Fulvia Caprara per “la Stampa”
Il sorpasso1
La tesi di fondo è che il cinema non abbia solo seguito il cammino dell' Italia in ripresa del dopoguerra, ma ne abbia addirittura anticipato le potenzialità, aiutandola, mentre il boom economico diventava realtà, a specchiarsi nei suoi peggiori difetti, ma anche nelle sue innegabili doti.
Così, nel documentario di Greta Salve L' Italia del sorpasso (visibile sull' omonimo canale YouTube), la sequenza celeberrima di Roma città aperta con Anna Magnani trucidata dai nazisti, rappresenta, in qualche modo, l' inizio della fine, il culmine del neorealismo e l' avvio della fase seguente.
Dopo la liberazione, al termine degli Anni 40, spiega Paolo Mieli, qui in veste di narratore, «una nuova Italia prende forma e il cinema percepisce che qualcosa sta cambiando».
A quello che Alessandro Gassmann definisce il «dramma della povertà», si sostituisce, a poco a poco, la commedia dell' Italia che rinasce. Se il neorealismo, come sostiene Paolo Virzì, aveva «restituito dignità al nostro Paese che, dopo aver subito una dittatura efferata, aveva perso la propria reputazione», il nuovo filone della commedia lo aiutò a comprendere i modi del mutamento:
paolo mieli l'italia del sorpasso
«Gli italiani - dichiara Mieli - capirono che la loro vita era cambiata attraverso la rappresentazione che ne diede il cinema». Merito della lucida lungimiranza e del brillante sarcasmo di autori come Germi, Monicelli, Risi, Comencini: «Quei registi - dice Sandro Veronesi - furono capaci di raccontare non solo chi godeva del boom economico, ma anche chi ne era rimasto fuori e non ne aveva sentito i i miglioramenti».
Per completare l' opera fu fondamentale, fa notare Mieli, l' arrivo della tv, con personaggi come Mario Riva, Alberto Manzi, e Mike Bongiorno che portò sul nostro piccolo schermo la pratica acquisita oltreoceano: «In Italia si parlavano i dialetti - osserva Virzì - la lingua della tv diventerà quella di tutti gli italiani».
l'italia del sorpasso
Rievocare oggi questo percorso di crescita e formazione non è casuale: «L' idea del documentario - dice Greta Salve - risale a un anno fa, ma adesso, dopo il Covid, mentre tutti parlano di una ripartenza che dovrebbe somigliare a quella del dopoguerra, è anche un' occasione per riflettere e magari prendere spunto». Speranza, questo, piuttosto controversa, su cui la maggior parte degli intervistati è pessimista: «Oggi - commenta Giovanni Veronesi - facciamo film che possono essere incisivi, ma siamo meno coraggiosi, nessuno fa più la rivoluzione, nemmeno gli intellettuali. Il nostro è un cinema più blando, i produttori ti obbligano al lieto fine».
Secondo Alessandro Gassmann, oltre al problema pratico, industriale («siamo passati dalle 500 pellicole all' anno di allora alle 100-120 di oggi»), c' è una questione che riguarda l' indole, lo spirito che ha finito per prevalere. Citando i protagonisti del Sorpasso, Gassmann si dice convinto che, alla fine, abbiano vinto «i Bruno Cortona interpretati da mio padre e non i Roberto Mariani di Jean Louis Trintignant. I film di quell' epoca erano freddi, eleganti, acuti, spietati, facevano presagire come sarebbe diventato il nostro Paese».
il sorpasso
Capolavori che, secondo Sandro Veronesi, erano anche il frutto di un processo di osmosi. «Abbiamo vissuto una stagione eccezionale, con grandi talenti, con autori come Age, Scarpelli, Scola che hanno prodotto sceneggiature come romanzi». Intorno all' arte del cinema si muovevano menti e intuizioni. Una condizione che, secondo Paolo Mieli, potrebbe tornare utile anche ora: «Quello che è successo può essere di lezione. A volte i giornali sono catastrofisti, a volte le cose possono essere migliori di come vengono descritte». Se i film rispecchiano il sentire italiano possiamo sempre decidere di migliorare e di «tirare fuori un po' di coraggio».
alessandro gassmann alessandro gassmann