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    L’ITALIA NON È UN PAESE PER BICI: OGNI 35 ORE NEL NOSTRO PAESE UN CICLISTA VIENE UCCISO - GIORGIA MELONI SI È DETTA “TURBATA E RATTRISTATA DALLA TRAGICA SCOMPARSA” DI REBELLIN MA L'ULTIMA MANOVRA MESSA A PUNTO DAL GOVERNO HA DI FATTO CANCELLATO IL FONDO DELLA CICLABILITÀ ISTITUITO DAL GOVERNO CONTE II NEL 2019 - I 94 MILIONI PER GLI ANNI 2023 E 2024 SONO STATI "DEFINANZIATI" - L’INVITO AGLI AUTOMOBILISTI A RISPETTARE UNA DISTANZA MINIMA DI UN METRO E MEZZO DA CHI È IN SELLA…


     
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    Filippo Femia per “La Stampa”

     

    la bici di davide rebellin dopo l incidente. 2 la bici di davide rebellin dopo l incidente. 2

    Il tragico conteggio viene aggiornato quattro volte a settimana. Ogni 35 ore, in Italia, un ciclista viene ucciso. Travolto da automobilisti o conducenti di mezzi pesanti, nella stragrande maggioranza dei casi, in grandi città o sulle strade di paese. Una lunga scia di sangue certificata dai dati dell'Osservatorio Asaps (Associazione sostenitori e amici Polstrada), che scatta una fotografa per difetto. Alle vittime che si registrano al momento dell'incidente vanno infatti aggiunti i decessi avvenuti a distanza di tempo, a volte anche settimane, dall'impatto fatale.

     

    «Non possiamo far finta di niente, i numeri sugli incidenti sono impressionanti», ha detto il ministro dello Sport Andrea Abodi dopo la morte di Davide Rebellin. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è detta «turbata e rattristata dalla tragica scomparsa». Ma se l'Italia non è un Paese per biciclette, con infrastrutture inadeguate e pericolose, parte della responsabilità è della politica.

     

    davide rebellin 9 davide rebellin 9

    L'ultima manovra messa a punto dall'esecutivo ha di fatto cancellato il Fondo della ciclabilità istituito dal governo Conte II nel 2019. Prevedeva lo stanziamento di 141 milioni per il triennio 2022-2024 (47 all'anno) per la «realizzazione di zone a 30 km/h, corsie ciclabili, case avanzate e aree di sosta per biciclette». Tecnicamente i 94 milioni per gli anni 2023 e 2024 sono stati «definanziati».

     

    Tradotto: sono spariti dalle tabelle del ministero delle Infrastrutture, dirottati altrove per coprire altre voci di spesa. «Mentre tutte le principali città europee investono sulla ciclabilità e percorrono la strada di decarbonizzazione e riduzione dell'impatto climatico, l'Italia va nella direzione opposta: è evidente che questo governo punta sul vecchio modello che mette l'auto al centro del sistema», ragiona Claudio Magliulo, responsabile italiano di Clean Cities, network europeo di associazioni ambientaliste e per la mobilità alternativa.

     

    la bici di davide rebellin dopo l incidente. 1 la bici di davide rebellin dopo l incidente. 1

    Il dossier pubblicato insieme a Legambiente, Kyoto Club e Fiab, analizza l'infrastruttura delle ciclabili in Italia. Salvo qualche esempio virtuoso, il panorama è scoraggiante: le 14 città metropolitane hanno in media appena 1,5 chilometri di ciclabili per diecimila abitanti, un quarto delle città capoluogo non raggiungono il chilometro. A Helsinki e Ghent, per fare un paragone, ci sono 20 chilometri, mentre Amsterdam e Anversa arrivano a 15. Il modello del Nord Europa rimane un miraggio.

     

    Secondo i calcoli di Clean Cities servirebbero 500 milioni all'anno fino al 2030 per correre ai ripari e finanziare un piano straordinario di promozione della ciclabilità urbana. «Ma qui siamo a zero. I più colpiti sono i piccoli comuni che non possono trovare i fondi altrove se non ci pensa lo Stato», aggiunge Claudio Magliulo.

     

    Ma non è soltanto un problema di assenza di piste ciclabili.

    GIORGIA MELONI GIORGIA MELONI

    Quelle esistenti sono spesso pericolose perché progettate e realizzate male: nessuna separazione fisica con le corsie dove marciano le auto o l'obbligo per le bici di percorrere nella zona tra la sede stradale e i veicoli in sosta. Paola Gianotti detiene un record Guinness: è la donna più veloce ad aver realizzato il giro del mondo in bici (30 mila chilometri 144 giorni). Dal 2019 gira l'Italia con l'associazione "Io rispetto il ciclista" per installare cartelli stradali che invitano gli automobilisti a rispettare una distanza minima di un metro e mezzo da chi è in sella. Finora ha raggiunto oltre 400 comuni, per un totale di 4 mila segnali.

     

    Ma è convinta che l'iniziativa non sia sufficiente, anche se venisse inserita nel codice della strada. Va affiancata a pene più severe. «Purtroppo in Italia manca la cultura del rispetto dei soggetti più deboli della strada - si sfoga -: ciclisti, ma anche pedoni. Ci sono persone che hanno ucciso ciclisti e guidano ancora liberamente. Dopo casi di questo tipo la patente andrebbe ritirata a vita». E per insegnare la cultura del rispetto? «Dobbiamo raggiungere i fruitori futuri delle strade, i bambini: andare nelle scuole e sensibilizzarli. Solo così riusciremo a fare la differenza».

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