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    L’INCUBO DI LETTA SI CHIAMA CONTE E IL SORPASSO DEL M5S - SI PROFILA UN DISASTRO PER IL PD, CHE RISCHIA DI FINIRE SOTTO IL 20% MENTRE I PENTASTELLATI SONO IN GRANDE RIMONTA - PER FERMARE L'ONDATA 5STELLE AL SUD, ENRICHETTO IN CAMPANIA RILANCIA IL SALARIO MINIMO - NEL MEZZOGIORNO LA SINISTRA, AGLI OCCHI DEGLI ELETTORI, È IMPERSONATA MEGLIO DA CONTE. DOPO IL VOTO COSA FARANNO I SINISTRATI DEM ORLANDO-BETTINI, SMANIOSI DI RICONGIUNGERSI A PEPPINIELLO APPULO?


     
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    OROSCOPONE DAGOSPIA

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    Carlo Bertini per la Stampa

     

    CONTE LETTA CONTE LETTA

    Enrico Letta divide il campo da gioco in due, «l'Italia e l'Europa sono a un bivio storico, gli elettori dovranno scegliere tra due visioni del mondo diametralmente opposte». Ma i suoi sparano anche su un terzo incomodo tra lui e la Meloni, Giuseppe Conte. C'è l'ala romana del Pd che lo bombarda, «Conte fa l'opposizione ma ha governato gli ultimi 4 anni», spara Andrea Casu. «Non è un progressista ma un populista moderato», lo graffia Roberto Morassut. «Votare Conte significa votare Meloni», dà una mano alla truppa Luigi Di Maio.

     

    Il motivo di tanta verve è semplice: nessuno può citare i sondaggi, che però roteano nelle chat. E su un sito molto informato come Dagospia, in serata gira un "oroscopone" denso di numeri, che fa tremare i palazzi. A destra hanno le loro preoccupazioni. E a sinistra, i dem temono una ripresa dei 5 Stelle tale da essere agguantati sul filo di lana. Con un paradosso: la polarizzazione destra contro sinistra inseguita da Letta funziona, ma al Sud la sinistra, agli occhi degli elettori, è impersonata meglio da Conte.

     

    GIUSEPPE CONTE ENRICO LETTA GIUSEPPE CONTE ENRICO LETTA

    Premessa: si parla di scenari e di paure di chi si cimenta con una battaglia in salita. La prima: se i dem dovessero scendere sotto il 20 per cento «sarebbe un disastro», ammettono i dirigenti di ogni corrente. Confortati però da una sensazione diffusa che «nell'ultima settimana le cose sono migliorate», ammette l'ex presidente Matteo Orfini, che si è fatto in auto 4 mila chilometri nel basso Lazio dal 1 settembre a oggi. Anche Letta sbandiera che «si è scatenata la potenza del Pd sul territorio e c'è stato un cambio di passo».

     

    Ma se invece, oltre a una discesa sotto «la soglia di galleggiamento del 20%», vi fosse perfino un pareggio con i 5 Stelle, «sarebbe un doppio disastro», dice un ex renziano.

    Eccolo il fantasma che anima le conversazioni riservate del corpaccione dem che combatte per accaparrarsi un collegio. Consapevole che con un Pd sotto la soglia di galleggiamento del 20% in molti resterebbero appiedati, «perché un collegio diventa contendibile in base alla media nazionale del partito».

     

    Lo spiegano bene i toscani: in uno scenario sotto il 20%, Toscana ed Emilia Romagna darebbero al Pd solo 6 collegi uninominali e si andrebbe verso la previsione di YouTrend che assegnava al Pd in Italia 18 collegi su 221. Il fatto che ci si interroghi su questi numeri la dice lunga.

     

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    Così come che si dica che col Pd sotto il 20% Letta si dovrà dimettere subito, che la reggenza passerebbe a Irene Tinagli, vicesegretario vicaria, che dovrebbe anticipare il congresso, convocando le primarie.

     

    «E in questa situazione il primo candidato sarà Stefano Bonaccini», raccontano i più informati, svelando che potrebbero gareggiare, oltre a Peppe Provenzano, il sindaco di Firenze Dario Nardella ed Elly Schlein, la vicepresidente dell'Emilia Romagna, anch' essa data per papabile. Viceversa, con un Pd sopra il 20% ci sarebbe uno scenario ordinato, diverso, si arriverebbe a gennaio con le candidature per il congresso; ma con il rischio di un'implosione della sinistra se vincesse l'area riformista più vicina alle posizioni di Renzi. E di un ritorno allo schema Ds-Margherita. Ma questa sarebbe tutta un'altra storia.

     

    LETTA IN CAMPANIA

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    Conchita Sannino per la Repubblica

     

    «Lavoro e lotta alle disuguaglianze». Arriva, chissà se tardi, la sterzata verso Sud che amministratori e militanti stavano chiedendo da settimane. Enrico Letta lo spiega alla fine della sua densa due giorni in Campania: «Da domenica c'è stato un cambio di passo». Con Conte che avanza al Sud e oggi torna a Napoli, come reagiamo?, si chiedono i suoi. E quindi ventre a terra, quattro tappe ieri. E messaggi netti, dal segretario Pd.

     

    Sul reddito di cittadinanza: «da rafforzare e migliorare: perché dobbiamo dare risposte serie e concrete alla marginalità e povertà». Sul salario minimo: «Perché va contrastato in ogni modo il lavoro povero, i 4 milioni di lavoratori che hanno un'attività che li porta a guadagnare meno dei 9 euro all'ora», sottolinea.

    elly schlein giuseppe conte enrico letta elly schlein giuseppe conte enrico letta

     

    Pompei, Salerno, Caserta, e poi il comune della prima ferrovia italiana, Portici - chissà che non porti bene, in fondo qui è dove un sindaco dem, Enzo Cuomo, è stato rieletto col plebiscito dell'80 per cento.

     

    E dove il leader Pd schiera anche i ministri Dario Franceschini e Roberto Speranza, mentre la piccola sala dedica una calda sincera ovazione a Pier Luigi Bersani, specie quando alza la voce, «Ma la destra non è invincibile in 'sto Paese» (l'intera squadra non si è potuta esibire a Napoli, perché il ministro della Salute resta sgradito al governatore Vincenzo De Luca: che lunedì sera aveva organizzato l'evento dei mille con lo stesso Letta alla Stazione marittima, e lui dirigeva. Compresi gli otto pullman di fedelissimi scaricati da Salerno fino al porto di Napoli).

     

    giuseppe conte enrico letta giuseppe conte enrico letta

    «Questo è un giorno molto importante perché qui dimostriamo che il Mezzogiorno ce la fa», dice Letta in mattinata da Pompei. «Cultura e turismo sono fondamentali. Perché qui Dario (Franceschini, ndr) ci ha mostrato come si possono spendere al massimo 105 milioni di fondi europei e portare il Parco a 4 milioni di visitatori l'anno». È la volta di Salerno, dove a dargli l'assist c'è Piero De Luca, vice capogruppo dem alla Camera uscente e soprattutto figlio - candidato, nel listino - del governatore: torna l'impegno per un grande piano di assunzioni «300 mila giovani qualificati nella pubblica amministrazione». Letta blinda poi il Pnrr e l'impegno del 40 per cento di fondi al Sud.

     

    «Attenti, quando Meloni e Salvini dicono: rinegoziamo il piano, li c'è la fregatura più grossa, vogliono toccare la clausola destinata a colmare i divari », indica il leader Pd. E sul nodo dell'Autonomia differenziata: «Ho girato tutto il Veneto, solo uno pronuncia a ripetizione quella parola: Zaia. Io mi auguro non ci ritroveremo un Parlamento dove si consumi lo scontro tra curva nord e curva sud del Paese: sarebbe una pessima notizia per l'Italia, che ha bisogno invece di una forza nazionale che si intesta battaglie per l'uguaglianza».

    GIUSEPPE CONTE CON ENRICO LETTA GIUSEPPE CONTE CON ENRICO LETTA

     

    Il messaggio non è solo per i ricatti del Carroccio a Meloni - o si applica questo regionalismo o il governo non dura - ma anche per gli slogan con cui sta rimontando oltre le previsioni il M5S. Spinto anche dal commissario Francesco Boccia, ecco il punto su cui insiste Letta da 48 ore: «Voglio sia chiaro che la questione del Mezzogiorno ha per noi un interesse e un'importanza cruciale. Si gioca la più grande opportunità».

     

    Fare presto, ora correre, parole chiave per i nostri giovani e per i delusi della sinistra ne abbiamo usate poche, ti dice un big campano. L'altra sera, sul lungomare ovest di Napoli, alla festa dei 50 di una consigliera comunale dem, pare si incrociassero anche capannelli incentrati sul dopo-Letta. Ma dove eravamo al Sud, in campagna elettorale? Il segretario è corso ai ripari con tutto il quartier generale.

     

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    «In cinque giorni si decide la storia d'Italia, non solo i prossimi cinque anni», avverte a fine serata. E a Portici chiude con l'intramontabile mozione: «Sono con voi in questa lotta e sono orgoglioso di chiamarmi Enrico ».

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