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Paolo Tomaselli per il Corriere della Sera
L' ultima volta che gli svedesi sono sbarcati in Italia per inseguire il sogno mondiale fu nel giugno 1990. Le aspettative sulla loro Nazionale erano molto alte, come la gradazione alcolica del pubblico al seguito. Finì invece con tre sconfitte, come quelle rimediate da questa Svezia nelle trasferte più difficili delle qualificazioni, contro Francia (2-1), Bulgaria (3-2) e Olanda (2-0). E forse sarà un caso o una suggestione, ma i fratellini orfani di Ibra entrano a San Siro per allenarsi e ostentano una serenità che può sembrare un po' forzata.
La squadra di Janne Andersson sente la pressione eccome. Basta vedere la faccia del c.t. quando un giornalista un po' naif del suo Paese gli chiede un commento «sullo sciopero proclamato dalla calciatrici svedesi che chiedono la parità di salario coi maschi, come le colleghe danesi». La domanda è l' unica che non viene nemmeno tradotta in italiano. E in effetti è un po' come se chiedessero a Ventura un' opinione sull' inquinamento in pianura Padana. Un problema serio, ma non una priorità oggi: «Forse sapete che dobbiamo giocare una partita importantissima - sibila Andersson -. Sono fatti loro...».
Il c.t. dei gialli si innervosisce ancora di più quando viene a sapere della telefonata fatta dal presidente federale Tavecchio al numero uno della Fifa, Gianni Infantino: «Non abbiamo mai avuto l' impressione di essere stati favoriti all' andata, anzi. È un po' strano, ma questa è la verità italiana.
Se uno vuole telefonare è libero di farlo, ma noi siamo sportivi e le partite le giochiamo sul campo - sottolinea Andersson -. Abbiamo fiducia nell' arbitro, che farà una partita giusta e corretta, come del resto noi. Se invece non sarà così, sappiate che siamo pronti ad affrontare anche questo».
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È di fronte alla partita «più importante della carriera» questo Andersson, come del resto il suo collega italiano. Ma vive sentimenti molto diversi rispetto a Ventura. Dentro di sé e anche attorno: «Non vediamo l' ora di giocare. Sappiamo che non prendere gol ci porterà al Mondiale e la nostra intenzione è questa. Ma di certo non possiamo pensare a difendere per 90 minuti. L' Italia?
Non mi aspetto che vada all' assalto fin da subito, perché non può subire gol. Ma che faccia più possesso palla, questo sì».
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Il capitano Granqvist ha giocato due anni al Genoa ma sembra quasi orgoglioso di dimostrare che non capisce una parola di italiano. E di confermare «che la pressione è tutta sugli azzurri, noi non abbiamo nulla da perdere. So che i tifosi italiani sono importanti ma anche impazienti: se fischieranno la loro Nazionale per noi sarà un vantaggio».
Si esercitano nella provocazione, ma basta punzecchiarli un po', gli svedesi, che subito si irrigidiscono: che ne pensa Andersson del fatto che l' Italia vuole colpire forte sulla destra, perché considera il vostro terzino sinistro il vero punto debole? Il c.t. scoppia in una risatina secca e nervosa: «La nostra forza è il collettivo e penso in realtà che Augustinsson sia uno di quelli che lavora meglio. Di ciò che pensano gli italiani in realtà mi interessa veramente poco».
Rispetto alla battaglia di Solna, la Svezia recupera il terzino destro titolare Lustig, del Celtic Glasgow («specialista del corpo a corpo» rimarca il c.t.) al posto del bolognese Krafth, ma perde per infortunio Ekdal, 4 gol a San Siro in carriera e tra i migliori venerdì. Al suo posto c' è Jakob Johansson, laureato in filosofia antica. A Solna è entrato in campo e ha segnato, con l' aiuto della deviazione di De Rossi: il master in colpi di fortuna lui lo ha già completato.
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