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    L’ODISSEA DI ANTETOKOUNMPO: DA AMBULANTE IN GRECIA A RE DEI GIGANTI NBA. FIGLIO DI NIGERIANI IMMIGRATI ILLEGALMENTE, VENDEVA BORSE TAROCCATE NELLE STRADE DI ATENE E DIVIDEVA LE SCARPE DA GIOCO COL FRATELLO - APOLIDE FINO A UNA MANCIATA DI ANNI FA, HA TRASCINATO AL TITOLO I MILWAUKEE BUCKS DOPO 50 ANNI. “QUESTO DOVREBBE SPINGERE CHIUNQUE NEL MONDO A CREDERE IN SE STESSO. SI PUO’ FARE” - LA GRECIA CHE OGGI LO CELEBRA GIANNIS È LA STESSA CHE DA RAGAZZINO LO EMARGINAVA - VIDEO


     
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    Paolo Mastrolilli per "la Stampa"

     

    ANTETOKOUNMPO ANTETOKOUNMPO

    Niente male per un figlio di immigrati illegali nigeriani, rimasto apolide fino a una manciata di anni fa, che vendeva nelle strade di Atene roba taroccata per aiutare la famiglia, e si allenava a giorni alterni perché in casa c'era un solo paio di scarpe da basket da condividere col fratello.

     

    Ora Giannis Antetokounmpo è campione dell'Nba con i Milwaukee Bucks, e dopo aver dominato la finale di martedì contro Phoenix segnando 50 punti ha commentato: «Questo dovrebbe spingere ogni persona, ogni ragazzino, chiunque nel mondo a credere in se stesso. Spero dia a ognuno la speranza, dall'Africa all'Europa, che si può fare».

     

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    Naturalmente per farcela aiuterebbero le doti naturali del «Greek Freak», come lo chiamano i suoi tifosi, che non sono roba da tutti. Questa però non è una scusa sufficiente per rifiutarsi di imparare dalla sua storia, e da quella di Milwaukee, due emarginati fatti l'uno per l'altro. Giannis è nato nel 1994 ad Atene da Charles e Veronica, illegali nigeriani, nel quartiere povero di Sepolia. Quando aveva 13 anni Spiros Velliniatis, allenatore di una squadretta amatoriale, lo vide mentre si rincorreva col fratello in un campetto: «Aveva buone capacità nel cambio di direzione, e potenzialità di crescere, ma quello che mi colpì fu lo sguardo sveglio dei suoi occhi. La determinazione».

     

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    Chiamò la madre, che allora puliva appartamenti, e le fece una proposta non proprio irrinunciabile: «Vi trovo un lavoro da 800 euro al mese, se lo mandate da me a giocare a basket». Allora non sapeva fare molto, Antetokounmpo, col pallone a spicchi, e i genitori degli altri ragazzi bianchi si erano lamentati. Però Spiros ci aveva visto giusto. Nel 2013 la sua scoperta era stata scelta dai Milwaukee Bucks e il resto è storia, che in questo caso non è un luogo comune.

     

    È storia prima di tutto perché ora la Grecia celebra Giannis come un suo orgoglio, almeno in parte a ragione, ma da ragazzino lo emarginava come capita alla maggior parte degli illegali neri come lui in tutta l'Europa. Basti pensare che gli ha concesso la cittadinanza solo quando doveva andare a New York per partecipare alla serata delle scelte dell'Nba, in modo da evitare che viaggiasse come nigeriano o apolide. È storia perché Milwaukee non vinceva un titolo da mezzo secolo, quando la sua stella si chiamava Lew Alcindor, prima che si convertisse all'islam e diventasse Kareem Abdul Jabbar. Da allora in poi, niente.

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    La città di «Happy Days» e della Harley-Davidson era un tempo un'icona americana, ma ha subito il declino comune a tutta la Rust Belt del Midwest. Una dannazione soprattutto per la classe media bianca, che ha visto i suoi posti di lavoro emigrare verso la Cina, o dovunque li portasse la globalizzazione. Se non fosse stato per il Covid, nel 2020 Biden avrebbe tenuto la sua Convention presidenziale proprio nel palazzetto dei Bucks, perché il Wisconsin era uno degli stati chiave da togliere a Trump per cacciarlo dalla Casa Bianca.

     

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    Dunque Milwaukee non era esattamente la destinazione principe per una stella dell'Nba, che sarebbe potuta andare ovunque a farsi coprire di soldi e vincere facile. E la decisione di Giannis di non tradirla per riconquistare l'Nba con lei è una lezione di vita e di redenzione. È storia, infine, per come è arrivata la vittoria. Antetokounmpo aveva intorno buoni giocatori, tipo Middleton, Lopez, Holiday, Portis, ma nessuno di prima grandezza. Il fuoriclasse è lui, che in un basket sempre più schiavo del tiro da tre punti, porta la palla a canestro con un misto di forza fisica dominante e tecnica fuori dalla norma per un lungo di 2 metri e 11 centimetri. Una sorta di favola, dunque, che sta già cambiando la storia dell'Nba.

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