Ettore Livini per la Repubblica
L' Europa è sicura: le vendite nel supermercato più grande del mondo sono truccate. L' ingresso, in teoria, è libero. Basta digitare sullo smartphone o sul computer di casa www.google.com - come fanno ogni minuto 2,3 milioni di persone in ogni angolo del mondo - e scrivere il prodotto che cerchiamo. Da lì in poi, però, il percorso è obbligato. E a guidarci tra gli scaffali virtuali - dove vuole lui, dice Bruxelles - è l' algoritmo del motore di ricerca Usa, mettendoci sotto il naso le scarpe da jogging, i telefonini o i barbecue delle aziende che gli pagano la pubblicità e facendo sparire in un sottoscala digitale le offerte degli altri.
Provare per credere. Incastrare il colpevole, peraltro reo confesso ("il nostro è un servizio ai clienti", dice Google), non è difficile. Basta prendere lo smartphone, aprire la home page di Mountain View e cercare, per esempio, "voli da Roma a New York". Lo schermo parla da solo: i primi due risultati in cima alla pagina sono i siti di due inserzionisti, come segnala il quadretto verde "Ann.", annuncio. Segue a ruota un piastrone colorato lungo una decina di centimetri che squaderna le offerte selezionate da Google Flight, ben incolonnate sotto la dicitura "sponsorizzato". E solo due o tre colpi di pollice più sotto si arriva alla prima offerta libera da spot.
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Stessa musica, forse anche peggio, digitando "Red shoes", per andare a caccia di qualche scarpa rossa in saldo tra i vari siti di e-commerce mondiale. Il risultato è identico: sul telefonino campeggiano due grandi foto, le "Babe Vernies rouge" da 68 euro e le Adidas "Tubolar invader" da 55. Occasioni uniche scelte per convenienza o qualità? No, l' avanguardia delle offerte di Google shopping, la vetrina privata del gruppo dove i prodotti in vendita - spiega onestamente il motore di ricerca "ci garantiscono un compenso che è uno dei diversi fattori presi in considerazione per il posizionamento dei risultati".
Il principale a naso. Un pacchetto dove, va da sé, sono compresi gli spot martellanti di scarpe rosse che ci pedineranno online - con buona pace della privacy su tutti i siti che apriremo nei due giorni successivi. Quanto vale questo depistaggio commerciale? Per molte aziende, negli ultimi anni, è stata una questione di vita o di morte. Google controlla oltre il 90% delle ricerche online in Europa.
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Ed essere in cima ai suoi risultati o a pagina quattro può significare per un' azienda la differenza netta. I primi 10 siti proposti dal motore intercettano il 95% dei clic. Quello più in alto - il fascione dove Mountain View piazza le immagini dei suoi inserzionisti - ben il 35%. La posizione fa premio sulla qualità: se si sposta il primo annuncio alla terza posizione, i clic crollano del 50%. Finire a pagina due è la Cayenna: chi sta in cima si accontenta di un misero 1% di accessi.
Che Google ci abbia un po' marciato - sostiene la Ue - lo dicono i numeri: il traffico nei negozi dei suoi clienti paganti è aumentato dall' inizio del taroccamento degli algoritmi di 45 volte in Gran Bretagna, di 35 in Germania, di 14 in Italia. Mentre i "supermercati" dei rivali - declassati manipolando ad arte i parametri delle ricerche, è l' accusa nemmeno troppo velata di Bruxelles - sono crollati dell' 85% a Londra, del 92% a Berlino e dell' 80% a Parigi.
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Il successo, tra l' altro, genera successo. I "product listing ads" - alias gli spot per conquistare la cima delle ricerche di Mountain View - sono il prodotto più caldo del mercato pubblicitario europeo. Google Shopping, secondo Sidecar, è salita in un anno dal 9 al 16% dell' e-commerce europeo. Il successo degli inserzionisti gemma nuovi clienti, in un circolo virtuoso dove il colosso Usa passa all' incasso mettendosi in tasca - secondo le stime di mercato - una commissione tra il 10 e il 15% del venduto. La festa, complice l' Europa, rischia ora di finire.
E la palla è in mano all' imputato che - pagata la multa - dovrà ripristinare la par condicio commerciale. Come dire che in vetrina, una volta digitato www.google. com, dovremo trovare l' offerta migliore e non solo quella del grande fratello degli scaffali digitali.
il palazzo della commissione europea a bruxelles