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    GRAZIE, GRAZIOLI E GRAZIE ARCA' - L’INIZIO DELLA FINE DELL’EPOPEA SMUTANDATA DI PALAZZO GRAZIOLI RISALE AI PRIMI MESI DEL 2009 - GIANNI LETTA, A QUELL’EPOCA, ERA SOTTOSEGRETARIO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO CON DELEGA AI SERVIZI. IL SUO ORECCHIO INCAPPA IN UNA DELLE TANTE VOCINE INFORMATE SULLE SERATE PAZZE DI PALAZZO GRAZIOLI E SI ATTIVA...


     
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    1 - DAGOREPORT

     

    patrizia daddario patrizia daddario

    L’inizio della fine dell’epopea smutandata di Palazzo Grazioli risale ai primi mesi del 2009. Gianni Letta, eterna “eminenza azzurrina”, a quell’epoca era sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai Servizi. Il suo orecchio incappa in una delle tante vocine informate sulle serate pazze di Palazzo Grazioli.

     

    Quel che apprende - e che poi tutto il mondo verrà a scoprire - non lascia spazio a dubbi: la residenza del Cavaliere è un porto di mare di sgallettate, prostitute, personaggi pieni di ombre e iene in tacco 12 che scattano foto, girano video, conservano informazioni. Il rischio sputtanamento è altissimo.

    berlusconi letta berlusconi letta

     

    Quello di essere esposti a ricatti, idem. Allora Letta s’attiva: incontra Berlusconi, lo mette in guardia, tenta la carta della “moral suasion”. Sua Emittenza però ha l’antenna dritta: non riesce a chiudere il suo personalissimo parco giochi. Quell’andirivieni di bonazze compiacenti lo esalta. Il tentativo di Letta è un buco nell’acqua.

     

    Scatta allora il piano B: bloccare le chiamate in entrata a Palazzo Grazioli dai numeri di telefono delle signorine ospiti del Cav - a ogni fanciulla Silvio aveva dedicato un telefonino. Una mannaia sulle comunicazioni “eleganti” che, all’improvviso, innesca la valanga.

     

    Patrizia D’Addario, a differenza di altre beneficate dal Cav, in quel momento non è a Roma né Milano. E’ tornata a vivere in Puglia, dopo aver ricevuto da Berlusconi mille promesse di aiuto per un “progetto edilizio” che voleva realizzare.

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    Lo stop alle comunicazioni piomba sulla sua testa come un macigno. Si sente raggirata, è furiosa. Quando la rabbia prende il sopravvento scatta la vendetta.

     

    Contatta una giornalista del “Corriere del Mezzogiorno” dicendosi disposta a rivelare verità scottanti. L’odore dello scoop viaggia veloce fino a via Solferino, dove Fiorenza Sarzanini accalappia la storia e la srotola nell’intervista pubblicata il 17 giugno 2009, che qui ripubblichiamo...

     

    2 - «INCONTRI E CANDIDATURA. ECCO LA MIA VERITÀ». PATRIZIA D’ADDARIO IN LISTA ALLE COMUNALI

    Fiorenza Sarzanini per www.corriere.it - 17 giugno 2009 (ultima modifica: 16 luglio 2011 14:49)

     

    PATRIZIA DADDARIO IN OSPEDALE DOPO LA LITE CON BARBARA MONTEREALE PATRIZIA DADDARIO IN OSPEDALE DOPO LA LITE CON BARBARA MONTEREALE

    Patrizia D’Addario è candidata nelle liste di «La Puglia prima di tutto», schieramento inse­rito nel Popolo della Libertà alle ultime elezioni comunali a Bari. Ha partecipato alle prime settimane di campagna elettorale al fianco del ministro per i Rapporti con le Regioni Raffaele Fitto e degli altri politici in corsa per il Pdl.

     

    Ma adesso ha deciso di rinunciare perché vuole raccontare un’altra verità. La D’Addario ha cercato il Corriere e registriamo, con la massima cautela e il beneficio d’inventario, la sua versione, trattandosi di una candidata alle amministrative.

     

    «Mi hanno messo in lista — afferma — perché ho partecipato a due feste a palazzo Grazioli. Ho le prove di quello che dico e voglio raccontare che cosa è successo prima che decidessi di tirarmi indietro. Il mio nome è ancora lì, ma io non ci sono più».

     

    patrizia d addario patrizia d addario

    Cominciamo dall’inizio. Quando sarebbe andata a palazzo Grazioli?

    «La prima volta è stato a metà dello scorso ottobre».

     

    Chi l’ha invitata?

    «Un mio amico di Bari mi ha detto che voleva farmi parlare con una persona che conosceva, per partecipare a una cena che si sarebbe svolta a Roma. Io gli ho spiegato che per muovermi avrebbero dovuto pagarmi e ci siamo accordati per 2.000 euro. Allora mi ha presentato un certo Giampaolo».

     

    Qual era la proposta?

    «Avrei dovuto prendere un aereo per Roma e lì mi avrebbe aspettato un autista. Mi dissero subito che si trattava di una festa organizzata da Silvio Berlusconi ».

     

    E lei non ha pensato a uno scherzo?

    «Il mio amico è una persona di cui mi fido ciecamente. Ho capito che era vero quando mi hanno consegnato il biglietto dell’aereo».

     

    Quindi è partita?

    PATRIZIA DADDARIO E BERLU images PATRIZIA DADDARIO E BERLU images

    «Sì. Sono arrivata a Roma e sono andata in taxi in un albergo di via Margutta, come concordato. Un autista è venuto a prendermi e mi ha portato all’Hotel de Russie da Giampaolo. Con lui e altre due ragazze siamo entrati a palazzo Grazioli in una macchina con i vetri oscurati. Mi avevano detto che il mio nome era Alessia».

     

    E poi?

    «Siamo state portate in un grande salone e lì abbiamo trovato altre ragazze. Saranno state una ventina. Come antipasto c’erano pezzi di pizza e champagne. Dopo poco è arrivato Silvio Berlusconi».

     

    Lei lo aveva mai incontrato prima?

    PATRIZIA DADDARIO PATRIZIA DADDARIO

    «No, mai. Ha salutato tutte e poi si è fermato a parlare con me. Ho capito di averlo colpito perché mi ha chiesto che lavoro facessi e io gli ho parlato subito di un residence che voglio costruire su un terreno della mia famiglia. Ci ha mostrato i video del suo incontro con Bush, le foto delle sue ville, ha cantato e raccontato barzellette.

     

    Lei è tornata subito a Bari?

    «Era notte, quindi sono andata in albergo e Giampaolo mi ha detto che mi avrebbe dato soltanto mille euro perché non ero rimasta».

     

    C’è qualcuno che può confermare questa storia?

    PATRIZIA DADDARIO PATRIZIA DADDARIO

    «Io ho le prove».

     

    Che vuole dire?

    «Che quella non è stata l’unica volta. Sono tornata a palazzo Grazioli dopo un paio di settimane, esattamente la sera dell’elezione di Barack Obama».

     

    Vuol dire che la notte delle presidenziali degli Stati Uniti lei era con Berlusconi?

    «Sì. Nessuno potrà smentirmi. Ci sono i biglietti aerei. Anche quella volta sono stata in un albergo, il Valadier. Con me c’erano altre due ragazze. Una la conoscevo bene. È stato sempre Giampaolo a organizzare tutto».

     

    tarantini tarantini

     

    E che cosa è accaduto?

    «Con l’autista ci ha portato nella residenza del presidente, ma quella sera non c’erano altre ospiti. Abbiamo trovato un buffet di dolci e il solito pianista. Quando mi ha visto, Berlusconi si è ricordato subito del progetto edilizio che volevo realizzare. Poi mi ha chiesto di rimanere».

     

    Si rende conto che lei sostiene di aver trascorso una notte a palazzo Grazioli?

    «Ho le registrazioni dei due incontri».

     

    E come fa a dimostrare che siano reali?

    «Si sente la sua voce e poi c’erano molti testimoni, persone che non potranno negare di avermi vista».

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    Scusi, ma lei va agli incontri con il registratore?

    «In passato ho avuto problemi seri con un uomo e da allora quando vado a incontri importanti lo porto sempre con me».

     

    E lei vuol far credere che non è stata controllata prima di entrare nella residenza romana del premier?

    «È così, forse sono stata abile. Ma posso assicurare che è così».

     

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    E può anche provarlo?

     

    «Berlusconi mi ha telefonato la sera stessa, appe­na sono arrivata a Bari. E qualche giorno dopo Giampaolo mi ha invitata a tornare. Ma io ho rifiutato».

     

    A noi la sua versione sembra poco credibile...

    «Lo dicono i fatti. Berlusconi mi aveva promesso che avrebbe mandato due persone di sua fiducia a Bari per sbloccare la mia pratica. Non ha mantenuto i patti ed è da quel momento che non sono più voluta andare a Roma, nonostante i ripetuti inviti da par­te di Giampaolo. Loro sapevano che avevo le prove dei miei due precedenti viaggi».

     

    E non si rende conto che questo è un ricatto?

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    «Lei dice? Io posso dire che qualche giorno dopo Giampaolo ha voluto il mio curriculum perché mi disse che volevano candidarmi alle Europee».

     

    Però lei non era in quella lista?

    «Quando sono cominciate le polemiche sulle veline, il segretario di Giampaolo mi ha chiamata per dirmi che non era più possibile».

     

    Quindi la candidatura alle Comunali è stata un ripiego?

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    «A fine marzo mi ha cercato Tato Greco, il nipote di Matarrese che conosco da tanto tempo. Mi ha chiesto un incontro e mi ha proposto la lista 'La Puglia prima di tutto' di cui era capolista lo zio. Io ho accettato subito, ma pochi giorni dopo ho capito che forse avevo commesso un errore».

     

    Perché?

    «La mia casa è stata completamente svaligiata. Mi hanno portato via cd, computer, vestiti, biancheria intima. È stato un furto molto strano».

     

    Addirittura? Ma ha presentato denuncia?

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    «Certamente. Ma ho continuato la campagna elettorale. È andato tutto bene fino al giorno in cui Berlusconi è arrivato a Bari per la presentazione dei candidati del Pdl. Io lo aspettavo all’ingresso dell’Hotel Palace. Lui mi ha guardata, mi ha stretto la mano ed è entrato nella sala piena. Io ero in lista, quindi l’ho seguito. Ma all’ingresso della sala sono stata bloccata dagli uomini della sicurezza e del partito che mi hanno impedito di partecipare all’evento».

     

    È il motivo che adesso la spinge a raccontare questa storia?

    «No, avrei potuto continuare a fare campagna elettorale e trattare con loro nell’ombra. La racconto perché ho capito che mi hanno ingannata. Avevo chiesto soltanto un aiuto per un progetto al quale tengo molto e invece mi hanno usata».

     

     

    3 - L’ADDIO DI BERLUSCONI A PALAZZO GRAZIOLI, INCUBO DI FINI E DIMORA STORICA DELLA SECONDA REPUBBLICA

    Tommaso Labate per www.corriere.it

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    Da quello che anni dopo sarebbe diventato lo studio di Silvio Berlusconi – e che si sarebbe trasformato nel reparto di ostetricia per eccellenza della Seconda Repubblica, che ha visto nascere governi, alleanze politiche di ogni ordine e grado, trame nazionali e internazionali, nomine per le aziende di Stato, inchieste della magistratura, sceneggiature di film, in ordine rigorosamente sparso – il giorno di San Valentino del 1978, il figlio del proprietario di casa alza il telefono e chiede di farsi passare il settore “annunci pubblicitari” de «Il Tempo».

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    Davanti a sé, proprio sulla scrivania che poi sarebbe stata ereditata del Cavaliere, un foglietto di carta con una frase che l’uomo sta per dettare al telefono perché venga pubblicata sugli annunci del quotidiano romano. «Gambero rosso tutte le specialità marinare, pranzo a prezzo fisso, lire 1500».

     

    Gianpiero Tarantini e la nuova compagna Allegra Gianpiero Tarantini e la nuova compagna Allegra

    L’uomo si chiama Giulio Grazioli ed è il figlio del duca Massimiliano Grazioli Lante, che da poco più di tre mesi - per la precisione dal 7 novembre del 1977 - si trova nelle mani della Banda della Magliana. Non c’è nessun gambero, nessuna specialità marinara, nessun pranzo, dietro quel messaggio. C’è però un prezzo fisso, quello sì: un miliardo e mezzo di lire (lire 1500 voleva dire questo) che la famiglia pagherà per riavere il duca.

     

     

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    Che però, ma questo lo si sarebbe scoperto dopo, al momento in cui avviene la telefonata è già stato ucciso. Senza quel clamoroso fatto di cronaca, e l’incredibile scia di sangue a cui avrebbe dato origine, visto che il miliardo è mezzo della famiglia Grazioli furono il capitale sociale versato alla fondazione della Banda della Magliana, probabilmente la storia di quel Palazzo e Silvio Berlusconi non si sarebbero mai incrociati.

     

    barbara montereale palazzo grazioli barbara montereale palazzo grazioli

    Sarebbe stato proprio Giulio Grazioli a cedere in affitto il piano nobile dello stabile al presidente di Forza Italia, l’inventore della Seconda Repubblica che nel 1995 – qualche mese dopo il ribaltone che l’aveva estromesso da Palazzo Chigi – prende quindi dimora nel triangolo delle Bermude dell’amata-odiata Prima. Centosessanta metri dagli scheletri della dc di Piazza del Gesù, duecentoquaranta dai fantasmi dei comunisti di Botteghe Oscure, quattrocento dal luogo in cui le Br avevano fatto trovare il cadavere di Aldo Moro. Quando entra da affittuario nel piano nobile di Palazzo Grazioli, Berlusconi viene considerato un uomo politicamente finito. E invece da lì, nel giro di qualche anno, demolirà la bicamerale di Massimo D’Alema, riannoderà il fili dell’alleanza con Umberto Bossi, tornerà al governo nel 2001 e dopo ancora nel 2008.

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    Tutte tappe preparate nel corso di riunioni infinite, col tempo scandito dalle penne tricolori del cuoco Michele e dalle mozzarelle di bufala, con un angoletto destinato a fare da “magazzino” di cravatte e foulard griffati Marinella (oggi ha cambiato fornitore), omaggi per i gentili visitatori della casa. La decadenza dei selfie in bagno e le incursioni di Patrizia d’Addario sarebbero arrivati dopo, molto dopo. Come molto dopo, anno 2009, sarebbe arrivata la convivenza condominiale con la tv satellitare messa in piedi dall’associazione Red di Massimo D’Alema.

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    Anche la storica rimozione della fermata dell’autobus di fronte all’ingresso di via del Plebiscito sarebbe arrivata tardi, 26 dicembre 2009, motivata da un asettico comunicato dell’Atac, la municipalizzata del trasporto urbano capitolino: «Da questa mattina sarà soppressa in via del Plebiscito la fermata delle liee bus 30, 62, 63, 64… L’intervento ha l’obiettivo di fluidificare il traffico per ragioni di sicurezza, legate alla vicinanza della residenza del Presidente del Consiglio».

    BERLUSCONI E FINI BERLUSCONI E FINI

     

    Prima, inizio anni Duemila, Grazioli diventa l’incubo di Gianfranco Fini, all’epoca fumatore accanito, che sperimenta la ritrosia del padrone di casa nei confronti delle sigarette accese dentro casa. Rivelerà anni dopo l’ex presidente della Camera di essere piombato furibondo «a casa di Berlusconi in piena notte e di aver acceso una sigaretta; la cenere mi cadde sul tappeto e tutti gli altri, Berlusconi compreso, la fissavano terrorizzati, come se quello di cui parlavamo avesse meno importanza».

     

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    Non si contano gli addetti ai call center delle televendite di Mediaset che l’allora premier prendeva d’assalto quando di notte, insonne, si innamorava di un set di coltelli visto in tv e chiamava per comprarlo. «Lei è il signor? Dove li spediamo?». «Berlusconi Silvio, via del Plebiscito, Roma». E dall’altra parte del telefono, soprattutto le prime volte: «Ma cos’è, uno scherzo?».

     

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    L’inerme Palazzo Grazioli scrive anche capitoli decisivi della storia, come dire, più contemporanea. Il 3 agosto del 2013, quando riceve la notizia della condanna in via definitiva, Berlusconi si trova là dentro.

     

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    Sotto casa, il gruppetto di ultras noto alle cronache come «L’Esercito di Silvio» aspettava la sentenza trepidante. Leggendario l’errore in cui incorre lo sparuto gruppo di sostenitori, che ascolta alla radio la lettura del dispositivo della Cassazione e lo scambia per una sentenza di assoluzione.

     

    «Andate a festeggiare più in là», scandiscono i vigili. Da festeggiare c’era ben poco. Tempo qualche ora e Berlusconi si sarebbe affacciato a benedire la rabbia dei sostenitori di Forza Italia, che accorrono sotto Palazzo Grazioli chiedendo a gran voce l’uscita degli azzurri dal patto col Pd e quindi dal governo Letta.

     

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    Scena che si ripete dopo l’estate, quando il Senato vota la decadenza dell’ex premier e si innesca un meccanismo che porta all’arrivo di Matteo Renzi a Palazzo Chigi. Ora tutto si sposta più in là, sull’Appia antica, dove Berlusconi abiterà nella villa di Franco Zeffirelli acquistata vent’anni fa. Portandovi cravatte, foulard, coccarde di Forza Italia, gadget impolverati, bandiere, coltelli. E cappelli pieni di ricordi, come nella canzone di De Gregori.

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