Budrio durante un tentativo di rapina, e della guardia ecologica volontaria Valerio Verri, assassinato una settimana dopo nella zona di Portomaggiore mentre era impegnato con un collega della polizia provinciale in un servizio anti-bracconaggio.
Dunque Mirko, partiamo dall’inizio: ma qual è il vero nome dell’uomo in fuga oramai da diciassette giorni? «Nel suo cartellino identificativo c’era marchiata questa identità: Igor Vaclavic, nato in Russia il 21 febbraio 1977. Non credo avesse ragione di mentirmi, non ce n’era bisogno».
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PARLA CINESE E SERBO PERFETTAMENTE
Come succede nelle carceri, certe conoscenze ti segnano. Mirko ammette subito: «Igor è uno fuori dal comune, uno davvero particolare, conosce bene le lingue, sicuramente il cinese e il serbo. È in forma fisica perfetta: in cella era capace di fare cinquemila addominali ogni giorno, salvo la domenica perché andava a messa. Cominciava puntuale alle sette e se si stancava ci chiedeva di legargli le gambe al letto per obbligarlo a continuare con le flessioni».
Il mese scorso Igor ha contattato Mirko, forse si sono visti o forse no. Su questo Mirko non vuole raccontare molto perché quel che è davvero successo lo ha rivelato unicamente ai carabinieri del Ros. Che sulle prime sono arrivati a casa sua, oramai una decina di giorni fa, con il passo del blitz. Gli investigatori avevano ipotizzato inizialmente che Mirko avesse in qualche modo dato assistenza logistica al suo ex compagno di cella.
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Il romagnolo è però riuscito a dimostrare con testimonianze e riscontri che lui non c’entrava niente con quegli aiuti forse forniti da qualcun altro, resta la convinzione degli investigatori che in queste ore stanno scandagliando altri legami tra il ninija russo e le sue ex. Resta il tentativo di contatto indirizzato da Igor Vaclavic probabilmente da Valencia dove deve avere soggiornato per motivi da chiarire, tanto che sul profilo Facebook del ricercato compaiono delle frasi in automatico in spagnolo.
EZECHIELE, COME I VERSETTI DI PULP FICTION
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Da Valencia «Igor il russo» è approdato in Italia. E poi in Romagna, nei luoghi «suoi», quelli delle rapine efferate, quelli che poi ha insanguinato. Mirko ricorda che il russo raccontava di essere un soldato dei reparti speciali siberiani - usa questo termine - impiegato nelle ricerche dei latitanti e in missioni pericolose nella steppa. Chissà, forse uno spietznaz, un commando addestratissimo.
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«Non è mai entrato nei dettagli, so solo che a un certo momento dice di avere disertato, non ha mai voluto spiegare il perché. Sosteneva di avere cancellato con il coltello il numero di matricola che aveva tatuato sulla caviglia interna sinistra dove aveva in effetti una cicatrice». Avrebbe lasciato in Russia una compagna e una figlia. Che sia pericoloso è fuor di dubbio: «Diceva che con il coltello avrebbe potuto scuoiare vivo un uomo».
Ma gli alias successivi? «A un certo momento si convertì, da cristiano ortodosso divenne cattolico. Lo cresimò il parroco del carcere. Ricordo che passammo un mese a cercare un nome, ne voleva uno religioso: e scelse quelli di Ezechiele Norbert. Curioso, ci ho pensato dopo, rivedendo Pulp Fiction: Ezechiele era il profeta delle citazioni bibliche di fantasia nelle uccisioni del killer». Per gli esegeti di Tarantino, la frese in questione era esattamente questa: «Il cammino dell’uomo timorato è minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi...».
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«I VERI UOMINI USANO LAME O ARCO E FRECCE»
Quanto alle abitudini di «Igor il russo», Mirko ricorda la sua predilezione per «documentari e soprattutto cartoni animati. In cella non potevamo vedere nient’altro. Spiegava che era una specie di rivalsa nei confronti del padre che da bambino gli proibiva di vedere i cartoni».
Le lingue le parlava davvero bene: «Prendeva appunti in ideogrammi per evitare che leggessimo e poi traduceva a un detenuto cinese analfabeta le lettere della moglie». Ma gli omicidi? «Diceva di aver fatto rapine ma di non aver ammazzato nessuno. Sosteneva che i veri uomini usino lame o arco e frecce. Ed è stato arrestato proprio per le rapine con l’arco. In carcere era la persona più tranquilla del mondo. Vuol sapere una cosa? Avessi dovuto affidargli mia figlia per qualunque necessità, lo avrei fatto senza indugi».
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