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    “L’OPERA È UNA CELEBRAZIONE DELLA SOCIETÀ, NON PUÒ ESSERE TRADOTTA COME INTRATTENIMENTO”. DAVIDE LIVERMORE RACCONTA LA AIDA AL COSTANZI DI ROMA DA MARTEDÌ - "NON SI PUÒ CANCELLARE UNO SPETTACOLO DI FRONTE A UN LUTTO, COME A NAPOLI, PERCHÉ SI NEGA LA NATURA STESSA DELL’OPERA DOVE UNA COMUNITÀ STA INSIEME UNITA E, NEL CASO DELLA TRAGEDIA DI ISCHIA, PIANGE, DISCUTE, STANDO INSIEME ANCHE QUANDO SI È DIVERSI. IO CONTESTO QUELLA DECISIONE, DETTATA DALLA POLITICA, PERCHÉ…”


     
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    Estratto dell’articolo di Valerio Cappelli per il “Corriere della Sera – ed. Roma”

     

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    L’ Aida in scena martedì all’Opera è dominata da un monolito dorato (idealmente richiama quello di 2001 Odissea nello spazio ), dalle immagini del led-wall che mutano scenari e prospettive come il linguaggio musicale, e dal deserto. Tecnologia e poesia. Il progetto del regista torinese Davide Livermore (torna a Roma dopo l’altro Verdi di Giovanna d’Arco ) è ispirato a Cabiria , il primo kolossal cinematografico italiano, il film muto che Giovanni Pastrone girò nel 1914.

     

    Il direttore musicale del teatro Michele Mariotti (è la sua prima Aida teatrale dopo quella a Napoli in forma di concerto) dice che «è un dramma intimo, prima ancora che glorioso e patriottico». Il suo pensiero è in linea con quello di Livermore: «Una partitura che racconta le micro pieghe dell’animo umano e dell’amore con un tono intimista e profondo, malgrado quello che si pensa di quest’opera, mi riferisco all’apparenza di kolossal ». Cast di primo livello, Stoyanova, Kunde (al posto di Sartori atteso in alcune repliche) e Semenchuk.

     

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    A proposito dell’ipocrisia e dei fraintendimenti…

    «L’opera è una celebrazione della società, non può essere tradotta come intrattenimento. In un teatro si celebrano vittorie e sconfitte della società, gioie e dolori. Non si può cancellare uno spettacolo di fronte a un lutto, come a Napoli, perché si nega la natura stessa dell’opera dove una comunità sta insieme unita e, nel caso della tragedia di Ischia, piange, discute, stando insieme anche quando si è diversi.

     

    Se si trasforma l’opera in intrattenimento si perde la direzione fondamentale della cultura, che è la culla dell’ agorà . Io contesto quella decisione, dettata dalla politica, perché c’erano opzioni migliori, il minuto di silenzio, l’incasso devoluto a coloro che sono rimasti senza casa. Lo dico in maniera costruttiva, oggi ci sono talmente tanti fascismi che se parli controcorrente passi per rompiscatole ed è inaccettabile. Invece il confronto di idee costituisce l’essenza stessa del teatro».

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