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    BOMBA O NON BOMBA – L'IRAN FA SAPERE CHE HA “LE CAPACITÀ TECNICHE PER COSTRUIRE UNA BOMBA ATOMICA, MA UN PROGRAMMA DEL GENERE NON RIENTRA NELLA NOSTRA AGENDA” – LA MINACCIA È ARRIVATA DALL'ESPERTO INCARICATO DI NEGOZIARE UN NUOVO ACCORDO SUL NUCLERE CON L'ONU – INTANTO SI AVVICINA IL PUNTO DI NON RITORNO: QUANDO TEHERAN ACCUMULERA' ABBASTANZA URANIO ARRICCHITO PER UN’ARMA NUCLEARE…


     
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    Roberto Bongiorni per “Il Sole 24 Ore”

     

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    «Come aveva già detto Mr Kharazi, l’Iran ha le capacità tecniche per costruire una bomba atomica, ma un programma del genere non rientra nella nostra agenda». Pur condita e ammorbidita dalle buone intenzioni di Teheran, la dichiarazione che terrorizza il mondo Occidentale, quella che tutti si auguravano di non sentire mai, e che Israele profetizzava da tempo, non è comunque una novità.

     

    Già due settimane fa, quando il presidente Joe Biden, in visita a Gerusalemme, aveva promesso che avrebbe impedito con ogni mezzo che l’Iran si dotasse di un’arma nucleare, la risposta di Teheran non si era fatta attendere.

     

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    Kamal Kharazi, capo del Consiglio strategico delle relazioni internazionali, aveva ribattuto: «In pochi giorni siamo stati in grado di arricchire l’uranio fino al 60% e possiamo facilmente produrre uranio arricchito al 90 per cento. L’Iran ha i mezzi tecnici per produrre una bomba nucleare ma non c’è stata alcuna decisione di costruirne una».

     

    Questa volta l’avvertimento arriva dalla persona più competente sul programma nucleare: Mohanmmad Eslam, l’uomo incaricato di negoziare la ripresa del Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa), l’accordo sul nucleare firmato nel luglio 2015 tra il gruppo 5+1 (Usa, Russia, Cina, Francia, Regno Unito e Germania).

     

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    Dopo tre anni, nel maggio del 2018, il presidente americano Donald Trump decise di abbandonare il Jcpoa ripristinando le sanzioni contro Teheran, per poi intensificarle. Le “sanzioni più dure di sempre” non hanno tuttavia sortito gli effetti desiderati. Il regime non è crollato, Teheran non ha accettato il nuovo accordo sul nucleare tanto voluto da Trump, molto più sfavorevole per l’Iran, l’economia non è crollata così come si attendevano i falchi della Casa Bianca. Pur vedendo le proprie esportazioni mutilate a causa dell’embargo, Teheran è comunque riuscita ad aggirare le sanzioni e vendere parte del greggio a prezzi scontati sul mercato nero.

     

    Ieri un’inchiesta del Wall Street Journal ha messo in luce una rete di società, pare guidate da businessman residente negli Emirati Arabi Uniti, sospettate di esportare illegalmente petrolio iraniano. Il greggio veniva scaricato in alto mare, nelle acque tra Iran e Iraq, e ricaricato su altre navi. Sui documenti, falsificati, il greggio non era più iraniano.

     

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    Iran ed Europa sono sempre stati determinati a rilanciare l’accordo del 2015. Da quando Joe Biden si è insediato alla Casa Bianca, lo sono anche gli Stati Uniti. I negoziati, ripresi lo scorso novembre dopo molti mesi di sospensione, sono stati interrotti nuovamente lo scorso marzo. Ieri, però, le autorità iraniane hanno reso noto che la loro ripresa, a Vienna, potrebbe essere imminente.

     

    Tra i punti cardine del precedente accordo vi erano proprio i limiti al processo di arricchimento del minerale di uranio, oltreché ai volumi massimi consentiti come scorte. L’Iran non avrebbe potuto arricchire l’uranio oltre il 3,67 per cento. La fase più lunga e complessa è arrivare al 20. Fase superta da tempo. Dal 20% al 60% richiederebbe comunque un sforzo. Dal 60 al 90%, livello che consente la costruzione di un ordigno atomico, la strada è in discesa (e più rapida).

     

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    Ora il mondo guarda con preoccupazione il punto di non ritorno, sempre più vicino. Ovvero il breakout-time, il tempo necessario per l’Iran ad accumulare abbastanza uranio altamente arricchito per un’arma nucleare. A giugno, Rafael Grossi direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), aveva parlato di poche settimane. Possedere abbastanza materiale non significa però essere capaci di fabbricare una bomba atomica. Nel rapporto Aiea di maggio, era indicata la quantità di uranio arricchito al 60% in mano all’Iran; 43,1 kg. Per un’arma nucleare sono necessari 25 kg, arricchiti al 90 per cento.

     

    Ma un conto è accumulare abbastanza materiale fissile, un altro è fabbricare un’arma atomica. Un altro ancora realizzare rampe di lancio e testate balistiche in grado di colpire obiettivi lontani. Per Usa ed Ue non c’è tempo da perdere. Anche perché se l’Iran arrivasse davvero a costruire un ordigno atomico, il Jpcoa, che era stato ideato proprio per impedirlo, non avrebbe più ragione di esistere.

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