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    “L'ITALIA NON È RAZZISTA”, PAROLA DI ‘FICONA’ MAY: "DA PARTE DEI TIFOSI ALLO STADIO TROPPI GLI INSULTI CONTRO I NERI, PERÒ IL PAESE SI È RIVELATO ACCOGLIENTE CON I MIGRANTI". E SULLO IUS SOLI… - "VENNI IN ITALIA PER AMORE, GLI INGLESI NON CREDETTERO IN ME – L’ATLETICA È IN DECLINO: UNA VOLTA ERAVAMO TRA I PRIMI IN EUROPA, ORA SIAMO SUPERATI ANCHE DA BELGIO E NORVEGIA" - LA VITTORIA A 'BALLANDO', i SUCCESSI DELLA FIGLIA LARISSA, IL TEATRO E L’ATTACCO A FARAGE: “CHI ATTACCA LA CASTA NON VEDE L'ORA DI DIVENTARE CASTA A SUA VOLTA, APPENA ARRIVATO AL GOVERNO…” - VIDEO


     
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    Antonello Piroso per la Verità

     

    È l' italiana salita più volte sul podio ai Mondiali di atletica. Titolare tuttora di altri due record nostrani: 7,11 metri nel salto in lungo, indoor 6,91. Solo che non è nata nel Belpaese, ma in Gran Bretagna. Da genitori giamaicani. E non è neppure bianca.

     

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    Che fa, Fiona May? Ride?

    Non è vero che lei è partita dalla perfida Albione per sbarcare nella nostra italica patria?

    «In effetti la mia storia nel mondo dello sport è iniziata da inglese, ma poi è continuata grazie all' Italia. Che mi ha dato l' opportunità di coltivare il mio sogno, e di diventare...Fiona May».

     

    E' in teatro a Roma con lo spettacolo Maratona di New York, in cui lei e Luisa Cattaneo vi sottoponete a una dura prova di recitazione: letteralmente correndo per l' intera durata della piece. Io però vorrei partire non dal traguardo, ma dal via. Dov' è nata, e quando?

    «Nel 1969 a Slough, sobborgo di Londra. Poco dopo la mia famiglia si trasferì più a Nord, a Derby. I miei genitori erano emigrati dalla Giamaica nel 1967. Per migliorare le proprie condizioni economiche, per quanto mio padre fosse un ingegnere e mia madre un' ostetrica».

     

    Sono stati loro a spingerla verso lo sport?

    «No. E non ci pensavo nemmeno io, ero più appassionata di danza, classica e moderna».

     

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    Adesso capisco come ha fatto a vincere Ballando con le stelle in tv nel 2007, tra l' altro con il record ancora ineguagliato di preferenze, l' 81%.

    «Esatto! Ma all' epoca successe che nello Sport Day, il giorno dedicato ogni anno alle gare tra studenti, vinsi tutte le competizioni, dalle 60 yard al salto in lungo. Così i professori dissero ai miei: "Fiona ha un futuro nell' atletica". Ricordo ancora la loro faccia perplessa».

     

    Si saranno ricreduti, visti i traguardi raggiunti.

    «L' importante per loro era che non abbandonassi gli studi, cosa che non è successa perché mi sono laureata in economia. Certo, con grandi sacrifici perché per andare ad allenarmi, avendo io scelto il salto in lungo come specialità, facevo tre ore di pullman al giorno tra andata e ritorno.Come ha detto Lady Gaga l' altra notte agli Oscar: "Non basta la passione, bisogna essere disciplinati"».

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    A 16 anni, i mondiali juniores ad Atene.

    «Mi illudono sulla vittoria.Rilevano una distanza di 6,90 metri. Sbagliando. Perché dopo un po' che esultavo, hanno corretto il verdetto, a 6,11».

     

    Alla faccia dello svarione.

    «Se commento: "Che ci vuoi fare, eravamo in Grecia...", suona razzista?» (ride).

     

    Si è rifatta negli anni successivi.

    «Oro agli europei di Birmingham, nel 1987. Oro ai mondiali juniores del 1988 in Canada.

    Bronzo ai Giochi del Commonwealth nel 1990, argento alle Universiadi nel 1991 a Sheffield, in Inghilterra».

     

    Una marcia trionfale.

    «Insomma. Alle Olimpiadi di Barcellona del 1992 e ai Mondiali in Germania del 1993 decisamente non brillo. A quel punto, avendo incontrato già nel 1988 Gianni Iapichino (campione di salto con l' asta, ndr), mi trasferisco a Firenze e comincio ad allenarmi a Formia, dove fin da subito mi sento a casa».

     

    Gli inglesi l' avranno vissuto come un tradimento.

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    «Io so solo che chiesi un modesto aiuto economico, 5.000 sterline, alla Federazione per poter continuare la preparazione a Formia, dove mi pagavo tutto io, tute e scarpe comprese. Me ne offrirono 500, prendere o lasciare».

     

    A quel punto ha deciso di diventare italiana. Per ripicca.

    «Macché. Lo sono diventata per amore. Il mio oggi ex marito (si sono separati nel 2011, ndr) mi chiese in moglie, io accettai, e ci sposammo nel maggio 1993. Ma ai successivi Mondiali di Stoccarda saltai ancora per la Gran Bretagna».

     

    Allora come mai l' anno dopo agli europei di Helsinki indossa invece la divisa italiana?

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    «Perché avendomi la Federazione inglese abbandonata a me stessa, e avendo io sposato Iapichino, il Coni mi appoggiò nella richiesta di cittadinanza, facendo accelerare i tempi di attesa della procedura: così un anno dopo, a maggio 1994, giurai da italiana a tutti gli effetti».

     

    Con un podio dietro l' altro: bronzo in Finlandia nel 1994, oro ai Mondiali di Goteborg nel 1995, argento ai giochi olimpici di Atlanta nel 1996. Battuta però da quella che lei bollò come «una drogata», la nigeriana Chioma Ajunwa.

    «Era stata squalificata quattro anni per doping nel 1992, abuso di steroidi. E' rientrata appena in tempo le per Olimpiadi e poi è risparita. Ero convinta di potercela fare, di dare di più. E anche se tutti mi consolavano, "l' argento è comunque un grande risultato", ero io a non essere soddisfatta».

     

    In Inghilterra avranno imprecato, altro che aplomb.

    «Fu mia madre a togliersi qualche sassolino dalla scarpa, con i giornalisti stupiti che non capivano perché io non gareggiassi più sotto l' Union Jack. Spiegò loro che la federazione aveva smesso di credere in me, e scoppiò un putiferio».

     

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    Nel biennio 1997-1998, altre medaglie: doppio oro agli indoor mondiali e europei; bronzo ai mondiali di Atene; argento agli europei di Budapest. E poi quel pasticciaccio brutto ai Mondiali di Siviglia, nel 1999.

    «S' impose Niurka Montalvo. Che giocava in casa, essendo cubana di nascita, ma naturalizzata spagnola. Pensai di smettere, la delusione fu enorme: mi ritrovai con l' argento, ma solo perché fu giudicato valido il suo salto irregolare».

     

    Dopo Siviglia, e dopo l' ennesimo argento alle Olimpiadi del 2000 a Sidney, qualcuno la ritenne finita.

    «Qualcuno? Lei è generoso. Era quasi un coro unanime, anche sui giornali. Ma siccome non mi piace il vittimismo, mi applicai ancora più duramente, e quando arrivai ai Mondiali di Edmonton, nel 2001, rimasi concentrata solo su me stessa e in silenzio stampa. E rivinsi l' oro».

    FIONA MAY FIONA MAY

     

    Dove tiene tutti questi trofei?

    «In una scatola, da qualche parte a casa».

     

    Come Adriano Panatta, che solo all' idea di una vetrinetta con le medaglie in salotto impugna la mazza ferrata. La scorsa estate sua figlia Larissa, 15 anni, ha toccato nel lungo il record di 6, 38 metri, quinta al mondo sotto i 20 anni. Lei alla sua età saltava «solo» 6,22. Il nuovo primato potrebbe essere un affare di famiglia?

    «A Rieti qualcuno alle mie spalle mi ha filmato con il telefonino mentre do di matto per la felicità, e poi l' ha messo in rete. Ma anche se le mie figlie (oltre a Larissa c' è anche Anastasia) mi giudicano una madre "ingombrante", presente, i successi di mia figlia sono tutti solo suoi, risultato di impegno e determinazione. Non è lei a essere "figlia di Fiona May", sono io a essere la mamma orgogliosa di Larissa Iapichino».

     

    Non è tuttavia anomalo che certi record italiani durino così tanto? I suoi due sono del 1998, quello di Pietro Mennea sui 100 metri era del 1979, battuto solo l' anno scorso da Filippo Tortu. In passato lei tuonò sui tanti soldi che la Fidal, la federazione di atletica, prende dal Coni, senza portare a casa risultati significativi.

    «Lei crede sia cambiato qualcosa? La Fidal credo sia ancora una delle federazioni più ricche di Europa. In Inghilterra, dopo i mondiali del 2017, per aver speso 27 milioni di sterline ottenendo "solo" sei medaglie, successe il finimondo. Qui da noi, invece? Un tempo in Europa ce la giocavamo con Francia e Polonia, adesso siamo superati da Paesi più piccoli come Olanda, Belgio, Norvegia».

     

    Fiona May Fiona May

    Pochi anni fa siamo stati ingaggiati insieme dalla Federcalcio per una campagna contro il razzismo e la xenofobia dentro e fuori gli stadi. Come le sembra la situazione su questo fronte?

    «Lei, Piroso, coniò lo slogan provocatorio Razzisti: una brutta razza. Lo sono ancora. Perché se è vero che a essere insultati sono i neri delle squadre avversari, mentre quelli della nostra squadra sono difesi e osannati...».

    ...come sostiene Desmond Morris in La tribù del calcio: più tribalismo che razzismo...

    «Ok, però come mai ai neri per offenderli e degradarli oltre ai "buuuu" tirano pure le banane? Cosa sottintende quel gesto? A un cinese gliela lancerebbero?».

     

    Forse un involtino primavera, chissà. Lei si è schierata a favore dello ius soli.

    «Perché se due stranieri, integrati e in regola, residenti qui da molti anni, che pagano le tasse e parlano italiano, mettono al mondo un figlio in Italia, quel bambino per essere italiano deve aspettare 18 anni? Si potevano introdurre criteri correttivi, rivedere i parametri, ridurre i tempi. Insomma, una riforma temperata.Invece si è fatto credere che si pretendesse lo ius soli puro, dicendo: sbarcheranno milioni di donne incinte, che verranno qui per partorire».

     

    FIONA MAY MARIA GRAZIA CUCINOTTA FIONA MAY MARIA GRAZIA CUCINOTTA

    C' è qualcuno che soffia sul fuoco, secondo lei?

    «Diciamo che chi ha responsabilità non dovrebbe ingigantire le paure, indicando un "nemico". L' insicurezza nasce dall' ignoranza in senso letterale: rifiuto del diverso perché non si conosce. Ovvio poi che chi vuole stare qui deve comportarsi bene, integrarsi e rispettare il Paese che ti accoglie, le sue leggi, le sue tradizioni. Ma anche se talvolta il clima non mi piace, l' Italia non è un Paese razzista. A Natale, quando si dibatteva sui 49 migranti fermi su una nave in mezzo al mare, in Calabria sono sbarcati curdi accolti dalla popolazione, li hanno sfamati, li hanno curati in ospedale, che ha fatto un comunicato: "Basta portare cibi e vestiti, ne abbiamo in abbondanza"».

     

    In Gran Bretagna erano per la Brexit, ma forse ora ci ripensano...

    FIONA MAY MARIA GRAZIA CUCINOTTA FIONA MAY MARIA GRAZIA CUCINOTTA

    «Ho visto un video di Channel 4, con Nigel Farage, il leader sovranista, era in evidente difficoltà. Hanno scoperto che proprio lui, che sbraitava contro le élite, per andare da Londra a Strasburgo ha affittato un aereo privato anziché prendere l' Eurostar. Quando gli hanno chiesto quanto avesse speso, ha risposto che non se lo ricordava. Very funny. Certe volte viene il sospetto che chi attacca la casta non veda l' ora di diventare casta a sua volta, appena arrivato al governo».

    Fiona May Fiona May

     

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