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    TORMENTO E OSSESSIONE – L’OMICIDIO DI ''MISS BARBIE'' HA UN COLPEVOLE: LA BIMBA DI 6 ANNI STUPRATA E TRUCIDATA NEL 1996 FU VITTIMA DI UN PEDOFILO CHE HA CONFESSATO: “MAI AMATO NESSUNO COME LEI” – IL COLD CASE HA TENUTO L’AMERICA CON IL FIATO SOSPESO PER OLTRE 20 ANNI, FACENDO FINIRE NEL TRITACARNE ANCHE LA FAMIGLIA, COLPEVOLE DI AVERLA TRASFORMATA IN UN OGGETTO DEL DESIDERIO SESSUALE…


     
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    Fabrizio Maria Barbuto per “Libero quotidiano”

     

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    Sembra finalmente risolversi con un colpevole reo confesso il cold case che ha tenuto gli Stati Uniti ed il mondo intero col fiato sospeso per oltre due decenni: l' infanticidio della piccola JonBenét Ramsey, brutalizzata ed assassinata all' età di appena 6 anni.

     

    Il 54enne Gary Oliva, già in carcere per abusi su minori, ha ammesso la sua colpevolezza in una lettera indirizzata ad un vecchio compagno di scuola: «Non ho mai amato nessuno come ho amato JonBenét» ha aggiunto, di seguito alla sconvolgente rivelazione. Alla base del brutale massacro ci sarebbe l' attrazione malata di Oliva per quella creatura alla quale, i numerosi defilè dove veniva agghindata da vamp, davano un' aria da imberbe seduttrice. Nella sua mente perversa, quell' immagine, aveva assunto la sembianza di una tormentata ossessione.

     

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    PASSERELLE E FOTO Quel tenero visetto d' angelo, in pochi anni di vita, aveva già conquistato il primo posto ai più autorevoli concorsi di bellezza americani.

     

    Ad iscriverla era sempre la madre, Patricia Ramsey - ex Miss West Virginia - diventata genitrice tanto presto da non poter dare continuità alle sue velleità artistiche, se non attraverso una figlia che aveva i connotati giusti per sfondare. E su questa scia, JonBenét, ha iniziato a calpestare le passerelle e a posare per gli obiettivi sin dalla più tenera età, costretta, suo malgrado, a familiarizzare con la rivalità delle "colleghe" che identificavano in lei un avversario ineguagliabile.

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    Ma l' invidia non è il mostro peggiore col quale Miss Barbie - come veniva soprannominata - si sia trovata costretta a fare i conti: la notte del 25 dicembre del 1996, in seguito ad un apparente rapimento che costringerà la famiglia ad allertare le forze di polizia, verrà rinvenuta esanime nello scantinato della sua labirintica villa a Boulder, tra le montagne innevate del Colorado.

     

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    In quella lussuosa dimora dall' atmosfera naïf, tra arredi pastello ed impalbabili volant, sembrava esserci posto per tutto meno che per il macabro, eppure, l' autopsia eseguita sul corpicino della vittima, rivelerà particolari agghiaccianti: è stata seviziata e violentata, ed il suo decesso sarebbe da imputare ad una frattura cranica di circa 20 cm, causata da un corpo contundente. Sulla mano sinistra le era stato disegnato un cuoricino con un pennarello rosso.

     

    Le circostanze dell' efferato crimine apparvero subito ostiche: la villa dell' imprenditore milionario John Bennett Ramsey (padre della vittima) non presentava segni di effrazione, e questo sembrò suggerire che l' assassino fosse da cercare in famiglia.

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    TRITACARNE MEDIATICO

    Non si escluse nessuno: dal fratellino di 9 anni tacciato di gelosia morbosa nei confronti della sorella minore, al padre della bimba, identificato dai media e dall' opinione pubblica in un insospettabile pedofilo.

     

    Nemmeno l' iperaffettiva madre verrà risparmiata dal tritacarne mediatico, secondo il cui vociferare sarebbe stata lei ad infliggere i colpi mortali alla figlia, rea, quest' ultima, di aver bagnato il letto per l' ennesima volta. La piccola soffriva infatti di un disturbo noto come "enuresi notturna", che la portava a sfogare con l' incontinenza lo stress di una vita iperattiva ed inadeguata alla sua età, vissuta tra riflettori ed aspettative genitoriali troppo grandi. A suffragare il pettegolezzo contribuirono le tracce di urina rinvenute dagli inquirenti sul materasso di JonBenét, il giorno del suo decesso.

     

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    I Ramsey, negli anni a venire, imboccarono qualsiasi strada utile a fare chiarezza sul caso e continuarono a dichiararsi innocenti davanti ad un' intera nazione che li accusò sempre di mentire. Indefessi, non abbassarono mai le difese, trascinando in tribunale le principali agenzie di stampa e urlando la propia totale estraneità ai fatti. Le indagini subirono una svolta nel 2003, quando gli investigatori forensi raccolsero un campione di sangue dalla biancheria intima di JonBenét, creando un profilo di Dna non riconducibile a nessuno degli indiziati.

     

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    Patricia Ramsey morì di cancro alle ovaie nel giugno del 2006, a soli 49 anni, prima di riuscire a vedere in faccia l' assassino di sua figlia e prima di aver modo di dissimulare del tutto gli infamanti sospetti sul suo conto.

     

    L' unico reato a lei imputabile, alla luce dei recenti sviluppi, è quello di avere inconsapevolmente sessualizzato una figlia che forse, con l' armoniosa letizia della sua verde età, rivendicava in silenzio il diritto di vivere da semplice fanciulla.

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