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    A CHI GIRANO I MARÒ? L’INDIA NON CI STA A FARSI SFILARE I DUE FUCILIERI E ALLA DECISIONE DEL TRIBUNALE DELL’AJA REPLICA CON ARROGANZA: “LE CONDIZIONI DEL RILASCIO DI SALVATORE GIRONE LE FISSA LA CORTE SUPREMA INDIANA” - MA DELHI IN 4 ANNI NON HA NEANCHE STABILITO IL CAPO DI IMPUTAZIONE


     
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    Carlo Panella per “Libero Quotidiano”

    GIRONE LATORRE GIRONE LATORRE

     

    L'India risponde con tracotanza e arroganza alla secca sconfitta che ha incassato con la decisione del Tribunale Internazionale del Mare dell' Aja di ordinare il rientro in Italia del marò Salvatore Girone, tenuto in ostaggio da più di quattro anni da una giustizia indiana inqualificabile.

     

    Il punto di diritto sul quale il Tribunale dell' Aja si è pronunciato risponde in pieno alle richieste dell' Italia: dato che lo stesso Tribunale non ha ancora deliberato sulla questione di merito, se cioè il processo ai due marò italiani si debba tenere in Italia o in India, ma ha già sentenziato che questa questione sollevata dal governo italiano è legittima, e dato che i tempi della sentenza saranno lunghi, «per ragioni umanitarie» Salvatore Girone e Massimiliano Latorre possono attendere la sentenza in Italia.

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    Un débâcle per una giustizia indiana che nell' arco di 4 anni non ha neanche stabilito quali siano i capi di imputazione a cui i due marò dovrebbero rispondere. Ma, invece di accettare il verdetto, il governo indiano ha subito precisato che «Salvatore Girone non è stato rilasciato e che le condizioni della sua libertà provvisoria saranno fissate dalla Corte Suprema indiana».

     

    peschereccio maro st antony peschereccio maro st antony

    Dunque si profila un nuovo ricatto, esercitato da una Corte Suprema indiana che peraltro non ha nessun diritto di agire penalmente contro i due marò, proprio perché la legittimità di questa sua azione è sospesa sino alla sentenza di merito sulla giurisdizione italiana o indiana del Tribunale dell' Aja (questa è stata l' immediata e corretta interpretazione della Farnesina).

     

    Un ricatto che probabilmente si concretizzerà nella richiesta indiana, umiliante per l' Italia, di pagare una cauzione, oppure di firmare assicurazioni specifiche. Il tutto con l' aggiunta della offensiva postilla: «Il governo italiano ha mal interpretato la decisione del Tribunale dell' Aja». Un modo di agire che vìola non solo il diritto internazionale, ma anche le corrette relazioni tra due Paesi amici ed alleati, con vincoli di collaborazione e di commercio intensissimi e di lunga data.

     

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    Una posizione anticipata il 26 aprile dalla Corte Suprema indiana che aveva mandato un messaggio arrogante, sotto le ipocrite apparenze di una concessione umanitaria. Con una sentenza infatti, ha deliberato che Massimiliano Latorre (in convalescenza in Italia per una ischemia che lo ha colpito durante la detenzione in India) potrà restare in Italia sino al 30 settembre 2016. Un atto che poneva le premesse per il ricatto scattato ieri, perché ribadiva che, nonostante quanto stabilito dal Tribunale Internazionale dell' Aja, che ha sospeso sia la titolarità sul caso della giurisdizione indiana, quanto di quella italiana, l' India intende continuare a esercitarla e non demorde.

     

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    Il governo italiano, che ieri, con la nuova sentenza dell' Aja, ha conseguito una consistente vittoria politica e morale, si prepara quindi ad un ennesimo braccio di ferro con le autorità giudiziarie - e politiche - indiane ed è ben intenzionato a non concedere nulla ad una Corte Suprema di cui correttamente giudica «sospesa» la giurisdizione sul caso. Un intrico che rende ancora una volta evidente il carattere eminentemente politico e tutto rivolto al piano interno delle sue scelte, carattere che coinvolge - questo è il punto di vero scandalo - anche la più alta magistratura indiana.

     

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    La vicenda è infatti stata pesantemente - se non totalmente - condizionata dalla scena politica interna indiana sin dall' inizio infatti, dal 19 febbraio 2012, quando i due marò furono arbitrariamente arrestati nel porto indiano di Kochi, nello Stato del Kerala, con l' accusa di avere ucciso (fuori dalle acque internazionali dell' India) due pescatori indiani.

     

    A questo, si è poi sommata l' insipienza del governo Monti e poi del governo Letta che affidarono una mediazione diplomatica (inutile e dannosa, visto il contesto) all' ambasciatore Staffan de Mistura. Solo il 24 aprile 2014 il governo Renzi, appena insidiato, ha ritirato la mediazione di De Mistura e ha avviato le procedure per l' arbitrato internazionale che ha portato all' eccellente risultato di ieri.

     

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    Da parte indiana, prima la vicenda dei marò fu condizionata dalle elezioni nello Stato del Kerala in cuifurono arrestati; poi, da un nuovo governo indiano in cui era determinate il peso di Sonia Ghandi, che, nata ad Orbassano, temeva di essere accusata di essere filoitaliana; infine con l' ipernazionalismo indù del nuovo governo Modi. Un intrico che solo ora inizia a essere sbrogliato. Con una netta vittoria dell' Italia.

     

     

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