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    L’INDIFFERENZA UCCIDE – IL PICCOLO EVAN, UCCISO A BOTTE NEL SIRACUSANO DALLA MADRE E DAL SUO COMPAGNO, ERA FINITO TRE VOLTE IN OSPEDALE: SETTE MESI DI MALTRATTAMENTI E ANGHERIE CON FRATTURE, TUMEFAZIONI ALL'ANCA E AL GINOCCHIO E PERFINO “IL TAGLIO DI UNA PARTE DELL'ORECCHIO”, TRE REFERTI MEDICI CHE CERTIFICANO VIOLENZE INDICIBILI - È POSSIBILE CHE NESSUNO TRA MEDICI, CARABINIERI, POLIZIA E SERVIZI SOCIALI ABBIA FATTO QUALCOSA? L'ESPOSTO CHE IL PADRE AVEVA FATTO A GENOVA NON E' MAI ARRIVATO A SIRACUSA E...


     
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    1 - TRE RICOVERI E UNA DENUNCIA SMARRITA IL PICCOLO EVAN UCCISO DALL'INDIFFERENZA

    Fabio Albanese per “la Stampa”

     

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    La procura di Genova dice di avere spedito ai colleghi di Siracusa l'esposto del papà di Evan agli inizi di agosto. La procura di Siracusa assicura di non avere mai ricevuto nulla. I Servizi sociali di Rosolini avevano preso in carico la vicenda del bambino ma non avevano ancora inviato un rapporto. Per tre volte, il 27 maggio, il 12 giugno e il 6 luglio, Evan era finito in ospedale per lividi, bruciature e perfino per una frattura; in almeno una di queste occasioni l'ospedale Trigona di Noto aveva avvertito i Servizi sociali del comune di residenza del bimbo, Rosolini, ma le azioni conseguenti sono «oggetto di verifica», come dicono i pm.

     

    Nella triste e terribile storia di Evan Lo Piccolo, 21 mesi, morto lunedì scorso al suo arrivo all'ospedale Maggiore di Modica e per il quale la madre e il suo nuovo compagno sono in stato di fermo per i reati di maltrattamenti in famiglia e omicidio in concorso, ci sono molti tasselli ancora fuori posto: «Stiamo facendo accertamenti su tutti i profili possibili», dice il procuratore di Siracusa Sabrina Gambino che, con l'aggiunto Fabio Scavone e la pm Donata Costa, guida l'inchiesta.

     

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    Dalla serie di punti ancora da chiarire emerge una sottovalutazione del rischio a cui il bimbo era esposto da quando la madre, Letizia Spatola, 23 anni, aveva iniziato una nuova relazione, quella con Salvatore Blanco, 32 anni. Da quel momento nella loro casa di edilizia popolare alla periferia di Rosolini, a sud di Siracusa, le botte erano una costante.

     

    Non solo al bambino ma anche alla madre, come lei stessa ha raccontato ai pm la notte in cui è stata fermata. Risparmiato solo l'altro suo figlio, 6 anni, avuto da una precedente relazione. Nessuno, almeno ufficialmente, sapeva. Lei, ogni volta che i nonni di Evan chiedevano perché il bambino aveva quei lividi addosso, diceva che era caduto, che aveva sbattuto su un mobile giocando, scuse con cui copriva il compagno, «temuto e del quale era succube» come hanno spiegato gli investigatori. La donna, seppure il fermo sia per gli stessi reati del compagno, è accusata di non «essersi attivata per impedire» all'uomo di picchiare il bambino.

     

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    Ma in quella casa, e ancora prima che il 6 agosto l'avvocato di Stefano Lo Piccolo consegnasse alla procura di Genova l'esposto e le foto di Evan con il volto tumefatto ricevute dalla nonna del bimbo, i servizi sociali del comune di Rosolini erano già entrati. Senza però che un allarme scattasse. «Avevano in carico il caso ma non dico altro per rispettare il segreto istruttorio, lasciamo fare il lavoro a chi lo deve fare», si arrocca il sindaco del paese, Pippo Incatasciato. Ai servizi sociali, che con il sindaco hanno avuto un confronto nelle ultime ore, dicono seccati «non possiamo parlare». E' evidente che in Comune ci sia imbarazzo per una vicenda che forse avrebbe potuto avere una diversa attenzione.

     

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    E poi c'è l'esposto presentato dal padre di Evan alla procura di Genova, finora mai arrivato a Siracusa: «Né qui né alla procura dei minorenni», precisa il procuratore Gambino che riferisce anche un particolare: «Genova ha iscritto l'esposto a modello K, cioè fatto non costituente reato» e sottolinea come si tratti di «un esposto generico». Nemmeno la nonna - che i lividi li aveva visti, fotografati e riferiti al figlio - «ha mai pensato di rivolgersi a noi o alla polizia». Da Genova confermano di «avere inviato le carte a Siracusa il 7 agosto».

     

    palazzo dove viveva la famiglia di evan a rosolini palazzo dove viveva la famiglia di evan a rosolini

    Dove siano, adesso, queste carte, è dunque un mistero. Ieri, nell'obitorio dell'ospedale Maggiore di Modica, il medico legale Maria Francesca Berlich ha compiuto l'autopsia sul cadavere del bimbo e ha accertato numerosi traumi al cranio. Il rapporto con le esatte cause del decesso dovrà essere depositato 60 giorni.

     

    2 - IL FEMORE ROTTO, L'ORECCHIO TAGLIATO QUELL'ORRORE DURATO SETTE MESI

    Tommaso Fregatti per “la Stampa”

     

    Sette mesi di maltrattamenti e angherie con fratture, tumefazioni all'anca e al ginocchio e perfino «il taglio di una parte dell'orecchio», tre referti medici che certificano violenze indicibili e la madre che «per due volte porta il suo bimbo bisognoso di cure al pronto soccorso di Noto e poi si allontana dall'ospedale». Di fatto abbandonandolo. Sono inquietanti le carte d'inchiesta sulla morte di Evan Giulio Lo Piccolo, il bambino di un anno ucciso a botte dalla madre Letizia Spatola e dal compagno Salvatore Blanco.

     

    ospedale di modica ospedale di modica

    Carte che, oltre a raccontare come il piccolo abbia vissuto un incubo lungo sette mesi, evidenziano come in molti (a cominciare dal personale sanitario che lo aveva avuto in cura) fossero a conoscenza di violenze e soprusi ma nulla abbiano fatto per impedire che i maltrattamenti continuassero. Il sostituto procuratore Donata Costa che coordina l'inchiesta nei capi d'imputazione, messi nero su bianco per eseguire l'autopsia, parla di «reiterate aggressioni fisiche» che madre e compagno avrebbero inferto al piccolo Evan. «Maltrattato più volte» Ma non solo.

     

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    Allega tre referti ospedalieri che potrebbero rilevarsi molto importanti per lo sviluppo dell'inchiesta. Il pm evidenzia come la mamma Letizia e il suo nuovo compagno «lo abbiano maltrattato provocandogli in più occasioni lesioni personali anche gravi». E in particolare viene citato il referto del 27 maggio 2020 quando il piccolo Evan arriva all'ospedale di Noto «con la frattura scomposta del femore destro, con tumefazioni all'anca e al ginocchio». Il 12 giugno, esattamente quindici giorni dopo, la madre riporta il piccolo in ospedale.

     

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    Perché Evan non è stato curato come si dovrebbe e le ferite si sono infettate. E però, invece, che stare vicino al suo piccolo di un anno - viene messo nero su bianco nel referto - la madre «si allontana volontariamente dal pronto soccorso». Una circostanza che si ripete nel terzo accesso in ospedale. Siamo al 6 giugno - due mesi e dieci giorni prima della morte del piccolo - e questa volta i medici gli diagnosticano «la frattura della clavicola sinistra». Ma annotano ancora una volta come la madre lasci il piccolo il ospedale «e si allontani volontariamente dallo stesso». E poi, non refertate ma documentate dalla Procura - tanto da essere inserite nel capo d'imputazione per maltrattamenti in famiglia in concorso, ci sono altre violenze choc.

     

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    Anche ustioni alle mani Tra queste «un'ustione alla mano destra, un taglio posteriore dell'orecchio, due tagli in regione frontale con copiosa fuoriuscita di sangue, una botta alla fronte, una ferita lacero contusa all'occhio destro e, da ultimo, un trauma cranico in conseguenza del quale il bambino decedeva». Nel capo d'imputazione il pm evidenzia come queste violenze non siano estemporanee come, invece, si era creduto in un primo momento.

     

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    Ma sono state «reiterate nel tempo». Il magistrato che coordina l'inchiesta ipotizza un inizio «a febbraio 2020» e una fine «il 17 agosto» quando il piccolo Evan muore. È possibile che in sette mesi nessuno tra medici, carabinieri, polizia e servizi sociali si sia accorto delle angherie che subiva il piccolo nonostante le segnalazioni di nonni e papà da Genova? «È incredibile - dice il padre Salvatore Lo Piccolo assistito dall'avvocato Federica Tartara - che mio figlio sia morto in questo modo. Vogliamo giustizia per quello che è successo». - 

     

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