DAGOREPORT
Estratto dell'articolo di Tommaso Ciriaco per la Repubblica
SILVIO BERLUSCONI E GIORGIA MELONI NEL 2011
A spallate verso la porta d’uscita dalla politica. Il giorno dopo le Regionali, l’operazione contro Silvio Berlusconi è partita. Tocca al Ppe aprire le ostilità. L’account ufficiale dei popolari sconfessa l’anziano leader e cancella con poche righe un rapporto quasi trentennale: «Il gruppo del Partito popolare europeo respinge fermamente le dichiarazioni di Berlusconi sull’Ucraina. Non riflettono la nostra linea politica». Non sono parole casuali. Condensano una scomunica a cui ha lavorato sotto traccia anche Fratelli d’Italia, marcando stretto nelle ultime 48 ore il board del popolarismo continentale. E promettendo in cambio un asse di ferro per provare a governare insieme l’Ue nel 2024. Senza l’ombra del Cavaliere.
SILVIO BERLUSCONI GIORGIA MELONI - 2008
La presidente del Consiglio, non è un mistero, vuole chiudere una volta per tutte i conti con l’alleato. Assumere il controllo totale del centrodestra.
Farlo nel momento di massima difficoltà del partner, fedele alle regole spietate che governano la politica. E tutto avviene mentre per Berlusconi si avvicina il momento della verità anche sul fronte giudiziario. Oggi a Milano è attesa la sentenza di primo grado nel processo Ruby ter, con il Cavaliere imputato per corruzione. L’accusa è di aver pagato fino a dieci milioni di euro, tra il 2011 e il 2015, per comprare il silenzio su quanto avveniva nelle serate di Arcore. L’accusa ha chiesto sei anni. Se condannato, comunque, non decadrà da senatore (bisogna attendere la pronuncia definitiva).
ROBERTA METSOLA GIORGIA MELONI
Le parole contro Volodymyr Zelensky, però, hanno rappresentato per Meloni il punto di non ritorno. Vuole favorire un’uscita di scena soft dell’alleato. Per questo, la premier ha garantito il ritiro della costituzione di parte civile dello Stato proprio nel Ruby ter, ma non accetterà più di ritrovarsi nella scomoda posizione di guidare una maggioranza tenuta in piedi da due leader - Berlusconi e Matteo Salvini - che sono avamposto del putinismo in Occidente. «Silvio - ha detto ieri sera il segretario leghista - ha diritto di esprimere liberamente il suo pensiero ».
Basti un particolare clamoroso a dimostrare l’imbarazzo della presidente del Consiglio. Toccata con mano tutta la freddezza del governo ucraino per le parole di Berlusconi e costretta a spingere al massimo sul fronte diplomatico per confermare per il 21 febbraio la visita a Kiev (che ancora, clamorosamente, non è stata ufficializzata nonostante i molteplici annunci), Meloni ha deciso nelle ultime ore di provare a uscire dall’angolo.
meloni berlusconi salvini al quirinale
Stravolgendo l’agenda, ha chiesto ai suoi diplomatici di organizzare una missione lampo che la porterà sabato - al posto di Antonio Tajani - alla conferenza sulla sicurezza di Monaco (a patto che guarisca in tempo dall’influenza). Il summit si concentrerà sulla guerra e ospiterà anche la vicepresidente Usa Kamala Harris e Ursula von der Leyen. Un segnale che la leader intende dare ai partner internazionali per tentare di coprire almeno un po’ la performance del Cavaliere.
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Una faglia che Fratelli d’Italia ha scelto di sfruttare anche per rinsaldare il progetto di un’intesa tra Conservatori e Ppe, attorno a cui si gioca la sopravvivenza di Meloni in un’Europa a trazione franco-tedesca e poco incline ad assecondarla. Non a caso, mentre arrivava l’affondo dei popolari, il neo eletto co-presidente dei conservatori europei Nicola Procaccini - meloniano di ferro - apriva proprio a questo schema politico: «Abbiamo il progetto di condividere anche con il Ppe una visione dell’Unione».
silvio berlusconi matteo salvini giorgia meloni al quirinale
Non è detto che Berlusconi resti a guardare. Anche perché continua a spiegare che la sua posizione è pragmatica. «Guardiamo ai fatti - replica a sera - abbiamo sempre sostenuto il popolo ucraino. Spero si possa trovare presto una soluzione diplomatica a una guerra molto pericolosa per tutti noi».
IL NYT RITRATTA SU MELONI: "ALTRO CHE PERICOLO PER LA DEMOCRAZIA. LA SUA ORDINARIETÀ METTE IN CRISI L'UE"
Estratto da huffingtonpost.it
"L'Unione si aspettava che Meloni si avvicinasse all'Ungheria o alla Polonia, ma questo non è successo" scrive il giornale. "Di fronte a un tale comportamento l'Ue non sa quale approccio usare verso il premier italiano"
berlusconi meloni
"La leader di estrema destra che sembrava costituire un pericolo per la democrazia italiana, finora ha governato in modo molto meno ideologico e autoritario del previsto. Mettendo in crisi l'Europa, che ora non sa quali carte giocare con il premier italiano". È questa l'analisi che il New York Times fa del presidente del Consiglio italiano dopo più di 100 giorni dall'inizio del suo mandato.
Ecco perché adesso l'Europa si trova in difficoltà, dice il Nyt. L'Unione si aspettava che Meloni si avvicinasse all'Ungheria o alla Polonia, ma questo non è successo. Di fronte a un tale comportamento da parte di Meloni, l'Ue non sa quale approccio usare verso il premier italiano. "L'inaspettata ordinarietà dei suoi primi giorni ha irritato l'establishment europeo e i suoi critici italiani, suscitando sollievo, ma anche sollevando un dilemma su quanto il tizzone ardente - ora non più così caldo - debba essere accolto o ancora tenuto, con cautela, a debita distanza" sostiene il giornalista Jason Horowitz.
BERLUSCONI MELONI VIA DELLA SCROFA
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Il Nyt si complimenta con Meloni, che in questi mesi di governo, grazie alla sua popolarità, è stata in grado di "ridurre al mimimo i danni causati dalle schegge vaganti presenti nella maggioranza". Tra queste il suo partner Silvio Berlusconi, che, scrive il giornale, "in questo fine settimana, dopo le dichiarazioni contro Zelensky, è diventato un vero e proprio apologeta di Putin". Niente sembra scalfire Meloni, che, ricorda il Nyt, ha anche vinto alle elezioni regionali....
giorgia meloni roberta metsola 5 il new york times su giorgia meloni MATTEO MESSINA DENARO MEME BY CARLI