Marco Bresolin per "la Stampa"
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Il Parlamento europeo vuole far luce sul caso Credit Suisse, dopo l'inchiesta giornalistica che ha rivelato l'esistenza di conti correnti presso l'istituto svizzero riconducibili ad attività criminali, violazioni dei diritti umani e persone sottoposte a sanzioni.
Da parte degli eurodeputati c'è la volontà di chiedere alla Commissione di raccogliere il maggior numero di informazioni relative ai conti svelati dall'inchiesta coordinata da Occrp e Süddeutsche Zeitung della quale La Stampa e IrpiMedia sono i partner italiani, per chiarire il ruolo della vigilanza svizzera e verificare eventuali problematiche.
Irene Tinagli
Nei giorni scorsi il gruppo del Partito popolare europeo aveva chiesto alla Commissione di considerare un eventuale inserimento della Svizzera nella blacklist Ue dei paradisi fiscali, tecnicamente «lista delle giurisdizioni non cooperative».
Prima di arrivarci, però, c'è la volontà di fare chiarezza. «Come Parlamento non possiamo certo rimanere a guardare» spiega Irene Tinagli, eurodeputata Pd e presidente della commissione Affari Economici.
THOMAS GOTTSTEIN
La numero due del Partito democratico ha scritto a tutti i capigruppo per proporre un incontro con la Commissione da tenersi «il prima possibile». Non una vera e propria audizione, ma un meeting a porte chiuse per controllare che tutto sia in regola per quanto riguarda lo scambio di informazioni con la Svizzera e il rispetto delle normative.
Tinagli ha anche messo la questione all'ordine del giorno del prossimo incontro con i capigruppo «per valutare ulteriori iniziative, per esempio audizioni, per approfondire meglio la questione». L'obiettivo è «capire» se i fatti sono avvenuti prima del 2010 o anche dopo per vedere «se ci sono elementi tali da far emergere problematiche per gli anni successivi».
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Ma anche se il caso specifico non dovesse rivelare irregolarità, per la presidente della commissione Affari Economici dell'Europarlamento è necessario «cogliere l'opportunità offerta da questa vicenda» per una riflessione più ampia sulla normativa anti-riciclaggio, che oggi è oggetto di revisione da parte delle istituzioni europee .
«Vogliamo capire - prosegue Tinagli - se c'è la necessità di rafforzare gli strumenti che abbiamo a disposizione e se c'è bisogno di introdurre ulteriori elementi di verifica». Perché il problema non è soltanto ciò che accade in Svizzera o in altri Paesi extra-Ue, ma il timore che i fondi che transitano da quei conti possano poi essere riciclati e investiti in Europa. «E questo - aggiunge Tinagli - lo dobbiamo impedire».
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La lista nera Ue delle giurisdizioni non cooperative è stata introdotta nell'ottobre del 2017 e viene aggiornata di continuo, di norma due volte l'anno. L'ultima revisione è stata effettuata nell'ottobre scorso e la prossima è prevista nelle prossime settimane. Al momento i Paesi inclusi sono i seguenti: Samoa americane, Figi, Guam, Palau, Panama, Samoa, Trinidad e Tobago, Isole Vergini degli Stati Uniti e Vanuatu.
C'è poi un elenco di Paesi che hanno assunto impegni e che per questo vengono monitorati: ne fanno parte Turchia, Botswana, Anguilla, Barbados, Dominica, Seychelles, Thailandia, Costa Rica, Hong Kong, Malaysia, Qatar, Uruguay, Jamaica, Giordania, Macedonia del Nord e Qatar.
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