1 - E FU BERLUSCONI I 30 ANNI DEL VIDEO CHECAMBIÒLAPOLITICA
Stefano Cappellini per “la Repubblica” - Estratti
Silvio Berlusconi guardò la telecamera, l’obiettivo velato da una calza di nylon per scaldare l’immagine e levigare la faccia meglio di un chirurgo. Il Cavaliere era pronto a registrare il video. Si stampò un sorriso berlusconiano sulla faccia e ripassò mentalmente l’incipit, “L’Italia è il Paese che amo”.
SILVIO BERLUSCONI VIDEO DISCESA IN CAMPO
Alle 17,30 dello stesso giorno, il 26 gennaio 1994, il Tg4 di Emilio Fede è il primo a mandare in onda il video: «L’Italia è il Paese che amo, qui ho le mie radici…». In poche ore tutti gli altri tg mandano in onda la versione integrale o la sintesi dei nove minuti abbondanti in cui il Cavaliere spiega di non poter lasciare il Paese in mano ai comunisti.
Le elezioni sono imminenti, l’Italia è già divisa in due, anche se ancora non lo sa. Molti dicono: lo voto! Molti salgono sulle barricate: no pasarà.
Qualcuno esulta («Finalmente per la prima volta in vita so per chi votare», dirà qualche settimana dopo Raimondo Vianello in diretta tv, mentre conduce Pressing), qualcuno inorridisce per il modo più ancora che per i contenuti: un video autoprodotto e imposto a tutta la filiera mediatica, la fine di ogni mediazione giornalistica e politica.
Praticamente ciò che trent’anni dopo hanno fatto e fanno tutti, il blog di Grillo, i tweet di Renzi, le dirette Facebook di Salvini, Giorgia Meloni che trasforma la seduta del Consiglio dei ministri in una puntata pilota di Casa Meloni e suona la campanellina a favore di telecamera, din don, persino le quarte file di partito che registrano 15 secondi di dichiarazioni sul fatterello del giorno e le girano al caporedattore del tg che manda in onda com’è: buona la prima.
SILVIO BERLUSCONI VIDEO DISCESA IN CAMPO
Berlusconi, invece, quel discorso lo ha provato e riprovato nei giorni precedenti, ha aggiunto le correzioni di Paolo Del Debbio, ha segnato gli incisi suggeriti da Giuliano Ferrara, ha memorizzato i consigli di Gianni Letta.
Ora tutta Italia sa che è sceso in campo, è finito il teatrino, mi candido, non mi candido, lo faccio solo se costretto, non voglio bere l’amaro calice: Berlusconi chiede il voto per guidare «l’Azienda Italia», propone per il Paese «il modello Milan».
Qualcuno sa da tempo che tutto questo sarebbe accaduto. “E Forza Italia, che siamo tantissimi...”, c’è pure l’inno del partito pronto e senza inno che partito sarebbe?
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IL DISCORSO DI SILVIO BERLUSCONI PER LA DISCESA IN CAMPO IN POLITICA NEL 1994
Lo sa il leader del Movimento sociale italiano Gianfranco Fini, cui Berlusconi ha dedicato una leggendaria dichiarazione di voto virtuale mentre il capo dei postfascisti italiani è impegnato a sfidare Francesco Rutelli per la guida del Comune di Roma («Se fossi romano, voterei Fini», dice il Cavaliere a novembre del 1993 da un centro commerciale di Casalecchio di Reno, location turboberlusconiana).
Lo sanno, ovviamente, i suoi collaboratori più stretti, Marcello Dell’Utri, che ha già trasformato un ramo della concessionaria di pubblicità, Publitalia, in una brigata di club di Forza Italia, ovvero cloeb nella indimenticabile pronuncia anglo-padana del Cavaliere;
berlusconi messaggio 1994
il meno noto geometra Edorardo Teruzzi, che nel tempo di un jingle ha messo in piedi la futura sede di Forza Italia a Milano, viale Isonzo 25; il sondaggista Gianni Pilo da Macomer, che sforna numeri su numeri sulla popolarità di Silvio, già autoproclamatosi «secondo solo a Gesù»; i direttori ingaggiati per le sue reti, programmi, giornali, Enrico Mentana, Indro Montanelli, ferocemente ostile all’idea e congedato dalla direzione del Giornale, Maurizio Costanzo, un altro dei pochi ad aver sconsigliato il passo. Ma chi conosce Berlusconi sa che c’è un momento preciso dopo il quale si è sentito davvero dentro la partita.
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2 - ROBERTO GASPAROTTI
Concetto Vecchio per “la Repubblica” - Estratti
Roberto Gasparotti, cosa faceva trent’anni fa?
«L’operatore tv Mediaset. Coppia fissa con Paolo Brosio e Andrea Pamparana, che seguivano Tangentopoli. Non so quante volte ho dormito davanti a San Vittore».
berlusconi 1994 5
E poi un giorno la chiama Berlusconi?
«No, Mity Simonetto».
La mitica addetta all’immagine del Cavaliere.
«Lei. Con Berlusconi facevano a gara a chi fosse più meticoloso».
E cosa voleva?
«Mi disse che bisognava allestire un set perché il presidente doveva registrare un video-annuncio».
La discesa in campo del 26 gennaio 1994.
«Quel giorno ci ritrovammo in una saletta di una dépendance della villa di Macherio in quattro: Berlusconi, io, Mity e un’assistente».
Perché mise la famosa calza sulla telecamera?
«Per rendere più morbida l’immagine, più patinata, creando l’effetto skin tone ».
Chi ebbe l’idea del video?
«Penso proprio Berlusconi. Poteva venire in mente solo a lui una simile genialata. Ricordo l’emozione che si respirava durante la registrazione».
ROBERTO GASPAROTTI SILVIO BERLUSCONI
L’Italia è il Paese che amo.
«Provammo una sola volta, poi Berlusconi andò giù liscio. Quindi il filmato venne girato ai media, anche alla Rai».
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Non servivano più le domande.
«Eh, sì, ora buona parte dei servizi tg vengono confezionati così. E col video in un certo senso anticipammo la comunicazione oggi imperante sui social».
Dura più di nove minuti. Oggi non sarebbero troppi?
«Può darsi. Ricordo che Mentana, che dirigeva il Tg5, non lo mandò in onda integrale».
ROBERTO GASPAROTTI SILVIO BERLUSCONI
Pochi giorni dopo Berlusconi tenne un comizio a Roma.
«E ci chiese un palco tutto bianco e impose il karaoke per cantare tutti insieme l’inno di Forza Italia. Un altro inedito».
Cosa accadde quando Berlusconi vinse le elezioni?
«Con Mity andammo a salutarlo. E lui mi disse: “Ma dove pensi di andare?
Verrai con me a Roma”».
A palazzo Chigi?
«Sì, mi mise sotto contratto col governo. Una cosa incredibile!».
Come fu l’impatto?
«Quando vide com’era conciata la sala stampa di palazzo Chigi, piccola, con poltrone enormi, del tutto inadeguata ad accogliere i giornalisti da tutto il mondo mi chiamò».
Per dirle cosa?
«Di rimetterci mano».
ROBERTO GASPAROTTI SILVIO BERLUSCONI
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Berlusconi pagava bene?
«Secondo contratto, direi. Invece era generoso con chi si trovava nel bisogno».
Berlusconi era ossessivo?
«No, meticoloso. Controllava persino l’altezza dei microfoni».
Altre manie?
«Non voleva l’acqua sul tavolo. E nemmeno i fiori alle conferenze stampa: “Poi li calpestano”, diceva».
Come ha vissuto lo scandalo delle Olgettine?
«Aveva le sue fan. Non ci ho mai visto nulla di strano».
Lei l’ha seguito ovunque?
«Sì, fino al 2020, poi mi sono autoescluso da quel mondo, l’unico che sento ancora è Francesco Giro».
ROBERTO GASPAROTTI SILVIO BERLUSCONI
È contento di avergli dedicato la vita?
«Caspita! Mi ha fatto dirigente di palazzo Chigi».
Oggi com’è il rapporto con la sua memoria?
«Non c’è giorno che non affiora nei miei pensieri».
Il miracolo italiano però non l’ha realizzato.
«Non gliel’hanno permesso! Dai, gliene hanno combinate di tutti i colori».
Perché metà Italia lo odiava?
«Noi italiani non sappiamo odiare».
Era divisivo.
«Era lui che l’aveva voluto, scatenando il qua o il di là. Ma è la democrazia».
Andrà alla festa per i trent’anni, voluta da Tajani?
ROBERTO GASPAROTTI
«Ma no!».
Come no?
«Non mi hanno mica invitato».
BERLUSCONI 1994 BERLUSCONI 1994 ROBERTO GASPAROTTI SILVIO BERLUSCONI BERLUSCONI 1994 silvio berlusconi nel 1994