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    MENO CALCIATORI FIGHETTI E PIU' IKER CASILLAS – L’EX PORTIERE DI REAL MADRID E SPAGNA SI È RIMBOCCATO I CALZETTONI ED E' ANDATO A NAVALCRUZ AD AIUTARE A COMBATTERE GLI INCENDI, DOVE 12 MILA ETTARI DI FORESTA SONO ANDATI IN CENERE: “CON DUREZZA DAVANTI ALLE FIAMME. SENZA ALCUN TIMORE DI AIUTARE E COLLABORARE CON LE PERSONE. MI CONSIDERO UNO DI VOI, NONOSTANTE NON SIA NATO QUI”


     
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    Andrea Pasqualetto per il “Corriere della Sera”

     

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    Quando le fiamme hanno minacciato Navalacruz, Iker Casillas ha deciso di scendere in campo. Non al Bernabeu, dove ha battuto ogni record fra i pali del Real Madrid, ma nei boschi della sierra che ha nel cuore. Navalacruz è il paesello, è la sua infanzia, la famiglia, le radici. Lo chiamano el pueblo e il suo si trova fra le dolci colline di Avila, a Nord Ovest della capitale. È andato lì, in questi roventi giorni d'agosto, l'ex portierone dei blancos, oggi quarantenne con un futuro dalle parti della Federcalcio spagnola. 

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    I guanti, per una volta, erano quelli da pompiere perché bisognava parare una sola cosa in quell'inferno: il fuoco. Volontari, vigili, motoseghe e tanta acqua contro i mille roghi. Le dimensioni del dramma sono presto dette: 12 mila ettari di foresta andati in cenere, cioè 17 mila campi da calcio, ma secondo il satellite potrebbero essere 23 mila. 

     

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    Alla fine, dopo la battaglia, le parole di San Iker, come lo chiamano, sono quelle di chi ama la sua gente: «Con durezza davanti alle fiamme! Senza alcun timore di aiutare e collaborare con le persone! Enormi quelli che ne sapevano di più e che hanno guidato quelli di noi che non sapevano come prendere in mano una zappa! È per queste cose che ci si sente orgogliosi! Siete delle brave persone, amici di Navalacruz! Che dico amici! Famiglia!». 

     

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    Il legame di Casillas con il posto è molto stretto. «Mi considero uno di voi, nonostante non sia nato qui», ha ringraziato. Sentimenti corrisposti da molto tempo. Nel 2010, l'anno dei Mondiali in Sudafrica vinti dalla Spagna con lui capitano, l'amministrazione comunale l'ha fatto cittadino onorario e perché non ci fossero dubbi sull'ammirazione ha tirato su una statua al centro del paese, un monolite di pietra con palla, calzoncini e guanti: lui, Iker Casillas Fernandez da Mostoles, detto el Santo per via dei miracoli calcistici.

     

    CASILLAS DECIMA CASILLAS DECIMA

    I numeri parlano chiaro: 1.119 partite giocate, record di presenze in Champions League (181), cinque volte portiere dell'anno, un Mondiale e due Europei vinti, più naturalmente le perle pregiate dei 19 titoli messi in bacheca nei 16 anni di Real. È il Buffon iberico, che è dovuto uscire di scena due anni fa perché un infarto lo stava mandando al creatore. Era il maggio del 2019, Casillas si è piegato a terra durante l'allenamento con il Porto, l'ultima sua squadra. 

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    Un momento che lui ricorda così: «Cercavo di prendere aria ma mi mancava il respiro, come essere sul fondo di una piscina profonda due metri e non riuscire a risalire». Ospedale,dottori, cure. «All'inizio avevo paura anche solo a muovermi». I problemi al cuore hanno naturalmente segnato lo spartiacque della sua vita. Addio calcio, addio sport. Il percorso glorioso del mito si era fermato quel giorno, sull'erba di Porto. 

     

    CASILLAS CARBONERO CASILLAS CARBONERO

    Sua moglie, la giornalista di Mediaset España Sara Carbonero, che tutti ricorderanno per il bacio in diretta tivù improvvisato da Casillas dopo la vittoria al mondiale contro l'Olanda, un beso che ha fatto il giro del mondo, ha sospirato così: «La vita a volte ha un modo strano per ricordarci di festeggiare ogni battito». Tre settimane dopo è toccato a lei finire in sala operatoria per un tumore maligno. Anno nero, il 2019. 

     

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    «Non conta la meta ma il viaggio e chi ti accompagna. E posso dire, senza esitazione, che il percorso e la meta sono stati quelli che sognavo», aveva sdrammatizzato lui. Una storia, la loro, che sembrava una favola e aveva fatto sognare la Spagna. Si è invece chiusa lo scorso anno fra il dispiacere di tutti. 

     

    Ma in questi giorni difficili entrambi sono voluti tornati fra i boschi dove fino a poco tempo fa hanno portato i loro figli, Lucas e Martin, 6 e 7 anni. «Grazie amici!», ha salutato lui. E la Sierra de Avila, incandescente, l'ha applaudito ancora una volta: gracias , San Iker.

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