Estratto dell'articolo di Claudio Antonelli per “La Verità”
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Una cosa è certa. Di privatizzazione la Rai proprio non si parla. Al contrario il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha abbracciato il concetto di trasfusione. Dal «basta canone in bolletta» all’idea progressiva di infilarlo nei nostri cellulari. […]
«Ci sono allo studio varie ipotesi di riforma del canone, che si differenziano anche in base all’orizzonte temporale», ha detto Giorgetti, nel corso dell’audizione in commissione di Vigilanza Rai sulla schema di contratto di servizio, aggiungendo che per «definire meglio le ipotesi di riforma e il perimetro del servizio pubblico è stato convocato uno specifico tavolo presso il Mef, in un’ottica di breve periodo». Semplificando, l’idea del Mef potrebbe essere quella di diluire gli interventi in almeno tre momenti.
GIANCARLO GIORGETTI
Garantendo l’attuale livello di finanziamento pubblico, ha precisato il ministro, «una delle ipotesi di riforma prevede lo scorporo dal canone della quota destinata agli investimenti sostenuti dalla Rai per ottimizzare la capacità trasmissiva. Tale quota, che ammonta a circa 300 milioni di euro all’anno, potrebbe essere posta a carico della fiscalità generale con un graduale calo del canone annuo».
[…] Considerando «un’ottica di ampio periodo», ha proseguito Giorgetti, si potrebbe valutare «la possibilità di legare il pagamento del canone televisivo al possesso di uno smartphone, in considerazione delle nuovo modalità di fruizione dei contenuti della Rai». E - aggiungiamo noi - di tutti i broadcast operanti sul mercato.
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Per la riforma del canone, ha aggiunto, «ci si deve interrogare sul presupposto dell’imposta, che attualmente è legato al possesso di un apparecchio televisivo in presenza di un contratto di energia. Ma le nuove modalità di trasmissione e di sviluppo di piattaforme multimediali come Raiplay consentono di accedere ai contenuti della Rai utilizzando diversi device, come smartphone e tablet. Qualora quindi il presupposto dell’imposta dovesse essere il possesso di una utenza telefonica mobile, l’ampliamento della platea comporterebbe la riduzione del canone pro capite».
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Elementare, Watson! D’altronde il ministro per rafforzare la propria tesi ricorda: «Basti pensare che oggi il canone risulta pagato da 21 milioni di soggetti mentre le utenze telefoniche attive sono circa 107 milioni».
Certo. Peccato che gli italiani maggiorenni sono poco più di 48 milioni significa che ciascuno ha 2,2 sim attive a testa. Spesso in molte famiglie ci sono anche 5/6 sim attive. Ne consegue che sarà facile ridurre il prelievo sul singolo, ma è forte il rischio che sul nucleo familiare ci sia un aggravio maggiore.
[…] Lo Stato ha capito che tramite la tecnologia può controllare i cittadini. Ovviamente lo fa secondo il criterio della lotta all’evasione. Criterio sulla carta sacrosanto. Ma nella pratica pericolosissimo. Il cittadino da un lato non potrà più evadere (vedi il canone tv), ma non potrà più sottrarsi alle decisioni unilaterali.
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Perché imporre l’obbligo di tv pubblica prelevando alla fonte tramite sim? A quel punto i cittadini vorrebbero essere liberi. Vorrebbero poter scegliere tra pagare il contenuto, il cosiddetto paywall, oppure non cliccare e non guardare la Rai. Se chi governa comincia a scoprire quanto sia facile usare la tecnologia per imporre tasse e balzelli rischiamo di rimpiangere gli anni in cui i complottisti temevano le big tech della Silicon Valley. [...]
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