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Gian Antonio Orighi per "La Stampa"
«Dispongo di ascoltare, come indagata, Doña Cristina Federica de Borbón y Grecia alle 10 del 27 aprile 2013». Con un'ordinanza di 18 pagine che ha choccato la Spagna, il gip Di Palma di Majorca, José Castro, ha coinvolto ieri nelle sue indagini preliminari la secondogenita del re Juan Carlos nel caso Urdangarin, il marito dell'Infanta che, dal 2004 al 2006, attraverso la Ong no profit Nóos, si è intascato 20 milioni di euro.
Come? Organizzando per istituzioni pubbliche e imprese private costosissimi convegni o conferenze su sport e turismo intascandosi spese iperboliche inventate. Una bomba atomica contro la monarchia, anche se il gip non ha ancora deciso se rinviare o no a giudizio la principessa per reati che potrebbero portarla in carcere.
à stato alle Olimpiadi di Atlanta nel 1996 che l'Infanta, nata nel 1965, ha conosciuto Inaki Urdangarin, 45 anni, ex giocatore di pallamano, che ha sposato l'anno dopo. Finora era considerata la figlia esemplare di Juan Carlos, con l'unica pecca di quel matrimonio, avversato in famiglia, come rivela il libro «Urdangarin, un faccendiere alla corte del re Juan Carlos»: madre devota di quattro figli, direttrice dell'area sociale della banca Caixa di Barcellona, dove vive, ambasciatrice di buona volontà dell'Onu, presidentessa d'onore della Commissione spagnola all'Unesco, grande appassionata di vela e di sci. Ma c'era un rovescio della medaglia, davvero poco regale e sconosciuto al grande pubblico.
Urdangarin rischia 20 anni di carcere per sei reati, tra cui malversazione di fondi pubblici, traffico di influenza, falso in documenti pubblici e privati. Sua moglie, stando al gip, è stata la «cooperatrice necessaria» al grande saccheggio. Il giudice che aveva in carico il caso, scoppiato nel novembre 2011, nel marzo 2012 aveva respinto l'imputazione. Ma alcune e-mail dell'ex socio di Urdangarin in Nóos, Torres, hanno riaperto il caso.
Benché l'ex giocatore di pallamano abbia cercato, nelle sue dichiarazioni come indagato, di scagionare la moglie, le e-mail provano che l'Infanta, membro del consiglio di amministrazione della Ong no profit e socia al 50% di Aizoon (su cui Urdangarin deviava i suoi ricavi illeciti), conosceva perfettamente e appoggiava i progetti del marito sin dal febbraio 2003, quando Nóos non esisteva ancora. Non solo. Scrive il giudice: «Doña Cristina e l'assessore reale delle Infante, GarcÃa Revenga, facevano valere la loro posizione per fingere che tutte le operazioni di Nóos avessero l'avallo del re».
Con i soldi di Aizoon Urdangarin comprò lo splendido palazzo di Barcellona dove vive con la famiglia (5,8 milioni di ⬠per l'acquisto e 3 milioni per la ristrutturazione». «Cristina godeva dei benefici ottenuti da Nóos - scrive il gip -. Il suo ruolo potrebbe essere definito come cooperazione necessaria, per cui deve presentarsi davanti a questo magistrato».
L'opposizione socialista, finora rimasta, come il governo popolare, molto in sordina, scarica il trono traballante: «La giustizia è uguale per tutti». Comunisti e repubblicani esultano pensando alla fine della monarchia.
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