Francesco Rigatelli per “la Stampa”
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Alberto Mantovani, immunologo di fama internazionale, direttore scientifico di Humanitas e presidente di Fondazione Humanitas per la ricerca, interviene oggi alle 17,30 al Centro congressi Santo Volto di Torino sulla pandemia, di cui è uno dei più autorevoli studiosi.
Professore, la guerra ha relativizzato il Covid. È venuto il momento di nuove regole e abitudini?
«La mia risposta arriva dalle letture di questi anni: "Avanti, Pedro, con giudizio". Manzoni lo fa dire a Ferrer quando si rivolge al cocchiere che si fa largo tra il popolo in tumulto per la carestia e la peste. Come tutti anch' io sono stufo di portare la mascherina, ma continuerò a farlo al chiuso e negli assembramenti. È diventato buon senso comune e lo raccomando soprattutto agli over 80 e a chi ha patologie particolari.
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Grazie a vaccini, farmaci e test andiamo verso una nuova normalità, che non vuol dire però deresponsabilizzarci. Fino a qualche anno fa guardavamo con sufficienza gli orientali che in aereo portavano la mascherina, mentre ora ci rendiamo conto che sui mezzi pubblici e in altre occasioni affollate sia diventata una buona abitudine».
Basterà la raccomandazione o sarebbe meglio prorogare l'obbligo?
«Si tratta di una scelta politica, e come per la campagna vaccinale non può basarsi su precedenti storici: non esiste una ricetta nota. In Regno Unito hanno abbassato troppo la guardia, mentre la strada italiana di prudenza e gradualità risulta convincente.
Si può togliere l'obbligo, ma con una raccomandazione molto forte nei confronti delle persone anziane e fragili, e ricordando che ognuno di noi ne frequenta».
Anche il Green Pass si può togliere?
«Non sono un epidemiologo e rispetto l'idea di toglierlo, ma ci sono affezionato e mi piace farlo controllare anche quando non me lo chiedono».
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Qualcuno ha parlato di un'evasione fiscale dei non vaccinati che la farebbero franca
«È una valutazione politica, posso dire che lo trovo utile, anche nella versione rafforzata. E se verrà tolto ne sentirò la mancanza».
Senza Green Pass nei locali i vaccinati si ritroveranno a contatto con i non vaccinati?
«È uno dei motivi per cui la sua funzione di tutela non è superata, anche se i vaccinati con tre dosi o i guariti con due dosi sono tuttora molto protetti verso la malattia grave.
Certo, preferirei evitare pure le infezioni leggere».
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Per alcuni il contagio con le varianti attuali sarebbe inevitabile e tanto varrebbe contagiarci tutti dato che sarebbero meno patogeniche
«Non bisogna dimenticare che i problemi che il virus causa sono una funzione delle sue caratteristiche intrinseche e della protezione data dalle vaccinazioni. Le varianti attuali risultano meno patogeniche, ma anche più contagiose e la somma finale senza protezioni e vaccini potrebbe essere grave come un tempo. Senza contare le preoccupazioni rilevanti del long Covid».
Quali sono a oggi?
«A 12 mesi il 10 per cento dei guariti soffre di effetti cardiovascolari, aumento di aritmie, depressione, annebbiamento e stanchezza. Sintomi da indagare che dipendono da quanto il virus sia circolato nel soggetto, dall'attivazione di virus endogeni e da risposte autoimmuni. Il long Covid colpisce anche i giovani e i paucisintomatici».
La terza dose quanto e per quanto protegge dalle varianti attuali?
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«Le varianti attuali vengono riconosciute dagli anticorpi o dai linfociti T dati dalla terza dose, che protegge bene dalla malattia grave. Questa risposta anticorpale però scende nel tempo e non sappiamo quanto la memoria immunitaria duri. Per questo probabilmente servirà una quarta dose a sei mesi dalla terza».
Una quarta dose per tutti?
«Sì, in autunno probabilmente occorrerà una nuova campagna per un richiamo generalizzato, oltre che per gli over 80, i fragili e ovviamente i non vaccinati. La speranza è che per allora si possa avere un vaccino aggiornato, più efficace sia verso la malattia sia verso il contagio, e che venga somministrato insieme all'antinfluenzale. L'influenza può diventare molto rischiosa se si somma al Covid. Il sogno vero sarebbe un vaccino che prevedesse pure le varianti future. Dico sogno, perché è stato coltivato a lungo per l'influenza senza successo».
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Intanto la quarta dose viene proposta agli over 80, giusto così?
«Una soluzione saggia, anche se ci sono pochi dati. Sulla sicurezza e sull'utilità a breve tempo non ci sono dubbi. Anche se uno studio di Vax4frail, consorzio che raggruppa 13 istituti di ricerca italiani, dimostra che tra anziani e fragili c'è grande variabilità di risposta alla quarta dose. Detto questo, nulla di strano: già per altri vaccini si ripetono le dosi ai soggetti che non rispondono bene».
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Le varianti di Omicron suggeriscono qualcosa sull'andamento del virus?
«Non sono un virologo, ma credo che nessuno possa prevedere le varianti che emergeranno. L'unica sicurezza è che più il virus corre più muta. Per la Banca mondiale nei Paesi ad alto reddito sono state somministrate 180 dosi per 100 abitanti, mentre in quelli a basso reddito non si arriva a 20. Finché non si risolverà questo problema correremo il rischio di nuove varianti».
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Che idea si è fatto dell'origine del Sars-Cov-2?
«Ancora una volta non sono un virologo. Di recente però sono usciti tre studi, due occidentali e uno cinese, concordi sul fatto che il virus sia partito dal mercato di Wuhan, dopo un salto di specie da un pipistrello a un qualche animale intermedio e quindi all'uomo. È l'ipotesi più convincente, anche perché è già successo e potrebbe riaccadere. Se però dovessi indicare un rischio imminente, dopo la pandemia, è la resistenza agli antibiotici: in Occidente ne facciamo un uso inappropriato, frequente, con posologia sbagliata, anche negli animali, e così quando ci servono possono risultare inefficaci. Senza accorgercene stiamo selezionando pericolosi batteri resistenti come la Klebsiella pneumoniae Kpc».
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