LA SCRIVANIA DI MUSSOLINI
Filippo Ceccarelli per “il Venerdì - la Repubblica”
A proposito di feticci, talismani e altri oggetti mitici e sacrali di pronto e utile consumo, tra magia e antropologia prende il via la mania della scrivania. E quella di Mussolini a Palazzo Chigi batte tutte le altre. Con la distaccata civetteria che gli suggerivano il suo ufficio, il suo passato comunista e la particolare platea, il ministro Minniti ha rivelato ai giovani "patrioti" di Fratelli d' Italia che alla fine degli anni 90, da sottosegretario nel governo D' Alema, gli fu assegnato il tavolo di lavoro del duce.
MINNITI
Mussolini, che nell' immaginario resta a Palazzo Venezia (scrivania cinquecentesca di noce, alle spalle quadro di Balla con lui e i gerarchi a piazza del Popolo), in realtà negli anni 20 e 30 lavorò pure a Palazzo Chigi, allora ministero degli Esteri, nel grande Salone della Vittoria all' angolo tra il Corso e piazza Colonna, là dove si affaccia il balcone a loggetta che D' Annunzio ribattezzò "la prua d' Italia" e su cui nel 1925 il socialista Tito Zaniboni, appostato con fucile da un palazzo di fronte, avrebbe voluto far secco il duce - ma lo beccarono prima.
Enzo Moavero Milanesi
E lo scrittoio continuò ad accumulare il suo potere d' incantesimo. Al netto della magnetica occhiataccia, l'antichità della foto qui sotto non celebra soltanto l' eccezionale durata della leggenda di Mussolini, ma dice anche come ciò che gli appartenne conserva in sé una segreta e specialissima energia, una sorta di radioattività che rende diverso un mobile da tutti gli altri. Da informazioni frammentarie risulta che ai tempi di D'Alema (e Minniti) la scrivania fu fatta restaurare. Nel 2001 Berlusconi la schifò esteticamente: «È buia in un angolo buio».
Se la prese, non senza qualche lezioso frizzo, il sottosegretario portavoce Bonaiuti. Nell'autunno 2011, dopo la terza caduta del Cavaliere, l'ammaliante scrittoio toccò all'ignaro sottosegretario di Monti, Enzo Moavero, che una volta informato, lo rifiutò in nome dell'antifascismo e per motivi di spazio.
tremonti
Nel frattempo era partita una sarabanda di identificazioni, violazioni, nascondimenti di scrivanie postume. Per cui il leghista Maroni si fece fotografare con i piedoni sopra quella di De Gasperi al Viminale; al Tesoro Tremonti reclamò quella di Quintino Sella; mentre lo scrittoio di Togliatti alla Giustizia, di modesto legno e controversa attribuzione, al momento di andarsene il ministro Diliberto, che l'aveva scovata con orgoglio, la fece precauzionalmente occultare, per quanto in seguito la ministra Severino la rivolesse con sé.
PAOLO BONAIUTI
Filippo Ceccarelli e Alessandro Campi
Un possente, ma discutibile carico magico finì per assumere la scrivania in ciliegio su cui da Vespa Berlusconi aveva firmato il contratto con gli italiani, tanto che l' antiquario Semenzato propose di metterla all' asta. Ma invano. Magari, se rivince, la rivuole pure.