Fulvio Paglialunga per “il Venerdì - la Repubblica”
spalti vuoti
Dicono gli scienziati che gli effetti della pandemia dureranno a lungo, anche quando sarà finita. Dicono i tifosi che anche per il calcio sarà così. O, almeno, questo è il rischio. Il distanziamento sociale, le emozioni confinate sul divano, il nemico invisibile fuori di casa hanno modificato la nostra vita; e lo stadio, dove l'assembramento è una sorta di pratica religiosa indispensabile per poter vivere davvero una partita, sembra non essere un pensiero costante. Non subito, non ora.
san siro
Nelle pieghe dell'ultima Football Money League, l'analisi dei ricavi del calcio europeo pubblicata ogni anno dalla Deloitte, c'è un dato che dovrebbe far paura più dei due miliardi di perdite stimate entro la fine di questa stagione. È la risposta a un sondaggio globale fatto sui tifosi di oltre 20 Paesi: «Il 93 per cento dei tifosi ha intenzione di assistere alle partite quando sarà consentito, poco più della metà (52 per cento) dichiara che tornerà allo stadio immediatamente, oltre il 15 per cento dei fan aspetterebbe più di sei mesi prima di farlo». Cioè: se oggi ci fosse il liberi tutti, gli stadi si riempirebbero a metà.
Lo smart supporting
Qualcosa sta cambiando, da tempo, ma adesso di più, perché ci stiamo abituando agli spalti nudi e allo smart supporting, terminologia inventata proprio per accostarsi agli effetti del "lavoro agile", che in modo permanente o parziale rivoluzioneranno l'idea di ufficio per sempre.
valdano
Siamo di fronte a una diversa fruizione del pallone. Quale, non si sa: «Questo periodo» mi dice Jorge Valdano, ex fuoriclasse del Real Madrid, ora scrittore ed editorialista «ha messo alla prova la forza del calcio. Non mi riferisco ai soldi, ma al modo di vivere la passione. È lo stesso principio per cui ci siamo abituati a lavorare da casa o acquistare da Amazon: c'è qualcosa che andrà perso per strada e che ancora non sappiamo misurare. Stiamo lasciando indietro cose che sono diventate vecchie a tempo di record».
stadio vuoto
Comincio da Valdano, ma questa è una riflessione collettiva, una sorta di tavolo virtuale sul rischio che il calcio corre e su quello che potrebbe accadere quando tutto sarà allentato o meglio ancora sarà finito: quello di ritrovarsi con pochi tifosi, senza calore. La sfibrante partita con la pandemia è in corso, la possibilità di trovarsi, prima o poi, con stadi aperti, ma pieni solo a metà è da tenere in conto.
Tra spalti e divano
desmond morris
Si aggiunge alla discussione Desmond Morris, etologo e zoologo, autore di La tribù del calcio (Rizzoli), forse il miglior trattato sulla passione dei tifosi: «Gli effetti di questa trasformazione forzata saranno imprevedibili, ma va detto che anche prima del virus i tifosi sugli spalti si stavano riducendo, preferendo la tv. Guardare il calcio sullo schermo è meraviglioso, ti godi ogni dettaglio da più vicino. E lo sarà anche quando la pandemia sarà un ricordo. Personalmente, però, sono sicuro che i tifosi torneranno negli stadi non appena sarà permesso. Ci sono cose come il brivido che si prova in mezzo a una folla fitta, l'intensità della gioia collettiva, e questa specie di calvario condiviso con gli altri tifosi, che non possono essere eguagliate. Poi si tornerà a casa e si rivedranno i gol in tv».
san siro senza tifosi
Il tifo sui social
La pandemia in realtà ha già costretto i tifosi a cambiare abitudini: «Da marzo 2020 - scrive ancora Deloitte -, quasi la metà (49 per cento) dei tifosi ha interagito con i club attraverso i social media. Il 17 per cento dei fan ha interagito con la propria squadra tramite un abbonamento al canale tv del club».
Guardiamo il calcio come possiamo, rimpiazziamo le emozioni. Le misure restrittive hanno peraltro allargato la platea televisiva, perché altro non si può. Si arriverà a una sostituzione dello stadio con i surrogati multimediali? No, forse. Almeno non completamente.
alessandro antonello
Le società, intanto, corrono per adeguarsi: «Gli stadi chiusi» mi spiega Alessandro Antonello, Ceo dell'area corporate dell'Inter, che segue anche la trasformazione digitale del club, «ci hanno spinto a creare nuove modalità di interazione con i tifosi, a cercare un coinvolgimento. A San Siro, durante le partite, c'è una fila di cartelloni digitali su cui proiettiamo immagini dei nostri fan, foto e video inviati mentre loro la vivono a casa. Così restano vicini alla squadra, si vedono lì. O vengono loro da noi, o andiamo noi da loro. Anche con la Media House quest'anno abbiamo dato ai tifosi contenuti esclusivi: il dietro le quinte, l'allenamento, abbiamo mostrato la vita dei calciatori. Certo, qualcosa cambierà, in futuro, ma in meglio. Non vedremo spalti vuoti, cambierà il modo di viverli; le forme di supporto che ora sostituiscono lo stadio diventeranno complementari, garantendo l'interazione in diretta».
federico ferri
Lo spettacolo in picchiata
Anche Federico Ferri, direttore di SkySport, ha idee che non mettono in contrapposizione media e spalti pieni: «Le partite senza pubblico sono il sistema trovato per sopravvivere, la reazione all'emergenza. E il calcio dal vivo verrà ovviamente impattato dalla paura del rientro. Ma la diffidenza che emerge ora dal sondaggio verrà controbilanciata prima, e superata poi, dalla passione. Bisognerà, poi, preparare il futuro. Vale anche per le tv, che non sono in concorrenza con gli stadi. Anzi, con gli spalti vuoti lo spettacolo televisivo cala e non c'è pubblico virtuale che possa appianare questa perdita. Presto andrà cambiato il racconto: quando torneremo allo stadio, anche in tv sarà importante esaltare la voglia di esserci di nuovo. Sarà utile anche la rappresentazione che ne verrà data dai media, e quindi tutto andrà pensato nel migliore dei modi, anche dal punto di vista tecnico».
Nuove architetture
stefano boeri
Per tornare attraente al calcio non basterà riaprire. Le forme alternative di "consumo" sviluppatesi dal lockdown in poi possono spostare la voglia di rientro e non saranno i cancelli spalancati la soluzione. Lo sanno anche quanti hanno smesso di parlare di stadi nuovi. Stefano Boeri, architetto che del calcio non riesce a fare a meno, mi spiega che servirà una rigenerazione dei luoghi del pallone: «Io allo stadio tornerò di corsa, perché è una sensazione insostituibile. Non è, però, una novità che i tifosi si stiano allontanando; la pandemia ha accelerato il processo. E quindi bisogna ripensare gli spazi, anche solo temporaneamente: dalla disposizione dei posti alla sequenza degli ingressi e delle uscite. Le corse collettive e l'addensamento ce li scorderemo per un po'. Poi dobbiamo cogliere l'opportunità e cambiare il concetto di stadio, renderlo luogo vivo anche il lunedì, il martedì, o un posto dove si può mangiare nel ristorante affacciato sul campo vuoto, un museo, uno spazio urbano, un luogo pubblico, non qualcosa con dentro un centro commerciale e basta. Così tornerà l'abitudine a frequentarlo. Perché è uno spazio incomparabile, un luogo dell'immaginario, che quando ci sono le partite diventa il posto in cui in migliaia guardano nella stessa direzione».
MARINO NIOLA
La promiscuità necessaria
È una trasformazione del calcio, ma anche del tifoso? Marino Niola, antropologo devoto a Maradona, osserva quello che sta accadendo al mondo del pallone: «L'uomo si adatta sempre, l'uomo-tifoso pure, e la pandemia sta introducendo delle mutazioni antropologiche, cambiando il nostro rapporto con lo spazio. Lo stadio è un luogo antico, di contatto fisico, di promiscuità, è un catalogo di corpi in movimento; l'opposto della cittadella immunitaria in cui questo periodo ci ha chiusi. L'allontanamento dagli stadi rischia di amplificarsi, ma non è di oggi, visto che le società costruiscono stadi più piccoli e buona parte del tifo è in remoto. Ora ci accontentiamo: piuttosto che niente calcio, meglio il calcio senza niente intorno. Ma non sarà sempre così, perché senza tifosi è un videogame giocato per procura. La folla è una parte essenziale: se ora mettono le sagome sugli spalti vuoti è proprio per dare l'idea che non siamo soli a guardare».
valdano
L'ottimismo, sul finale, è ancora di Jorge Valdano: «Questo calcio "nudo" sembra una fiction, trasmette freddezza. Ma il riadattamento potrà anche essere rapido. E quando il calcio tornerà alla normalità, i tifosi saranno di nuovo tifosi». Quel giorno che anche il pallone aspetta.
san siro senza pubblico san siro di milano