Guido Santevecchi per corriere.it
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Si chiama Jin Xing, 53 anni. Da bambino fu arruolato come ballerino nella compagnia artistica dell’Esercito di liberazione popolare cinese. Aveva talento e un segreto: si sentiva una bambina costretta a recitare da maschio. La sua stella ha brillato anche all’estero, dagli Stati Uniti alla Corea, dall’Italia alla Francia, perché i corpi di ballo militari capaci di straordinarie esibizioni acrobatiche sono considerati un mezzo di propaganda e soft power a Pechino.
Per meriti artistici ottenne la promozione fino al grado di colonnello. Jin Xing spiccava tra gli artisti in divisa, ma soffriva: «Da teenager ho pensato anche di essere semplicemente omosessuale. Mi chiedevo: che posso fare? Dirlo? Uccidermi? Ho avuto la fortuna di trovarmi a New York, in un bar gay del Greenwich Village qualcuno tra nuovi amici finalmente mi disse: “Tu non sei omosessuale, sei solo una ragazza”. Allora ho deciso di trovare e mettere allo scoperto le mie radici di donna».
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Nel 1995, a 27 anni e al culmine della carriera di ballerino in uniforme, Jin Xing fu il primo cinese noto ad affrontare un intervento di cambiamento di sesso. L’operazione fu drammatica, durò sedici ore e lei restò per mesi paralizzata a una gamba. Pensò di nuovo al suicidio. Ma è passata.
Ha ripreso a ballare, ha aperto una sua scuola a Shanghai dove dicono che sia molto esigente e dura con gli allievi e le allieve, atteggiamento appreso con l’addestramento militare: sotto le armi lei (allora lui) aveva imparato a sparare, lanciare bombe a mano, piazzare cariche esplosive. Oggi, nelle innumerevoli interviste, ci ride su e dice: «Avevo un certo talento anche come sabotatore militare, avrei potuto fare la Bond girl».
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Jin Xing è diventata una celebre conduttrice di talk show. Soprannominata dai fan «Lingua avvelenata», perché quando un artista non la convince non si fa remore a criticarlo. Nel suo salotto tv è passato anche Brad Pitt per lanciare un film per il mercato cinese. È possibile che il suo stile di intervista diretto e abrasivo abbia dato fastidio a qualcuno che conta, perché nel 2017 il “Jin Xing Show” fu improvvisamente cancellato nonostante avesse 100 milioni di spettatori.
Al tempo lei diede la colpa a «gente piccola, gelosa del mio successo». Nonostante quell’incidente di percorso dai contorni opachi, la stampa del Partito non ha mai smesso di elogiarla: «Una vera donna coraggiosa» ha titolato a maggio il quotidiano comunista “Global Times” quando Dior l’ha scelta come volto di una campagna pubblicitaria e i giornali cinesi hanno nuovamente dato spazio alla sua storia.
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In realtà Jing Xing piace alla stampa cinese perché è piuttosto conservatrice, anche se nega: parla della maternità come necessità per il completamento di una donna, organizza spettacoli per l’incontro di anime gemelle e il matrimonio (in Cina le donne nubili oltre i 25 anni vengono brutalmente definite «sheng nu», che significa avanzi), si è sposata e ha adottato tre figli (e casualmente oggi il governo vorrebbe che ogni famiglia avesse tre figli, per combattere il calo demografico), dice che la Festa della donna è solo un’occasione commerciale.
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La stella transgender rifiuta di essere individuata come portabandiera dei diritti della comunità LGBT: «Il rispetto lo si conquista da soli, non si può chiedere che te lo dia la società». Il caso di Jin Xing conferma la difficoltà di comprendere società e politica della Cina: improvvisamente, a inizio luglio, l’Amministrazione del cyberspazio nazionale ha fatto cancellare da WeChat un milione di account e gruppi di dibattito di studenti universitari che si riconoscono nella comunità LGBT.
Però la star transgender resta popolare e la stampa segnala con orgoglio nazionalista la sua promozione ad ambasciatrice della fragranza “J’adore” di Dior. Comunque, Jin Xing respinge anche l’idea di aver raggiunto la celebrità per la sua identità transgender: «Non credete che con l’intervento chirurgico sia diventata incantevole, lo ero anche da ragazzo. Appiccicatemi l’etichetta che preferite, maschio, femmina, transgender: sono sempre una persona luminosa».
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