giovanni bazoli (2)
DAGONOTA
Buttarla tutta in caciara politica come fa oggi il Fatto non chiarisce al meglio la mossa (scontata) di Mediobanca e dei suoi soci storici di lanciare una controfferta di acquisto dell’Rcs dopo la scesa in campo di BancaIntesa (attraverso la sua Imi Banca) e in pieno conflitto d’interessi (creditore&debitore) e dell’editore Urbano Cairo con un’Opa di carta (scambio di azioni) e senza cacciare della moneta contante.
TRAVAGLIO
Prefigurare poi, secondo il quotidiano diretto da Marco Travaglio, che la vittoria di Alberto Nagel, amministratore di piazzetta Cuccia, e del suo Cavaliere bianco, Andrea Bonomi, sia il primo passo per (ri)”consegnare” il Corriere della Sera al premier Matteo Renzi non regge neppure alla prova finestra.
azzurra caltagirone urbano cairo antonio polito
Basta scorrere l’archivio degli ultimi anni del giornale di via Solferino per avere una lettura corretta del suo posizionamento politico anche in vista del referendum sulla nuova Costituzione. E immaginare allora che la ventilata presidenza del gruppo una volta affidata a Flebuccio de Bortoli dall’inedita coppia di neo padroni, Bazoli&Cairo (indiscrezione de il Fatto), avrebbe spostato l’asse del giornale sul fronte del “No” è soltanto un’ingannevole suggestione polemica.
Negli ultimi cinque anni della sua lunga permanenza al Corriere, l’ex direttore de Bortoli ha fiancheggiato l’operato di Giorgio Napolitano che dal Quirinale – attraverso una permanente moral suasion e con alcune improvvide spallate istituzionali (cacciata di Enrico Letta e promozione del cazzaro Renzi a Palazzo Chigi nel segreto del Nazareno e senza un passaggio parlamentare) -, è stato il più strenuo promotore e difensore, del “pasticcio napolitano” su cui, appunto, saranno chiamati a pronunciarsi in ottobre gli italiani.
messina bazoli
Gli articoli del professor Sabino Cassese e degli altri editorialisti stanno lì a documentare l’abbraccio tra il Corrierone e l’uomo del Colle. Né va dimenticato che il quotidiano di Flebuccio per primo si è pronunciato, con qualche input del Palazzo e dei poteri marciti, per la riconferma del riluttante (si fa per dire) Bella Napoli a capo dello Stato. E soltanto una volta “licenziato” dai suoi editori dopo un purgatorio di sei mesi, il Flebuccio tornato a essere Feruccio si è tolto qualche sassolino dalle scarpe dalle stesse colonne del giornale definendo l’attuale premier per quello che è: un Caudillo da strapaese. Meglio tardi che mai!
MARCO TRONCHETTI PROVERA ALBERTO NAGEL E ANDREA BONOMI FOTO BARILLARI
Del resto dopo l’endorsement del Corriere di Paolino Mieli con Romano Prodi e contro Berlusconi che costò al giornale una perdita di 50 mila copie, è difficile pensare che la storia possa ripetersi oggi su un referendum che spacca in due gli elettori (e i lettori). Un problema politico-diffusionale che assilla pure il suo principale concorrente, la Repubblica di Sorgenio De Benedetti e Mariopio Calabresi che nel tentativo di sostenere lo “statista” di Rignano sull’Arno, Renzi-Giolitti (copyright Scalfari) e il suo disegno riformatore, perde lettori e soprattutto la stima di molti dei suoi illustri e storici collaboratori. Senza dimenticare poi che oggi la carta stampata fa sempre più fatica a orientare o rappresentare la pubblica opinione.
ANDREA bonomi
L’ultima battaglia di via Solferino depurata dai fumi inebrianti della politica, si rappresenta allora come un’operazione di mercato (nemmeno tanto ricca) dove soltanto casualmente si sono forse scontrate nuovamente la finanza laica (Mediobanca) e quella cattolica (BancaIntesa). E soltanto i creduloni e la Consob di Giuseppe Vegas si sono bevuti la favoletta che l’editore de La7, Urbano Cairo e Abramo Bazoli – che hanno il merito di aver smosso le acque stagnanti del gruppo intorbidite dall’uscita della Fiat - avesse lanciato la propria Opa tenendo all’oscuro gli altri soci storici con gli advisor legati a entrambe alla controparti.
alberto nagel carlo messina
E alla balla finale che Mediobanca non stava cercando un cavaliere bianco per stoppare la mossa dei concorrenti. Alla fine, finanza bianca e laica (compreso l’editore Cairo) si ritroveranno insieme appassionatamente nel nuovo salotto dell’Rcs con un solo obiettivo: difendere i propri soldi investiti su un’azienda da anni è mal gestita (per non dir peggio), che naviga in un mare di debiti e di cui da oltre 14 anni è nume tutelare con tan to di gravi responsabilità proprio il pio Abramo Bazoli. L’unico Grande Sconfitto in nome della (presunta) indipendenza dell’informazione.