Alessio Ribaudo per il "Corriere della Sera"
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Il trend dei ricoveri in Italia è chiaro. Considerando i numeri degli ultimi tre mesi c'è un primo netto calo: meno 17% in una settimana (dall'8 al 15 febbraio). Nei reparti ordinari la diminuzione è stata del 16%, nelle terapie intensive addirittura del 26%. La rilevazione è stata fatta dalla Federazione italiana delle aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso) attraverso la rete dei nosocomi «sentinella». «Non credo verrà prorogato lo stato di emergenza - ha detto l'immunologo Sergio Abrignani del Comitato tecnico scientifico - e, quindi, si scioglierà anche il Cts». Parole che lasciano intendere come il 31 marzo potrebbe essere davvero la data della svolta verso la fase post pandemia.
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«Non credo che dovremmo più vivere la situazione emergenziale del passato - ha aggiunto Abrignani -, almeno se rimane Omicron, ma non penso che ne possa arrivare a breve una variante più diffusiva». È al Nord che è stato registrato il maggior calo dei ricoveri: meno 29%. «Dove l'epidemia ha impattato maggiormente e la crescita era stata più repentina, la riduzione delle ospedalizzazioni è più decisa - spiega Giovanni Migliore, presidente di Fiaso - e i dati di ora (meno 11% al Centro e meno 8% al Sud e Isole) sono senz' altro il risultato di misure di contenimento come il green pass e l'obbligo vaccinale per gli over 50. Misure utili che penso possano continuare a esserlo perché non è ancora il momento di allentare l'attenzione: il calo dei ricoveri non può giustificare la mancata somministrazione del booster perché il virus non è scomparso».
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Un invito alla cautela arriva anche dal virologo Fabrizio Pregliasco: «C'è una prospettiva assolutamente positiva per la primavera-estate ma la circolazione del virus tornerà a essere più significativa in inverno, dobbiamo graduare le aperture e la gestione deve tener conto ancora della presenza del Covid». Sullo sfondo rimane la questione dei vaccini. «La gran parte dei ricoverati con polmoniti da Covid, circa il 72%, sia nei reparti ordinari sia nelle rianimazioni - spiegano da Fiaso - non ha una adeguata copertura vaccinale o non è vaccinato».
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Dal rapporto emerge come scendano più lentamente i ricoveri dei pazienti pediatrici monitorati dalla loro rete: -0,9%. Il 69% di questi ha tra 0 e 4 anni, il 14% tra 5 e 11 anni, il 17% tra 12 e 18 anni. In particolare la fascia da 0 a 6 mesi, costituisce il 27% del totale e, tra di loro, solo il 45% ha entrambi i genitori vaccinati. Il 21% neanche uno. «Il 55% dei neonati ricoverati - conclude Migliore - vive in famiglie senza copertura vaccinale completa perché il padre o la madre o entrambi non sono vaccinati, eppure il virus è ancora in circolazione. Occorre continuare a vaccinare i bimbi sopra i 5 anni per poter trascorrere serenamente i prossimi mesi».
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Il dibattito su se, a chi e quando somministrare la quarta dose è aperto. Alcune Regioni, come il Piemonte, vogliono risposte e hanno già posto la questione al ministero della Salute. Secondo indiscrezioni, il prossimo 25 febbraio, l'Agenzia del farmaco (Aifa) dovrebbe avviare l'esame per autorizzare la quarta dose ai cittadini fragili. Ieri, il bollettino del ministero della Salute, ha registrato 278 vittime: 110 in meno rispetto a martedì. Sul totale pesano, tra l'altro, i riconteggi che hanno aggiunto 94 decessi avvenuti nei giorni scorsi.
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I nuovi contagiati sono stati 59.749 (11.103 in meno rispetto al giorno prima), mentre sono 1.073 in terapia intensiva (con un saldo di meno 46). Intanto ieri è stato chiuso per la seconda volta il reparto Covid di Codogno (Lodi), la città simbolo dell'inizio della pandemia dove era stato scoperto il «paziente 1».
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