1 - 16ENNE MUORE PER ECSTASY: COCORICÒ CHIUSO 4 MESI
LAMBERTO LUCACCIONI
(ANSA) - Uno stop di 120 giorni, 4 mesi a partire da domani, per il Cocoricò. Lo ha deciso il questore di Rimini Maurizio Improta. Il provvedimento adottato in base all'articolo 100 del Tulps dopo la morte, avvenuta il 19 luglio, di Lamberto Lucaccioni, il 16enne di Città di Castello ucciso da un'overdose di ecstasy. Il provvedimento è stato notificato questa mattina all'alba, proprio mentre il locale si svuotava degli avventori, all'amministratore della società che gestisce la discoteca Cocoricò di Riccione. Il provvedimento del Questore, partendo dall'ultimo tragico episodio della morte del 16enne, ripercorre dettagliatamente tutti gli interventi delle forze dell'ordine negli ultimi due anni, compresi quelli del 118.
2 - UNA NOTTE AL COCORICÒ
Fabrizio Roncone per il “Corriere della Sera”
Tenetegli la testa.
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«Non respira... Non respira più...». E invece respira, ma non stategli addosso, uscite da questo bagno. «Sté... Oh, Sté... Cos’hai? Mi senti, Sté? Dio mio...».
Gli amici di Stefano escono dal bagno indietreggiando incerti nel riverbero assordante della Piramide (non dovete provare a immaginarvi una normale pista da ballo: ma un muro umano che ondeggia mentre un dj molto giovane e molto di moda, Martin Garrix, spara musica ipnotica tra lame di luce bianca).
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Stefano resta seduto sulla pozzanghera giallastra del pavimento, la schiena contro il water, le braccia quasi conserte, la testa piegata sulla spalla come un Pinocchio di legno a riposo. Entra un uomo della sicurezza (i muscoli che esplodono sotto la maglietta gialla su cui è scritto: Fi.Fa Security). Con insospettabile delicatezza alza le palpebre di Stefano. Poi si volta e sentenzia: «È solo alcol. È ubriaco... Fategli prendere un po’ d’aria».
«Cocoricò».
La collina di Riccione che lampeggia nella notte.
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Una discoteca leggendaria. Un tempio dove entrano seimila ragazzi (o ragazzini: poi vedremo che la media dell’età è molto bassa, tra i 16 e i 18 anni) Quando ne va giù uno, lo portano fuori: di solito vomita e si rimette in piedi. Come Stefano. Ma Stefano — raccontano i suoi amici di Modena, ancora eccitati tra sorpresa e paura per ciò a cui hanno appena assistito — aveva vuotato sette shortini di amaro Jägermeister. Lamberto Lucaccioni, 16 anni, si era invece bevuto 0,3 grammi di Mdma (ecstasy) sciolti in mezza bottiglietta d’acqua e quando l’hanno portato qui nel piazzale era già in coma.
È morto all’ospedale.
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Per due settimane, titoli grossi sui giornali. E inchieste sulle droghe spacciate nei locali notturni. E interviste. Cosa succede al «Cocoricò»? Perché è il discotecone più famoso d’Italia? Cos’ha di tanto speciale?
Lo sguardo scorre sul piazzale. Dopo aver pagato un biglietto che costa 35 euro — cui spesso vanno sommati i 5 euro del tagliando di prevendita — i ragazzi entrano in una zona recintata. Non vengono perquisiti, non c’è alcun controllo. I maggiorenni, mostrando un documento di riconoscimento, vanno a farsi mettere un braccialetto verde: esibendolo, potranno acquistare e bere alcolici. Ma il giochino è chiaro da subito: i minorenni bevono gli alcolici acquistati dagli amici più grandi.
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Sulla sinistra, la direzione del locale ha appeso alcuni striscioni. Slogan, moniti, inviti. Tipo: «La droga ti uccide». E l’alcol?
«Una sambuca liscia!».
Ti volti e vedi un ragazzo già barcollante. Il cameriere risponde senza neppure degnarlo di uno sguardo: «Abbiamo solo vodka al limone, alla pesca e...».
«Allora una vodka alla pesca doppia!».
La maggior parte dei ragazzi beve in modo spaventoso. Tutti bevono. Ecco la comitiva elegantina che viene da Padova, i maschietti con i bermuda North Sails e le Adidas Stan Smith bianche, le ragazze con vestitini color fucsia su scarponcini neri; questi sono invece romani: si baciano, si danno pacche e urlano in un dialetto forte, metropolitano; laggiù, poi, un gruppetto da Napoli che sembra uscito da una scena della serie tv «Gomorra» (canottiere da basket e capelli brillantinati e perfettamente regolati da una sfumatura laterale).
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Arrivano da ogni città d’Italia. Arrivano al tramonto e ripartono all’alba. Spesso in treno. Non si sono mai visti prima e mai più si vedranno. Non hanno alcuna voglia di fare amicizia. Tutti sembrano solo desiderosi di partecipare a qualcosa di molto simile a un rito e tutti, per farlo, indipendentemente dalla loro estrazione sociale, sembra abbiano deciso sia necessario ubriacarsi, sballare.
Torniamo dentro (intanto Stefano s’è ripreso e sta parlando con una sua amica, Laura, che gli dice: «Guarda che tu, se prosegui così, il fegato lo butti...»). La Piramide è la struttura principale. Poi c’è una discoteca all’aperto, dove si aggira Miss Delicius, un donnone enorme vestito con un abito leopardato; la discoteca più intima è il Ciao Sex; quindi ecco il Titilla.
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La musica del Titilla è un filo più commerciale. Atmosfera con vaga tendenza gay (tre giovani truccati e in kilt ballano brandendo un frustino insieme a una cubista). Due ragazzi (uno con il braccialetto da maggiorenne, e uno senza) ordinano una bottiglia di vodka, se la fanno mettere in un secchiello con il ghiaccio e vanno a sedersi su un divanetto. «Abbiamo la gola un po’ secca...» (sghignazza il più giovane, Marco, 17 anni, da Rovigo). Vi fate male...
«Ah ah ah! Quando ti gira un po’ la testa, anche il mondo gira meglio, no?».
Dici una cosa che non ha senso.
«Senti, zio: meglio la vodka o una pasticca?».
Girano pasticche?
«Quante ne vuoi. Del tipo che preferisci».
E i controlli?
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«Ci provano a controllare. Ma hai visto che bolgia c’è alla Piramide?».
Per rientrare dentro la Piramide bisogna percorrere un corridoio lungo e buio. Una coppia di fidanzatini ha smesso di darsi baci e sembra intenzionata a procedere oltre. Arriva uno dei pelatoni muscolosi della sicurezza. «Oh, allora? Fate piano...». La coppia sbuffa, raccoglie i bicchieri di birra e si allontana. Buttafuori in vena di confidenze. «È dura. Loro sono migliaia, noi qualche decina. E tra di loro c’è tutto: spacciatori e bambolotti figli di papà...».
Non riuscite a riconoscerli i pusher? «E come fai? Sono ragazzini anche i pusher. E poi...». E poi?
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«Beh... Bisogna stare attenti anche a certe ragazzine... sai, quelle più svelte hanno capito che se chiedono i 20 o 30 euro in cambio di qualche giochetto...». Alla fine del corridoio, sulla sinistra, un piccolo negozio dove vendono magliette con il marchio del «Cocoricò». Un tipo con i capelli bianchi e vaporosi: «Venti euro a maglietta. Interessa?». Visto che ci siamo, ecco pure i prezzi degli alcolici: shortino 5 euro, RedBull 5, birra 10, superalcolici 12.
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Un business gigantesco. Che va avanti fino a quando sorge il sole. Prima che faccia mattino, arriva però una pattuglia dei carabinieri. Deve raccogliere una decina di denunce per furto di portafogli, telefoni cellulari, catenine, orologi. Il maresciallo: «No, stasera nessuno dei nostri, in borghese, è dentro il locale...». Perché? «Perché sono di servizio sul lungomare». Gli passano accanto due ragazzini che saltellano, strabuzzando gli occhi. A una biondina tedesca si piegano le gambe e non riesce più ad alzarsi. Un tipo basso, scalzo, viene avanti abbaiando, mentre gli amici ridono da matti e gli ordinano: «Dai, adesso invece fai il cavallo...».
Discoteca Cocorico Riccione