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    TIRATE IL FRENO A MANO ALLE AUTO ELETTRICHE - L'ITALIA CHIEDE ALTRI CINQUE ANNI PER LO STOP ALLA VENDITA DI MACCHINE DIESEL E BENZINA, SPOSTANDO L'ASTICELLA AL 2040: SECONDO IL MINISTRO CINGOLANI "È UNA QUESTIONE TECNICA, NON POLITICA", ALTRIMENTI "SI RISCHIA UNA DIPENDENZA DALLA CINA" - CON NOI SONO D'ACCORDO BULGARIA, PORTOGALLO, ROMANIA E SVOLACCHIA: MA TRA I 27 STATI MEMBRI SARÀ DIFFICILE AVERE LA MAGGIORANZA…


     
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    Diego Longhin per “la Repubblica

     

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    L'Italia chiede cinque anni di vita in più per le auto a benzina e diesel, ma con emissioni al minimo, e di modificare altre norme del pacchetto che riguarda la mobilità. Una strada tutta in salita perché ad oggi la maggior parte degli Stati è pronta a confermare le norme varate dalla Commissione e votate dal Parlamento con lo stop alla vendita nel 2035.

     

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    Insieme all'Italia per ora c'è la Bulgaria, il Portogallo, la Romania e la Svolacchia. Stati che hanno presentato una posizione congiunta in vista dell'appuntamento del Consiglio d'Europa il 28 giugno, quando il ministro alla Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, proverà a far passare la linea della neutralità tecnologica.

     

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    L'Italia porterà avanti un pacchetto composto da diversi punti: nel 2035 l'abbattimento di CO2 dovrebbe scendere al 90% per le auto, lasciando così spazio ad altre tecnologie, tipo biocarburanti, per mantenere i motori endotermici ancora in vita.

     

    Fino al 2040, quando il livello di abbattimento di emissioni dovrebbe tornare al 100%. «Il problema non è politico ma tecnico», avrebbe detto ieri il ministro alla Transizione Ecologica durante il tavolo auto convocato al Mise con i rappresentanti dei sindacati e delle associazioni di categoria, oltre alle grandi imprese del settore.

     

    ROBERTO CINGOLANI ROBERTO CINGOLANI

    «Il nostro sistema industriale è orientato all'endotermico. Il concetto di neutralità tecnologica può aiutarci nel processo di decarbonizzazione, un processo irreversibile, con la compatibilità industriale. Altrimenti si rischia una dipendenza dalla Cina», avrebbe poi aggiunto Cingolani. Il percorso non è facile: solo 10 Paesi su 27 sono d'accordo con le modifiche. La proposta è di cinque Paesi e serve una maggioranza qualificata.

     

    Sul punto è forte l'asse tra Cingolani e il ministro allo Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti che cerca una sponda nel governo tedesco e nel ministro alle Finanze, Christian Lindner, che dice «no» al bando dei motori tradizionali nel 2035.

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    «In Europa si sta allargando il fronte dei Paesi che preferiscono un passaggio graduale, più moderato - dice Giorgetti - è bello accelerare, ma in politica bisogna saper anche tirare il freno».

     

    Per ora la Germania non compare tra i sostenitori del pacchetto che prevede anche il supporto ai carburanti rinnovabili, l'allungamento dei tempi anche per i veicoli commerciali e la deroga per le piccole produzioni sino al 2036 e non al 2029.

     

    Nel governo non tutti la pensano come il tandem Cingolani-Giorgetti, ma questa sarà la linea dell'Italia martedì a Bruxelles. Al tavolo erano presenti anche il ministro al Lavoro, Andrea Orlando, e il ministro alle Infrastrutture e Mobilità Sostenibile, Enrico Giovannini. Per entrambi sarebbe meglio «non sprecare energie per modificare i vincoli stabiliti».

     

    Meglio concentrarsi sulla possibilità di allargare le maglie per l'utilizzo dei fondi per la transizione delle imprese e la riconversione dei lavoratori piuttosto che avere cinque anni in più di tempo. Il ministro all'Economia, Daniele Franco, ha ricordato che in ballo ci sono 8 miliardi fino al 2030. «Abbiamo definito incentivi alla domanda pari a 650 milioni l'anno nei prossimi 3 anni - ha detto quasi 7 miliardi sono da definire».

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