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    L’ULTIMA TROVATA DI LUIGINO DI MAIO: UNA GRANDE COALIZIONE CON PD, LIBERI UGUALI E LISTA BONINO - “SE AVREMO L'INCARICO DI FORMARE UN GOVERNO, FAREMO COME HANNO FATTO IN GERMANIA CDU E SPD. CI SIEDEREMO ATTORNO A UN TAVOLO CON CHI DEGLI ALTRI PARTITI VORRÀ STARCI, FISSEREMO DEI PUNTI E POI FIRMEREMO UN CONTRATTO” - MA L'OSTACOLO È IL NOME DEL PREMIER


     
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    Ilario Lombardo per “la Stampa”

     

    SALVATORE CAIATA E LUIGI DI MAIO SALVATORE CAIATA E LUIGI DI MAIO

    A volte bisogna dare un nome alle cose perché possano esistere. «Un contratto alla tedesca - è l'idea che Luigi Di Maio ha maturato con il suo staff -. Se avremo l' incarico faremo come hanno fatto in Germania Cdu e Spd. Ci siederemo attorno a un tavolo con chi degli altri partiti vorrà starci, fisseremo dei punti e poi firmeremo un contratto». Non è un caso che Di Maio abbia iniziato anche pubblicamente a usare proprio quella parola, «contratto»: «Così lo firmiamo e tutti siamo vincolati all' impegni presi. Perché - ragiona il leader con i suoi collaboratori - non ci fidiamo degli altri partiti».

    LUIGI DI MAIO LUIGI DI MAIO

     

    In queste ore, il capo politico è asserragliato nella sede del comitato e lettorale, al centro di Roma. Sul tavolo ci sono grafici, percentuali, sondaggi. «I numeri, quelli conteranno». E per la Grosse Koalition all' italiana, Di Maio potrebbe ora rivolgersi al Pd, a Liberi e Uguali e a Emma Bonino, la più europeista di tutti. Su questo i grillini sanno di avere il conforto di Sergio Mattarella.

     

    Sanno che il presidente della Repubblica non li escluderà a priori dai giochi post-elettorali. Se il Pd e Forza Italia non avranno abbastanza seggi per annodare le larghe intese, se il centrodestra unito non ce la farà a realizzare un governo, Di Maio è certo che toccherà al M5S. Ed è proprio guardando negli occhi il Capo dello Stato, o interpretando i messaggi che si sono scambiati con gli ambasciatori del Quirinale, che i grillini hanno capito che sarebbe più difficile da digerire per il Colle, e per Bruxelles, un'alleanza populista con la Lega di Matteo Salvini.

    DI MAIO MATTARELLA DI MAIO MATTARELLA

     

    Sarebbe anche in contraddizione con la svolta radicale impressa da Di Maio il giorno in cui è stato incoronato candidato premier, ribadita con il suo viaggio a Washington e con dichiarazioni nettamente filo-europeiste. «Concertazione» è l'altra parola che il leader sdoganerà il 5 marzo, per far piacere a Mattarella e per solleticare le voglie di governo degli altri partiti, partendo da una squadra di ministri «un po' di centrodestra e un po' di centrosinistra, ma più di centrosinistra».

     

    Un po' come il M5S ha fatto all'inizio a Roma scegliendo assessori di area Pd o ex Sel. Ecco perché Di Maio è tornato, in un'ottica più istituzionale e rassicurante, a guardare a sinistra, come già a dicembre disse di essere tentato di fare. Con una novità. I 5 Stelle sono rimasti sorpresi dall'exploit della lista di Emma Bonino (i sondaggi non possono essere divulgati ma circolano ugualmente).

     

    NAPOLITANO GENTILONI RENZI NAPOLITANO GENTILONI RENZI

    Ed è proprio pensando alla storia dei Radicali, a quella flessibilità nelle alleanze in nome della necessità di combattere ovunque e con chiunque le proprie battaglie, che i 5 Stelle pensano di costruire un governo di programma blindato da un contratto, assieme al Pd a LeU e a Bonino. È quello che considerano «lo scenario più realistico anche per noi», dove in quel noi è contenuto il vecchio gruppo parlamentare, non proprio entusiasta di finire tra le braccia dei leghisti. «Piuttosto preferisco stare all'opposizione» sostiene Roberto Fico.

     

    EMMA BONINO PAOLO GENTILONI EMMA BONINO PAOLO GENTILONI

    L'asse a sinistra era il progetto del 2013 di Pierluigi Bersani «Siamo certi che lui e Massimo D' Alema ci starebbero - spiega una fonte del M5S -. Il problema è Matteo Renzi. Ma noi scommettiamo nella sua disfatta». I 5 Stelle confessano di sperare in una derenzizzazione del Pd: «Avrete notato che con Paolo Gentiloni non c'è mai stata tutta questa acredine. È una persona seria e lo rispettiamo». Michele Emiliano, che ieri diceva di essere pronto a sostenere il governo Di Maio in funzione anti-Berlusconi, ha dato una mano. Altri della minoranza Pd hanno lanciato segnali. Ma Renzi? È con lui che dovranno fare i conti.

     

    Seguendo lo schema di un accordo obbligato e patrocinato da Mattarella, c'è da scommetterci che Renzi porrà la sua di condizione per sedersi allo stesso tavolo con i suoi arcinemici Di Maio e D'Alema: che sia lui il presidente del Consiglio. Nel blocco parlamentare, cercherebbe di rientrare a Palazzo Chigi dalla porta principale, l'unica cosa che davvero a oggi sembra insperata.

     

    BERLUSCONI SALVINI BERLUSCONI SALVINI

    Dalle parte del M5S, infatti, dicono che la storia non avrà mai questo esito. Su un unico punto i 5 Stelle hanno fatto capire di essere irremovibili: Di Maio deve essere il premier se il M5S sarà il primo partito.

     

    «Non torneremo alla Prima Repubblica quando Spadolini diventava presidente del Consiglio con il 3%, perderemmo il nostro popolo» è il ragionamento del candidato con i suoi uomini. Interpretando se stesso come guida di un «grande partito popolare» Di Maio è pronto a vestire i panni di Angela Merkel e a incontrare i propri avversari di sinistra. Altrimenti, assicurano nel M5S, se respingeranno in toto l'offerta e la Lega accetterà il patto programmatico, «andrà bene pure Salvini. Anche se resta l' extrema ratio».

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